Mattia Feltri, La Stampa 2/3/2013, 2 marzo 2013
Finché la questione riguardava i giornalisti, pazienza. C’era uno ogni tanto, pare, che chiamava a casa di Beppe Grillo cercando il segretario generale del Movimento
Finché la questione riguardava i giornalisti, pazienza. C’era uno ogni tanto, pare, che chiamava a casa di Beppe Grillo cercando il segretario generale del Movimento. «Il segretario generale?! Gli ho passato mio figlio Ciro che ha dodici anni», diceva Grillo. Però appunto riguardava noi su questioncelle tipo interviste o malinconici retroscena, ma adesso che riguarda i partiti alla ricerca del fantasioso accordo di governo, o quantomeno per comprendere che giri nella testa di Grillo prima che gli esca dalla bocca sotto forma di contumelia, ecco, adesso è un guaio serio. A chi bisogna telefonare se il segretario generale è Ciro, dodici anni? Come scriveva ieri Giuliano Ferrara - e come ha imparato chi ha a che fare col grillismo - «gli alieni sono introvabili, non sai con chi parlare, sono inafferrabili». Non è neanche vero che si rimanga fuori dalla porta, perché la porta proprio non c’è. E se si materializza, come ieri, Grillo è mascherato da ghostbuster, e non è detto che sotto la maschera ci fosse lui. Lo smarrimento dei vecchi leader, alla ricerca dell’olio buono per l’ingranaggio, si è espresso perfettamente nell’offerta al M5S della presidenza di una camera da parte di Massimo D’Alema. È che il M5S non è un partito, né solido né liquido, ma un’entità gassosa con la quale una classe dirigente novecentesca non riesce a mettersi in sintonia, non sul linguaggio e nemmeno sulla prassi. Gli unici luoghi fisici dei quali è consentito suonare il campanello sono casa di Grillo e l’ufficio milanese di Gianroberto Casaleggio, sempre che aprano. La coppia porta il titolo di «fondatori del movimento», altre cariche non ne ha, se non quelle suggestive e non codificate di capopopolo e guru. Chi prende le decisioni - se si è capito, poiché la struttura non è poi così trasparente come le intenzioni del Movimento presuppongono - è Casaleggio, l’uomo più inavvicinabile dell’emisfero. La sua biografia è circondata dalla nebbia e dal mito. Si sa della sua brillante carriera dalla Olivetti sino alla sua Casaleggio Associati passando per Telecom. Brillante più per sentito dire che altro. Sfiancanti lavori da 007 hanno fornito ai cronisti dettagli di pallido colore: dietro alla scrivania, Casaleggio ha copertine di Tex incorniciate, ama la fantascienza di Isaac Asimov e la sociologia di Marshall MacLuhan, si inebria delle gesta di Gengis Kahn e Re Artù al punto (ma qui siamo alla leggenda metropolitana) da convocare riunioni attorno a una tavola rotonda. Nessuno dei suoi ex colleghi sa fornire dettagli personali appena più solidi del marginale pettegolezzo. Casaleggio è uno che non parla con gli estranei, non parla coi baristi, non parla nemmeno coi conoscenti. Eppure sarà lui (o Grillo o più probabilmente entrambi) ad andare alle consultazioni dal presidente Giorgio Napolitano e a ragionare con i boss degli altri partiti. Per essere il movimento più democratico (partecipazione dal basso eccetera) e trasparente del mondo (riunioni sul web, rendicontazioni on line di ogni spesa e ri-eccetera), il M5S ha un vertice sfuggente, proprio perché nega se stesso e si dichiara un non vertice, ed ermetico per altalenanti ragioni gerarchiche e per una dichiarata diffidenza; sebbene, guardando le cose dall’angolazione grillina - la stampa è al servizio della politica per manipolare l’informazione e sostenere il regime - sarebbe stupefacente un approccio diverso. E però gli aspetti settari e i legami irrituali saltano fuori anche dal codice di comportamento steso per gli onorevoli (anzi, cittadini) che davanti al non statuto del non leader del non partito devono un’obbedienza senza non, altrimenti li si allontana discutendone poco o niente. All’ultimo punto del codice, poi, c’è la regoletta secondo la quale i contributi per l’attività parlamentare, le funzioni di studio e la comunicazione saranno sottratti agli onorevoli/ cittadini e dirottati a «due gruppi di comunicazione» la cui «costituzione sarà definita da Beppe Grillo in termini di organizzazione, strumenti e scelta di membri» (la prosa formalista è di Casaleggio). Con tutto il rispetto per Ciro, sarebbe più trasparente darsi un capo e pure un indirizzo.