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 2013  febbraio 23 Sabato calendario

UN MASTER SUL DIVANO

Alla prima lezione si è presentata in pigiama, pantofole e... due settimane di ritardo. Nessuno si è scandalizzato, e non solo perché il corso era organizzato dall’Università di Stanford, culla della contro-cultura californiana. È che andare a “scuola” quando e come si vuole è proprio la prima regola dei Massive Open Online Course (MOOC), i corsi “solo-web” lanciati di recente dai più prestigiosi atenei statunitensi.
A settembre 2012 sono partite le prime classi su Coursera ed EdX, le due piattaforme più conosciute promosse da Stanford, Harvard e il MIT di Boston. Ma presto si sono aggiunte altre università, e oggi si contano centinaia di MOOC che vanno dall’informatica alla storia della fotografia, passando per la genetica e la statistica. Il New York Times ha subito parlato di una “rivoluzione”, perché per la prima volta si è riusciti a realizzare veri corsi 2.0 con standard simili a quelli delle lezioni in aula: ottimi docenti, un programma da completare, gli esami per ottenere il certificato finale, ma tutto avviene online e con strumenti web. Per iscriversi basta una connessione Internet, anche perché - almeno in questa fase sperimentale - ogni corso è gratuito, e non è poco per università che fanno pagare rette da capogiro.
Nel caso di Maria Rosaria Sapienza, 33 anni, ricercatrice di biologia all’Università di Bologna, la dritta le è arrivata dal compagno. “Pensavo fossero le solite video-lezioni online.
E, invece, dopo aver dato un’occhiata a Coursera, mi è sembrato diverso. Poi mi sono imbattuta in un corso di Stanford su Writing in the Sciences e la curiosità si è trasformata in interesse. Ormai nella ricerca scientifica si lavora per lo più in inglese, ma nelle Università italiane nessuno offre corsi di scrittura; tutto è lasciato all’improvvisazione dei singoli. Ho sfogliato il programma, navigato un po’ nella classe virtuale, dato un’occhiata ai video: sembrava finalmente una cosa seria”. E così, alle ore 23 di una piovosa sera di ottobre, Maria Rosaria si è iscritta a Coursera per iniziare la sua prima lezione a Stanford.
Come ogni corso universitario, anche i MOOC hanno un calendario con un inizio e una fine. E un programma serrato. Nel caso di Writing in the Sciences la durata prevista era di 8 settimane con un impegno di 50 ore: “Sono arrivata con due settimane di ritardo. Ma questo non mi ha impedito di recuperare. La prof, infatti, aveva già messo tutti i materiali online”.
Anche in un MOOC il primo impatto con il docente resta importante: deve scattare quella scintilla che ti permetterà di passare ore e ore con la sua voce negli auricolari e la sua faccia sullo schermo: “Kristin Sainani, la docente del mio corso, è la classica cervellona energica: sulla quarantina, capelli mossi e naso importante, piglio diretto e pragmatico che solo negli Usa sanno avere. Insomma, alla mano, ma anche autorevole e seria. È convinta che gran parte degli articoli scientifici siano noiosi e privi di una buona struttura. Il suo ideale è la prosa asciutta ma coinvolgente del New York Times”. E così i primi tre moduli sono tutti dedicati a mettere ordine nel testo e tagliare, tagliare a più non posso: via le parole inutili (“tutti quegli avverbi e perifrasi barocche che in italiano siamo bravissimi a utilizzare”), via le espressioni gergali (“al bando acronimi e tecnicismi”), via i verbi passivi.
Solo dopo aver fatto pulizia, si passa ad abbellire la prosa per renderla più avvincente, «magari sostituendo i troppi verbi “essere” e “avere” con qualcosa di più forte, che faccia emergere la nostra personalità». Il tutto procede con pochissima teoria e molti esempi: “Il momento rivelatore è stato quando Kristin ha preso un articolo pubblicato su una prestigiosa rivista scientifica e, dopo essersi scusata con gli autori, l’ha letteralmente fatto a pezzi. Alla fine era irriconoscibile, ma migliore. È stato qui che ho capito la differenza che può fare un buon editing”.
I gruppi di studio e i compiti
A parte la possibilità di assistere alle lezioni quando si vuole, nelle prime settimane l’interattività non è molta. «In realtà c’è un forum collegato al corso, ma non l’ho frequentato.
Ho giusto sbirciato ogni tanto, per scoprire diversi “gruppi di studio”, con filippini, coreani, spagnoli che si scambiavano consigli e ansie».
È con la quarta settimana, comunque, che si entra nel vivo del MOOC, con il primo esercizio da consegnare. «Kristin ci ha chiesto un testo di 300-500 parole. Io ho deciso di riscrivere un testo che avevo già pubblicato su una rivista, in modo da capire meglio gli errori che facevo. L’ho inviato a mezzanotte, pochi minuti prima della scadenza. Poi sono andata a dormire».
Le correzioni
I MOOC sono considerati rivoluzionari non solo perché abbattono le barriere fisiche dell’aula, ma anche perché stanno provando a introdurre metodi innovativi nell’educazione. I compiti, ad esempio, non vengono corretti dal docente, ma dagli stessi compagni. È il cosiddetto approccio peer-to-peer, i ruoli dell’insegnante vengono in parte delegati agli allievi, unito a quello della “gamification”, più prove si superano più si conquistano punti, come nei videogiochi. “E così la quarta settimana ci è stato chiesto di fare l’editing dei compiti dei colleghi: più ne correggevi, più punti ottenevi. A me ne sono capitati alcuni abbastanza difficili: uno di nanotecnologie del tutto incomprensibile (e in parte copiato online); il profilo di un filosofo a me del tutto sconosciuto; un altro sul livello di corticosterone nei pinguini. Ho asciugato il testo, eliminato le parti inutili e alla fine ho dato un voto”. Come su Wikipedia, anche qui l’idea è che non solo scrivendo, ma anche correggendo gli errori degli altri, si impari di più. “E questo in parte è vero. Alla fine, mi sono resa conto che, a parte un testo, il livello medio era più basso del mio. Ho acquistato più sicurezza”.
Sandy e le polemiche da forum
Il risultato del primo compito di Maria Rosaria è arrivato all’inizio della quinta settimana: “Il voto dei tuoi peer è 7 su 9”, seguito dai suggerimenti per migliorarlo: «Un compagno ha fatto davvero un ottimo editing. Altri invece, sono stati più banali, con giudizi telegrafici del tipo “interessante”, “mi è piaciuto!”». Come dopo la consegna dei compiti in classe, anche qui si è subito scatenata qualche polemica sul forum: “Alcuni non erano affatto contenti: chi diceva di aver ricevuto suggerimenti superficiali; chi trovava il voto ingiusto. Insomma, molti si aspettavano una correzione più professionale”. Nel caso di questo MOOC, però, non era prevista una revisione da parte di Kristin: d’altronde come potrebbe una docente correggere in una settimana i compiti di 4000 studenti? “Nonostante tutta l’enfasi sull’interattività, non esiste nemmeno un indirizzo email per contattare Kristin. Alla fine anche i problemi devi risolverli con i tuoi pari. Non è come in aula che puoi alzare la mano e dire la tua al prof”. All’inizio della settimana numero sei, comunque, l’attualità ha fatto irruzione nel MOOC: l’uragano Sandy ha creato disservizi in buona parte degli Stati Uniti e quindi ci sono stati un po’ di problemi con la piattaforma. “L’evento ha dato un tocco di realtà a un corso che altrimenti poteva sembrare fuori dal tempo. Poi, però, tutto è filato liscio come da programma”.
Finalmente il diploma
Dopo più di 12 ore di video-lezioni, tre test a risposta multipla, due esercizi, 10 compiti corretti ai compagni, per Maria Rosaria arriva la settimana finale: “Ci è stato chiesto di rivedere ancora una volta i nostri testi, integrando tutte le correzioni ricevute. Alla fine erano molto più efficaci delle prime versioni: l’intelligenza collettiva ha funzionato”.
Sette giorni dopo è il momento del voto finale del corso: “92,5 out of 100, with distinction”. A darlo, ovviamente, non è stata Kristin, ma il software di Coursera, in base al calcolo delle attività portate a termine. “Se ho festeggiato? Certo, come dopo un esame all’Università. Poi, ho scaricato il certificato di Stanford e inserito il titolo nel curriculum. Prima, però, sono andata sul forum per salutare i compagni e ringraziare Kristin. Potrà sembrare strano, visto che non ci siamo mai incontrate di persona, ma ci siamo ripromesse di ritrovarci online. Al prossimo MOOC”.