Dagospia, 1/3/2013, 1 marzo 2013
Allora Fo, dalla Spd all’Economist, tutti ci accusano di essere il Paese dei clown. Che ne dice? «Dico che la parola è stata usata a sproposito
Allora Fo, dalla Spd all’Economist, tutti ci accusano di essere il Paese dei clown. Che ne dice? «Dico che la parola è stata usata a sproposito. Da qualcuno che non ne conosce il significato. Gli consiglierei di rileggersi Shakespeare: nelle sue tragedie affidava al clown l’arduo compito di tirare la sintesi di quel che succedeva. E poi clown viene dal latino “colonus”, contadino. Colui che lavora la terra, ne raccoglie i frutti e quindi è giocondo. In molti quadri del Medioevo, viene raffigurato a fianco di Gesù, un mediatore tra cielo e terra». Clown come uomo del fare quindi? «Del fare e del provocare. I giullari e i fool hanno sempre avuto il compito di metter a nudo il potere. La satira è un’arte nobile quanto rischiosa, molti ci hanno lasciato persino la pelle. Allora e anche oggi. La prova che con il teatro si fa politica». Lei ne è un testimone militante. Per questo ha deciso di appoggiare Grillo? «Mi è piaciuta la sua forza, la sua passione straordinaria. Quello slancio utopico che la sinistra ha perso da tanto tempo. Ma anche la concretezza di voler metter a punto cose serie e ben determinate». Però non si capisce con chi voglia realizzarle. A Bersani, che gli ha teso una mano, ha risposto brutale: sei un morto che parla. «Una frase dura. Ma non bisogna dimenticare quanti e quali insulti Beppe e i suoi hanno ricevuto nel corso di questa campagna elettorale. Bersani ha chiamato i grillini “fascisti del web” e a Grillo ha dato del miliardario…». Non è vero? «Ma sì, sarà anche ricco… Soldi che però si è guadagnato lavorando per anni, su cui ha pagato le tasse. Mi pare che nei partiti, Pd compreso, sia successo ben di peggio. Ma nessuno ha mai ricevuto tante ingiurie come Grillo. Che ne sia rimasto ferito bisognerà pur metterlo in conto. C’è bisogno di un po’ di tempo. E di proposte concrete». Bersani ha già parlato di riforma della legge elettorale, di tagli ai costi della politica, del conflitto d’interesse. «Le affinità esistono, lo sforzo sarà di trovare un terreno comune. Per quel che posso mi spenderò anch’io a parlare con Grillo e con Casaleggio. Tra i due il più saggio e anche il più duro». Visto che si parla di democrazia diretta, si terrà conto delle tantissime voci che dal web chiedono di non sbattere la porta al Pd? «Gli appelli si moltiplicano a vista d’occhio. Quello messo in rete da mio figlio Jacopo, che propone un accordo su 10 punti tra 5 Stelle e Pd, in poche ore ha raccolto migliaia di firme. Prima o poi si arriverà a un’intesa. Grillo ha rispetto per chi l’ha votato. Qualche volta si lascia andare a intemperanze di troppo, ma non va mai “allo scarampazzo”». Lei che mai ha rinnegato di essere comunista, cosa rimprovera al Pd? «Di non essere più dai tempi di Berlinguer il partito dei lavoratori, dei più deboli. La sua nomenclatura si è troppe volte compromessa, ha fatto “inciuci” di ogni tipo. Ha avvalorato i tagli del governo Monti, che picchiava sui più poveri e non toccava gli intoccabili. Io ho votato tutta la vita per quel partito, seguendolo, più o meno convinto, nelle sue tante metamorfosi. Questa volta però non ce l’ho fatta più. Dico anch’io: tutti a casa». Anche Bersani? «Se ne deve andare. In Parlamento sono entrati tanti nuovi nomi, giovani, donne. Ci sarà con chi potersi intendere». Lei è stato tentato anche da Ingroia. «Ma mi sono reso conto che il suo era un partito di carta velina rispetto a ciò che succedeva. E anche Di Pietro… Cominciato bene e poi andato alla rovina. Possibile che tutti debbano avere un figlio cretino? Meno male che il mio mi contesta da quando è nato». Tra le varie ipotesi c’è anche quella di nuove elezioni. «Non vedo cosa potrebbero risolvere... La situazione non è solo grave ma spaventosa. Bisogna fermare la giostra dei pazzi. Una volta andai in visita a un manicomio dove accanto ai malati tenevano degli animali a scopo terapeutico. A un certo punto tutti si alzarono in piedi e, uomini e bestie, iniziarono a girare ossessivamente intorno a un palo. Che succede? chiesi al medico. Niente, rispose. È la loro ora, si sfogano un po’». Cosa ha pensato quando Grillo l’ha candidata al Quirinale? «Che era un segno d’amore. Con Beppe siamo vecchi amici, abbiamo condiviso tante battaglie e da poco, con Casaleggio, abbiamo anche scritto un libro (“Il Grillo canta sempre al tramonto”, Chiarelettere). Lui pensa davvero che io potrei essere la persona giusta per uscire dagli schemi… Lo ringrazio ma sono troppo vecchio. Avessi dieci anni di meno, avrei accettato. Mi sarei divertito a parlare in “gramelot” a Bruxelles. Franca però mi ha subito avvertito che lei al Quirinale non ci vuole andare. A noi basta qualcosa di più piccolo». Dall’altra parte del Tevere c’è un altro posto vacante. E il Papa è un ruolo che lei conosce bene, l’ha interpretato tante di quelle volte. «Duemila solo in “Mistero Buffo”. Bonifacio VIII si troverebbe a suo agio nella Chiesa da paura che circola adesso… Nei giorni scorsi qualcuno mi ha telefonato dicendo che un gruppo di cardinali voleva indicare il mio nome al Conclave. E che Benedetto XVI sarebbe venuto di nascosto a casa mia per consultarmi. Un bello scherzo, vero?». O forse no? Giuseppina Manin 1. NEI PORTAFOGLI DEI MAGGIORI ISTITUTI CON SEDE IN GERMANIA CI SONO DERIVATI PER 971 MILIARDI DI EURO CONTRO I 177 DELL’ITALIA La visita in Germania di Giorgio Napolitano è stata un successo per l’inquilino del Quirinale che ha incassato l’applauso di Grillo. napolitano e merkelnapolitano e merkel Giorgio NapolitanoGiorgio Napolitano Anche la massaia di Berlino si è ben guardata dall’usare la parola contagio che ha sostituito con "leggerezza", "fantasia", "invenzione". Resta il sospetto che quel riferimento alla leggerezza non l’abbia usato come fece Italo Calvino nelle "Lezioni Americane", ma sia uscito dalla bocca della Cancelliera con un pensierino alla fragilità del sistema Italia. ANGELA MERKEL E PEER STEINBRUECKANGELA MERKEL E PEER STEINBRUECK Nell’agenda di Napolitano non era previsto alcun incontro con Mario Draghi poiché si trattava di una visita di Stato senza cerimonie e pranzi dove il presidente della BCE avrebbe potuto partecipare anche a titolo privato. Questo comunque non è il momento giusto per chiedere a SuperMario un’opinione sulle vicende italiane, e anche ieri intervenendo a un convegno a Monaco, si è tenuto alla larga parlando genericamente della necessità di mantenere il modello sociale europeo. Sulla sua scrivania nel palazzone di vetro dell’Eurotower si sono accumulati i report delle principali case d’affari internazionali, pronte a emettere il loro downgrade se la situazione politica in Italia non trovasse una soluzione. PIERLUIGI BERSANI CON LA BANDIERA DEL PDPIERLUIGI BERSANI CON LA BANDIERA DEL PD Agenzie di rating come Moody’s e Standard & Poor’s hanno gia’ detto che si è perso troppo tempo e che lo scenario aumenta il rischio sul debito.La stessa opinione si ritrova nelle analisi di Royal Bank of Scotland, Deutsche Bank e Citigroup che già all’indomani delle elezioni ha sponsorizzato l’idea di una grande coalizione. Di fronte a questi report Draghi, nella sua funzione di custode dell’euro, preferisce il silenzio e non ha nessuna voglia di spezzare lance in favore dell’Italia. Sulla pelle gli brucia ancora la valanga di critiche che la stampa tedesca ha riversato a gennaio quando è scoppiato lo scandalo MontePaschi. I maggiori organi di informazione lo hanno messo nel mirino per indebolire la sua posizione in vista del ruolo che dovrà assumere la BCE nella vigilanza delle banche europee. MARIO DRAGHI FIRMA LA NUOVA BANCONOTA DA 5 EUROMARIO DRAGHI FIRMA LA NUOVA BANCONOTA DA 5 EURO I falchi si sono fatti sentire sui più importanti quotidiani e hanno stigmatizzato i derivati venduti da MontePaschi dimenticando che gran parte di questi titoli sono stati piazzati dalla banca di Peppiniello Mussari attraverso Deutsche Bank e Dresdner, due tra i principali istituti tedeschi. A Draghi queste critiche devono aver dato un enorme fastidio anche perché, secondo i dati che lui possiede e che sono stati elaborati dal centro studi di Mediobanca (lo stesso che oggi vede l’Italia sull’orlo di una tragedia greca), nei portafogli dei maggiori istituti con sede in Germania ci sono derivati per circa mille miliardo di euro contro i 177 miliardi dell’Italia. MARIO DRAGHI MERKELMARIO DRAGHI MERKEL Per dirla con le parole che si ritrovano oggi in un articolo di "Le Monde" sulla crisi italiana, "a Francoforte si vuole guardare con la testa fredda l’exploit dell’ex-umorista Beppe Grillo e dell’intramontabile Silvio Berlusconi". È difficile quindi immaginare che Draghi si pronunci nei prossimi giorni. Per sentire la sua opinione bisognerà aspettare il 18 marzo quando alle 15 del pomeriggio nell’aula magna dell’università Luiss pronuncerà una lectio magistralis. Per quell’occasione il gotha accademico e finanziario sarà presente al completo e sul palco siederà la presidente dell’ateneo, Emma Marcegaglia, mentre tra gli studenti in platea si potrà scorgere Oscar Giannino, il giornalista che con i soldi e l’appoggio della signora di Mantova non è riuscito a fermare il suo declino. 2. PER GRILLO LA CARTA DI PARMA NON SEMBRA SPENDIBILE A LIVELLO DI COMUNICAZIONE La domanda che circola con più insistenza nei palazzi romani riguarda la capacità di governo di Grillo e dei suoi parlamentari. grillo e pizzarottigrillo e pizzarotti Oggi si apprende dal quotidiano "La Stampa" che a partire da lunedì i 163 neoeletti del Movimento 5 Stelle andranno a scuola di diritto per apprendere le nozioni basilari sulla Costituzione e i regolamenti amministrativi. Dopo la prova di canto che ha portato il leader e il suo coro al successo, arriva la prova del fuoco e le truppe grilline sono chiamate a misurarsi sulla governance dello Stato. CARIS VANGHETTICARIS VANGHETTI In molti sperano che nonostante le difficoltà iniziali sappiano destreggiarsi meglio di quanto sta succedendo a Parma dove 9 mesi fa è stato eletto sindaco con oltre il 60% dei voti Federico Pizzarotti. Per capire come stanno andando le cose nella città prediletta da Stendhal e dai buongustai, è utile leggere l’analisi uscita ieri sul sito "LaVoce.info" dove Paolo Scarpa, un ingegnere esperto di questioni urbanistiche e amministrative della città, descrive con freddezza i limiti della nuova amministrazione. Quando Pizzarotti a maggio dell’anno scorso conquistò la poltrona si presentò come portabandiera di un rigore sobrio e della partecipazione dei cittadini. A distanza di tempo le sue promesse sembrano vanificate dall’incertezza della giunta che si è trovata sulle spalle un debito di 840 milioni di cui 200 da attribuire al Comune e 640 alle società partecipate. Fino ad oggi non sembra che sia stata avviata alcuna iniziativa con le banche per colmare il buco e che non siano scattate azioni di rivalsa. La famigerata IMU ha portato nelle casse 56 milioni, una boccata d’ossigeno che non ha impedito di aumentare del 20% le rette degli asili nido e del 100% quelle nelle scuole materne. Solo le famiglie più povere hanno avuto una riduzione delle rette, ma il vero problema è rappresentato dal buco nero di 640 milioni delle aziende partecipate. Il castello di queste società - si legge sul sito di Tito Boeri - rischia di saltare perché la holding Stt che le controlla si trova di fronte al fallimento previsto per il 26 marzo dell’azienda che ha il compito di curare gli insediamenti produttivi. grillo e pizzarottigrillo e pizzarotti C’è poi il problema del termovalorizzatore sul quale Pizzarotti e i grillini avevano suonato le trombe più alte della loro campagna elettorale. Finora nessun provvedimento è stato fatto per bloccare questo "mostro" che sta a cuore ai costruttori locali, e l’impianto entrerà in funzione alla fine di aprile. Se poi a questi problemi si aggiunge il degrado della città con le fontane spente, la microcriminalità in aumento e i 120 esercizi chiusi negli ultimi mesi, il bilancio della governance grillina non è esemplare. Per Grillo la carta di Parma non sembra spendibile a livello della comunicazione per la quale, secondo indiscrezioni raccolte dal sito del settimanale "Il Mondo", il leader genovese starebbe cercando un giornalista in grado di mediare i rapporti tra il Movimento e il mondo dell’informazione. MAURO MORETTI CON UN CANEMAURO MORETTI CON UN CANE Il candidato favorito è Caris Vanghetti, un professionista romano che ha lavorato al quotidiano "Finanza&Mercati" e nella trasmissione televisiva di Gianluigi Paragone. 3. IL FLOP DI BERSANI E’ UNA MINACCIA ALLE AMBIZIONI (MINISTERO) DI MAURO MORETTI Nella geografia delle grandi imprese pubbliche bisogna distinguere tra i manager che si fregano le mani perché sono convinti che la crisi sarà lunga e servirà a mantenere la poltrona, e i manager che invece temono di finire in un girone infernale. pier luigi bersanipier luigi bersani Tra questi uno dei più preoccupati è Mauro Moretti, il capo delle Ferrovie che puntava tutte le carte sul successo del centrosinistra per portare avanti i suoi progetti. Anche se nessuno gli aveva assicurato la poltrona di ministro dei Trasporti (sulla quale avrebbe trovato l’opposizione di Luchino e della sua NTV) , Moretti fino a lunedì sera si sentiva sicuro della riconferma che gli avrebbe consentito di portare avanti il disegno di una fusione con l’Alitalia caldeggiato fortemente dal pallido Vittorio Grilli. PROTESTE NO TAVPROTESTE NO TAV Il trionfo dei grillini apre una falla enorme sui sogni dell’ex-sindacalista di Rimini che si aspetta una valanga di interrogazioni e di interventi sulla Tav e sulla gestione dei treni per i pendolari che Grillo ha usato insiemeal camper denunciando la sporcizia e l’affollamento "schiavista". E proprio oggi Moretti e’ tornato sulla Tav con una dichiarazione a dir poco ingenua:"nessuna preoccupazione perche’ e’ un’opera decisa 20 anni fa dai governi che trascende le ragioni di una singola persona...". L’incubo non finisce qui perché quello che è successo ieri a Torino con la condanna a dieci anni dell’amministratore delegato di Thyssen è una spina nel cuore e costituisce un precedente temibile. Tra dieci giorni inizierà il processo per la strage alla stazione di Viareggio dove a giugno 2009 la palla di fuoco di una cisterna provocò la morte di 33 persone e il ferimento di altre 25. Se la lucida follia dei grillini arriverà ad analizzare uno per uno i curricula dei manager pubblici, la riconferma di Moretti e di altri manager pubblici che oggi si sentono tranquilli, aprirà scenari imprevedibili. 4. DIETRO LA CACCIATA DEI VERTICI DEL SITO LINKIESTA.IT, BRILLA LA MANINA DI PASSERA Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che Corradino Passera non sta con le mani in mano. Per riaffiorare dal gorgo del silenzio in cui è stato scaraventato dall’insipienza di Mario Monti e dai suoi errori, il ministro del Mancato Sviluppo Economico ha deciso di venire allo scoperto con un libro-intervista. La realizzazione dell’opera è stata affidata a Marco Alfieri, il giornalista 39enne di Varese che dopo aver lavorato al quotidiano "La Stampa" e in altre testate, nei giorni scorsi è diventato direttore del sito "Linkiesta". Corrado PasseraCorrado Passera MARCO ALFIERIMARCO ALFIERI La sua nomina pare che sia stata favorita proprio dall’ex-banchiere bocconiano che adesso intende ripetere il successo del libro "Profitterol" scritto a quattro mani da Cesarone Geronzi e dal neosenatore Pd Massimo Mucchetti. E oggi su "Repubblica" l’ex-guru del Corriere della Sera auspica una convergenza del suo partito con Grillo sui temi della corruzione e del conflitto di interessi. Sarà interessante vedere se Passera nel libro affronterà nel suo libro questo tema che lo tocca molto da vicino".