Claudia Cervini, Italia Oggi 28/2/2013, 28 febbraio 2013
LE NEWS ONLINE SI PAGHERANNO
La nuova era dell’informazione web è di là da venire, ma l’offerta attuale non è più adeguata. A partire dal fatto che gli editori dovranno far pagare i contenuti proposti online perché la benzina pubblicitaria non può più essere l’unico motore dei ricavi digitali.
L’innovazione però ci può essere e passa, oltre che da un mix ben equilibrato di contenuti gratuiti (free) e premium (a pagamento), da proposte parallele alle news online, come le classifiche di hotel e ristoranti alla Trip Advisor, che permettono di ottenere un elevato numero di contatti puntando sull’interesse del tema e sull’autorevolezza delle testate che le propongono; e ancora da un maggior numero di video-news: sui video in Europa si concentra infatti il 60% dei ricavi di tutto l’advertising digitale. Solo associando ai ricavi pubblicitari quelli provenienti dai click ottenuti sul web i giornali non verranno relegati a prodotti di nicchia.
Posizioni, queste, emerse durante il convegno milanese organizzato da Fedoweb (la federazione degli operatori web) in collaborazione con Confindustria Intellect (la federazione della comunicazione, consulenza, ricerche e web publishing). «In un paese in cui il 50% dei consumatori interagisce con l’offerta in una prospettiva multicanale serve un cambio di marcia», ha confermato Giuliano Noci, ordinario di marketing al Politecnico di Milano.
Se è vero infatti che l’unico mercato pubblicitario che nel 2012 ha chiuso in attivo (+5,3% secondo i dati Nielsen) è quello web e le previsioni dello Iab Forum per il 2016 sono a +10% «è vero anche che si tratta di un mercato ancora piccolo che non può tamponare le emorragie degli investimenti pubblicitari sui mezzi tradizionali date dalla crisi», ha spiegato Diego Masi, presidente Confindustria Intellect. «Occorre quindi coraggio e un piano che passi dalla personalizzazione dell’offerta, dall’attenzione al servizio e da una distribuzione multi-spazio e multi-tempo», afferma Noci. Così facendo si riuscirà a giustificare ai consumatori il costo delle news che prima erano free.
In realtà alcuni editori hanno già mosso i primi passi. «Visto che in Italia oggi si vendono 4,5 mln di copie di quotidiani al giorno, meno di quanti non se ne vendessero nel 1939, il gruppo L’Espresso ha già scelto sul web un modello freemium, mix tra free, cioè gratuito, come Repubblica.it, e premium, come Repubblica Plus, l’edizione digitale del giornale cartaceo», ha spiegato Claudio Giua, direttore sviluppo e innovazione del Gruppo l’Espresso. «E comunque non siamo ancora riusciti a trasferire i ricavi della carta sul web: pensate se Repubblica.it e Repubblica Tv fossero in parte a pagamento che ordine di ricavi avremmo ottenuto nell’ultimo giorno di elezioni con 10 mln di visualizzazioni dell’homepage e più di 80 mln di visualizzazioni totali».
Ma come si convinceranno i lettori a pagare? «Sarà la forza del marchio a garantire una qualità alta di informazione e distribuzione», ha aggiunto Giua. «Ecco perché si parlerà sempre più di brand journalism». Secondo Noci però, oltre alle notizie giornalistiche tout-court gli editori dovrebbero mettere a frutto i loro database offrendo contenuti paralleli che porterebbero una marea di contatti. «Come nel caso dei ristoranti o delle catene alberghiere perché non fare una sorta di Trip Advisor con l’autorevolezza data dalla propria posizione?», ha suggerito il professore.
Al momento gran parte dell’adv online si concentra sui video. «Almeno il 60% dei ricavi di adv digitale in Europa derivano dall’offerta video», ha spiegato Augusto Preta, General manager ITMedia Consulting.
Le associazioni e gli organismi di monitoraggio, dallo Iab (l’Interactive advertising bureau), all’Audiweb, devono fare la loro parte in questa corsa al giornalismo premium. «Proponendo misurazioni cross-media e cross piattaforma», ha sottolineato la Simona Zanette, presidente dello Iab. Molti investitori pubblicitari, infatti, non credono ancora sufficientemente nel digitale e in particolare nei dispositivi mobile come gli smartphone. «Un dispositivo potente per moltiplicare la pubblicità, ma penalizzato dal fatto che fino ad ora non ci sono state misurazioni credibili del ritorno dell’investimento», ha chiosato Enrico Gasperini, presidente dell’Audiweb. «Proprio per questo annunciamo una nuova misurazione dedicata agli smartphone. Dove individueremo le attività di punta degli utenti sul telefonino: quante e quali applicazioni usano, dove navigano, per permettere di fare investimenti mirati». Finora, infatti, l’Audiweb ha registrato soltanto l’audience da computer, mentre è in dirittura d’arrivo la rilevazione anche da mobile, la cui tecnologia è pronta da circa un anno (si veda ItaliaOggi del 2 febbraio 2012), e attendeva soltanto gli accordi fra gli operatori.