Nicola Lombardozzi, D, La Repubblica 16/02/2013, 16 febbraio 2013
UN LUPO NEL MIRINO
Hanno messo una taglia sul lupo cattivo. Poi hanno preso i fucili, le trappole, perfino il veleno, e sono partiti verso la foresta in un rombare di suv, motoslitte e cingolati vari. La caccia è aperta, libera, e pure remunerativa: 120 euro per chi riporta la carcassa di un lupo adulto, 70 per chi invece è stato costretto a infierire soltanto su un cucciolo. Premio finale per i supercampioni: 2500 euro a ognuno dei tre migliori classificati in questa folle corsa al massacro che durerà fino 15 aprile. Lo scenario è uno dei luoghi più freddi della Terra, dove il termometro di questi tempi non sale mai sopra i 50 gradi sottozero. All’estremo lembo della Siberia nella lontana repubblica di Jakuzia, resa celebre dal “Risiko” e popolata da etnie nomadi di pescatori e allevatori di renne come gli evenki e i jukaghiri, infoltite dalla colonizzazione forzata di Stalin che spedì da quelle parti desolate migliaia di russi e ucraini non graditi al regime.
La febbre dello sterminio dei lupi è scattata intorno a Natale, fomentata dalle autorità locali, approvata da Mosca e ritenuta inevitabile perfino da alcune organizzazioni ambientaliste. I lupi siberiani, considerati razza protetta, sarebbero infatti diventati un grosso problema. Liberi di riprodursi al riparo dei divieti di caccia avrebbero nettamente superato la soglia ritenuta massima dei 500 esemplari e sarebbero ben oltre i 3500. Spinti dal freddo particolarmente intenso di quest’anno, affamati dalla diminuzione improvvisa delle loro prede preferite come i topi e le lepri, i lupi bianchi della Jakuzia hanno abbandonato le foreste alle pendici dei monti e sono scesi a valle in cerca di calore e soprattutto di cibo.
Smaliziati e ben consapevoli della necessità di evitare il contatto con gli umani, i lupi hanno però razziato il bestiame e terrorizzato le famiglie che se li vedono piombare ululanti nel cortile di casa. Questo è bastato al signor Egor Barisov, presidente della Repubblica, per emettere il decreto che scatena i cacciatori di mestiere e pure chiunque possieda un’arma che gli consenta di guadagnare qualche soldo sulla pelle dei lupi.
La caccia è senza regole. Va bene anche la tortura sadica della tagliola di acciaio che trattiene il lupo ferito per giorni prima che muoia, o la perfidia del veleno al fluoro sparso istericamente un po’ dappertutto. Caccia spietata e pure senza sensi di colpa. L’uccisore di lupi, premi in denaro a parte, è comunque un benemerito per la popolazione che vive le incursioni dei predatori come una minaccia terribile per il proprio magrissimo reddito. Terra ricchissima di diamanti, petrolio e metalli preziosi di ogni genere la Jakuzia ha infatti un sottosuolo che è totalmente di proprietà dello Stato o delle aziende estrattive dei soliti oligarchi vicini al potere. La superficie, quella che resta alle popolazioni locali è invece povera, fredda, fatta di taighe sconfinate e non coltivabili dove l’unica possibile fonte di sostentamento resta l’allevamento. Per questo il signor Barisov ha convinto tutti e giustificato la caccia quando ha letto il bollettino delle prede uccise dai lupi nel solo 2012: quasi 120 mila renne di cui 17 mila domestiche, oltre 400 cavalli. Più centinaia tra mucche e animali domestici.
Se poi al fatto puramente economico aggiungete che il lupo da quelle parti non ha mai ispirato simpatia e soprattutto, che la caccia sia comunque da considerare l’unico vero svago nazionale, si può capire l’entusiasmo con cui le brigate anti lupi siano partite armi in spalla verso i boschi più lontani in cerca di gloria e di divertimento.
Ma c’era veramente bisogno di un rimedio così estremo? Ecologisti più ragionevoli hanno cercato inutilmente di proporre sistemi alternativi tipo ripopolare di piccole prede le foreste per convincere i lupi a restarsene nei paraggi delle proprie tane. Oppure spingerli a colonizzare nuove zone ancora inabitate di un territorio sterminato: grande dieci volte l’italia e abitato in tutto da appena un milione di abitanti.
Troppo complicato e costoso. Dare libero sfogo alla caccia, invece è più semplice e ha altri vantaggi: fa crescere i consensi politici verso il presidente e i suoi dando libero sfogo a una passione atavica. E così si inseguono lupi sulle distese innevate sparando dal finestrino delle 4x4, si disseminano tagliole nei pressi dei boschi e dei corsi d’acqua gelati, si festeggiano con applausi e fiumi di vodka i trionfatori che tornano nei villaggi con i loro trofei allineati sul cassone del pickup. Il tutto in un clima orgoglioso e convinto come in una vittoriosa guerra patriottica. Il lupo fugge. Ritenuto particolarmente resistente al freddo e alla fame, l’esemplare tipico della Jakuzia ha alcune caratteristiche che lo rendono unico. La principale è quella di andare in branco come tutti gli altri lupi ma di essere in grado, all’occorrenza, di sopravvivere da solo. In caso di pericolo o di attacco, il branco composto da venti venticinque esemplari si dissolve, e ognuno di loro si nasconde in solitaria in qualche anfratto dove è in grado di resistere anche per un paio di giorni senza uscire. Una tecnica da guerrigliero maturata in anni di caccia di frodo e che adesso rende il lavoro più difficile per i suoi nemici.
In più, c’è un altro particolare che rende unico il lupo siberiano: è monogamo. Si lega per tutta la vita alla sua compagna e insieme a lei condivi de rischi e prede con uno scambio di aiuti e una solidarietà che non ha esempi simili presso altre razze. E che poi è in fondo la sua condanna. Proprio il regime di coppia fissa favorisce, secondo gli esperti, un’altissima capacità riproduttiva, dote che ha fatto aumentare in maniera esponenziale la popolazione dei lupi e creato un allarme che adesso giustifica una caccia spietata e senza pietà.