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 2013  febbraio 28 Giovedì calendario

EX LEGHISTA, LIBERALE E CATTOLICO: IL GRILLINO VENETO —

«Dalla Lega sono uscito nel ’96 per colpa dell’abbraccio mortale con Berlusconi. Era stato Bossi a definirlo "il mafioso di Arcore", poi ha cambiato opinione. Io no». Enrico Cappelletti è il capolista dei grillini al Senato in Veneto, è finito nella lista per palazzo Madama perché ha 45 anni e nel Movimento 5 Stelle a quell’età si è considerati dei senior. È un padovano trasferitosi a Vicenza da dieci anni, ha studiato nell’università della sua città, poi a Oxford e ha lavorato a lungo in India. Non avendo i grillini una sede riceve il cronista in un bar del centro gestito da William, simpatizzante del movimento. Non ha preclusioni verso i giornalisti e pensa che sia giusto che gli elettori conoscano tutto di lui. Il libro che ha sul comodino parla di Steve Jobs, i film da vedere li sceglie la moglie ma «Lincoln» gli è piaciuto molto, ha letto tutto quello che ha scritto Marco Travaglio. È cattolico praticante e non gli dispiace definirsi, a suo modo, un liberale.
«Nella vita di tutti i giorni sono socio di una piccola impresa che fa certificazione di prodotti industriali — racconta — garantiamo che un mobile o un tavolo sia fatto con legno che viene da foreste ecosostenibili. Anticipiamo le regole di tracciabilità che l’Europa renderà obbligatorie. Occupiamo una nicchia di mercato, siamo due soci, nessun dipendente e ce la caviamo». Prima di mettersi in proprio Enrico ha lavorato per una joint venture italo-indiana dell’abbigliamento ed è stato direttore vendite di un’azienda veneta di scarpe antinfortunistiche. «La passione politica me la porto dietro da sempre e ho scelto Scienze politiche proprio per questo. Poi nei primi anni ’90 sono entrato nella Lega e ci sono rimasto sei anni. Dopo di allora ho votato per lo più per Di Pietro» e tornato dall’Asia si è unito a Beppe Grillo nel 2006. «Ho cominciato a leggere le sue cose e frequentare il meetup di Vicenza, prima sporadicamente e poi mi sono addirittura candidato alle comunali. Prendemmo il 3,5%, nessun consigliere. Qualche mese fa ho ricevuto da Grillo la richiesta di farlo di nuovo, stavolta alle Politiche. Ho mandato curriculum, lettera di intenti, certificato penale e video di presentazione. In assemblea si è votato e sono arrivato terzo e mi hanno messo al Senato». In campagna elettorale, continua Cappelletti, «non ho speso niente e penso che i partiti debbano rinunciare ai cosiddetti rimborsi elettorali. Sa quante cose si possono fare con quei 500 milioni...»
«Cosa penso del modello Nord Est? Lavoriamo come giapponesi e abbiamo costruito un modello vincente. Sono orgoglioso di essere veneto, credo però che la piccola impresa non possa andare avanti con questa pressione fiscale e con la stretta del credito. La mia società ha chiesto a due banche un piccolo castelletto, mi hanno domandato garanzie per il 150% dell’importo richiesto. Come si fa? Qui comunque ci sono imprenditori validissimi. Non quelli che fanno i soldi con le concessioni autostradali ma la Nice di Treviso, per esempio. Produzioni d’avanguardia e un clima fantastico in fabbrica. Io penso che lavoro e impresa sono nella stessa barca e si dovrebbe stabilire una compartecipazione azionaria dei dipendenti». Che farà una volta approdato in Senato per il suo territorio? «Penso che vada promosso e tutelato il vero made in Italy, non quello falso di chi produce all’estero e poi etichetta in Italia». La Tav a Nord est va fatta o bocciata come in Val di Susa? «Non sono contro ideologicamente, preferisco però 22 opere da un miliardo di euro che una grande da 22. E vale anche per la Val di Susa. Voglio lo sviluppo diffuso. Qui si parla della Tav ma è un’odissea anche solo andare ogni giorno all’università di Padova!».
«Cosa penso della Confindustria, delle associazioni di categoria? Tutto il bene possibile. Mi hanno chiamato all’Api per discutere e mi sono trovato a casa mia. Ma devono darsi da fare perché non possiamo pagare l’energia il 35% in più degli altri. I sindacati intanto paghino l’Imu sulle loro sedi e pubblichino i loro bilanci. Poi si mettano in testa che si deve ridurre l’orario di lavoro, lavorare meno lavorare tutti». Ma come fa un imprenditore orgoglioso del Nord Est ad essere d’accordo sulla decrescita che tanto piace agli altri grillini? «Guardi se c’è qualcuno che ha fatto decrescita sono stati i premier dal 2000 ad oggi! Io a casa mi faccio da solo l’acqua frizzante, lo yogurt, il pane, ho un piccolo orto. E non lo faccio per risparmiare qualche euro ma perché i miei pomodori sono di qualità migliore. Decrescita per me vuol dire che se andassimo tutti in bicicletta l’aria sarebbe più pulita. La nostra è una vision di sviluppo sostenibile, non un’ideologia. Quelle sono morte». E allora se Bersani vi chiede di aiutare la formazione di un governo che rispondete? «Per me dobbiamo comportarci come in Sicilia con Crocetta. Valutare provvedimento dopo provvedimento, senza vincoli. E lo direi anche se a vincere fosse stato il centro-destra».
Dario Di Vico