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 2013  febbraio 28 Giovedì calendario

ONOREVOLI LIQUIDAZIONI D’ORO

Poco più di 41mila euro come minimo: per chi, come la deputata democratica Paola Concia, paladina dei diritti gay, torna a casa dopo solo una legislatura. Ma c’è anche chi, come il presidente della Camera Gianfranco Fini, con i suoi trent’anni di Parlamento ha diritto a circa 250 mila euro.

Se chi ha deciso di non ricandidarsi o chi, come improvvidamente è scappato detto in un tweet poi cancellato dall’account della presidenza del Consiglio, è stato «trombato» dal voto, dovrà dire addio a stucchi e velluti di Montecitorio e Palazzo Madama, è pur vero che una consolazione se la vedrà accreditare sul conto corrente. Si chiama assegno di fine mandato, o di «solidarietà»: praticamente la liquidazione, che spetta agli ex parlamentari. Un gruzzoletto che consiste nell’80% dell’indennità lorda (10.435 euro alla Camera; 10.385,31 al Senato) moltiplicato per gli anni di mandato effettivi, o frazione superiore ai sei mesi. È vero, come si affrettano a ricordare dai Palazzi, che ogni mese dallo stipendio dei parlamentari viene accantonata una quota da destinare a questo fondo (784,14 euro alla Camera e circa 695 al Senato), ma è vero anche che le cifre che incasseranno alla fine i parlamentari cessati dal mandato sono esentasse. Migliaia di euro netti, arrivederci e grazie. Così, per esempio, se Fini potrà consolarsi con 250 mila euro su per giù, il democratico Franco Marini, ex presidente del Senato, 21 anni in Parlamento, potrà contare su una cifra che si aggira sui 174 mila euro. 141 mila spettano a Italo Bocchino, il colonnello di Fini che, come tutta Fli, resta fuori dalla Camera, dopo averla frequentata dal 1996. Più basse le buonuscite di altri futuristi, da meno tempo in Aula: circa 58 mila per Flavia Perina, deputata dal 2006, così come per l’avvocato Giulia Bongiorno; 41 mila euro o giù di lì per l’ex falco finiano Fabio Granata.

Antonio Di Pietro, il leader di Italia dei valori, rimasto fuori, causa mancato quorum della lista «Rivoluzione civile», ha diritto alla liquidazione per due legislature, di cui una interrotta dopo due anni: circa 58 mila euro. All’incirca 100 mila euro è quello che invece spetta dopo 12 anni tra i banchi a Guido Crosetto, ex sottosegretario del Pdl, poi diventato fondatore, insieme con Giorgia Meloni e Ignazio La Russa, della nuova formazione «Fratelli d’Italia». Stessa indennità di fine mandato per l’ex sottosegretario Giuseppe Cossiga. E anche per Maurizio Paniz se, in bilico in Veneto, alla fine non ritornerà alla Camera, dove è diventato un volto noto del Pdl quando ha arringato l’Aula sulla convinzione di Berlusconi che Ruby fosse la nipotina di Mubarak. Prima dei non eletti in Campania anche Anna Maria Carloni, la moglie di Bassolino: se non entrerà, incasserà un assegno di circa 58 mila euro.

Anche chi ha rinunciato alla candidatura di sua volontà, ovviamente, ha diritto all’indennità. Circa 217 mila all’ex premier Massimo D’Alema, 26 anni nel Palazzo, sette legislature, così come per la collega Livia Turco. Per l’ex ministro Beppe Pisanu, che riscuote «solo» per gli ultimi 19 anni in Parlamento (ne aveva fatti altri venti prima, dal ’72 al ’92, poi un’interruzione), circa 157 mila euro. Sui 141 mila euro per Marcello Dell’Utri come per Claudio Scajola, entrambi con 17 anni di carriera parlamentare; 100 mila per l’ex candidato premier Francesco Rutelli e per l’ex segretario del Ppi Pierluigi Castagnetti. Walter Veltroni, invece, ha diritto unicamente all’indennità di questa ultima legislatura, un po’ più di 41 mila euro, perché una parte, per i suoi primi anni di attività parlamentare, l’ha avuta quando nel 2001 abbandonò lo scranno per fare il sindaco di Roma.