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 2013  febbraio 27 Mercoledì calendario

CARLO CRACCO MAI STATO BELLO

Si incontrano a un evento: lui cucina, lei cura le pubbliche relazioni del locale che lo ospita. Il giorno dopo, le arriva sul cellulare un messaggio non firmato: «Piacere di averti conosciuto». Quarantotto ore più tardi, le si presenta in ufficio: «Volevo dare un’occhiata al posto». Risposta: «Ma non l’ha visto l’altro giorno?». Seguono sguardo fisso di lui, occhi negli occhi, trenta secondi (avete presente l’occhiata MasterChef? Quella) e rossore di lei. Parte la visita. E tutto il resto.

L’incontro avveniva quattro anni fa. Oggi Rosa Fanti, romagnola, laurea in Scienze della comunicazione, è la compagna di Carlo Cracco. Sette mesi fa hanno avuto Pietro. Lui ha altre due figlie (Sveva, 10 anni, e Irene, 6) da un precedente matrimonio.
All’indomani della finale della seconda stagione di MasterChef – il fenomeno televisivo del momento – Cracco è più che mai una star. Cuoco rinomato lo era già, ma oggi nel suo ristorante stellato a Milano c’è chi viene solo per farsi fare la foto insieme a lui. È salito sul palco a Sanremo, e il suo libro Se vuoi fare il figo usa lo scalogno è alla quattordicesima ristampa.
Rosa da tre anni lavora con Carlo, gli gestisce la vita e gli impegni. Ma, spiazzata dall’improvvisa popolarità del suo compagno, ha finora evitato di esporsi. Questa è la sua prima intervista («e ultima»), che rilascia per una sola ragione: raccontare chi è davvero il signor MasterChef.

Ha capito subito che la visita del locale era solo un pretesto per vederla?
«Beh, sì. Anche perché un suo collaboratore mi aveva chiesto il numero di cellulare, e una vocina dentro mi diceva che quel messaggio anonimo me l’aveva scritto lui».
E dopo?
«Mi chiamava tutti i giorni: “Che cosa fai domani?”, “Sei libera nel weekend?”. Insistente da morire».
Lusingata?
«Combattuta. Mi attirava quella sua sicurezza, come se mi conoscesse da sempre e avesse già deciso come sarebbe andata tra noi. Ma ero anche spaventata. Un uomo tanto più grande di me (Rosa ha 30 anni, Carlo 47, ndr), per giunta già sposato e con figli: non era la storia che immaginavo».
Invece?
«Mi svegliavo ogni mattina alle sette per leggere il suo sms: me ne mandava sempre uno, quando rientrava dal ristorante alle due, per augurarmi la buona notte. Quando è venuto a casa mia, come prima cosa ha aperto il frigorifero. Dentro c’era solo una confezione di piadine precotte e una mozzarella: volevo morire. Carlo l’ha richiuso e mi ha detto: “Da domani la spesa la faccio io”. Il giorno dopo si è presentato con dieci sporte piene di cibo: “Non toccherai mai più un fornello”. Poi si è messo a cucinare, piccione con patate e castagne. L’ho assaggiato e lì ho capito: sono fritta».
L’ha sempre mantenuta, la promessa di cucinare?
«Sempre. Al massimo io faccio una pappina per Pietro».
E come li ha vinti, i suoi dubbi?
«Sono una donna di pancia, mi sono buttata. Quando l’ho detto ai miei, non hanno dormito per un mese: “Ma uno normale no?”. E le mie amiche: “Sei giovane, carina, con tutta la vita davanti, chi te lo fa fare?”».
Anche perché Cracco, all’epoca, era ancora sposato. Non ha mai temuto che potesse essere solo un’avventura?
«Lui si stava già separando, e comunque mi era chiaro fin da subito che faceva sul serio. Carlo non dà confidenza facilmente – pensi che ho continuato per un mese a dargli del lei, prima per cercare di mantenere le distanze, poi per gioco tra di noi – ma con me si è lasciato andare subito, completamente. È un uomo molto affettuoso, e anche fisico; sapevo che, se fosse iniziata una storia, ne sarei stata travolta».
Con le sue figlie come si è comportata?
«Non mi sono imposta, ho aspettato che fossero loro ad avvicinarsi a me. All’inizio mi vedevano come un’amica. Poi, come spesso succede nelle separazioni, c’è stata una fase più difficile, e ne ho anche sofferto. Ma Carlo è stato un sostegno incrollabile quando mi demoralizzavo. Oggi le bambine mi sono affezionate, soprattutto adorano Pietro, se lo contendono, per lui fanno disegni e scrivono pensieri dolcissimi. Mi dà serenità sapere che, qualunque cosa succeda, lui possa contare su di loro».
L’avete cercato o è arrivato?
«L’abbiamo voluto da subito, anzi ci siamo dovuti imporre di aspettare almeno un po’. E dire che, prima, non avevo mai sentito il desiderio di maternità. Ma poi conoscere le sue figlie, vedere il suo lato paterno – Carlo è andato in vacanza da solo con loro quando la piccola aveva due anni, non ho conosciuto padri altrettanto capaci – mi ha fatto nascere dentro la voglia. Non per questo mi sento solo “mamma”: posso allattare in tuta Pietro e mezz’ora dopo, quando so che rientra Carlo, infilarmi un tacco 12, un vestito sexy, ed essere tutta per lui».
A sentire lei, è l’uomo perfetto. Nessuna fragilità?
«Carlo si è fatto da solo, lavora da quando aveva 16 anni, la sicurezza che trasmette se l’è sudata. Fragilità ne ha come tutti, la cosa bella è che le ammette. Quando deve prendere una decisione importante è capace di interrompere una riunione, uscire e chiamarmi per chiedere consiglio. Mi consulta su tutto: lui è il classico creativo, non ricorda nulla delle cose pratiche, io gli metto ordine nella vita».
Che effetto fa essere la compagna di un sex symbol?
«Se va a riguardare le vecchie foto, si renderà conto che Carlo non è mai stato un bello, e non è abituato a essere considerato tale. Negli ultimi anni certo è cambiato: i capelli, la barba, i vestiti. Ma fare questo effetto sulle donne lo mette a disagio. E io me la rido».
C’è il suo zampino, immagino, dietro al nuovo look.
«Ho buttato ciò che aveva nell’armadio: capi magari divertenti, ma troppo eccentrici, e abbinamenti sconclusionati. Abbiamo ricomprato insieme ogni cosa».
Non è gelosa?
«No, perché Carlo non è tipo da rovinare tutto per uno sfizio. Anche se, per motivi di lavoro, ho accesso alla sua mail, e vedo che gli arrivano cose da non credere».

Arriva lui. Se vi aspettate un’intervista tutta monosillabi e pause, sarete sorpresi. Mi si piazza davanti e mi rovescia 
addosso un fiume di parole.

È stato fortunato a trovare Rosa.
«Ogni tanto un po’ di culo non guasta».
Che cosa intende?
«Che nulla mi è mai arrivato facile, ho sempre dovuto pedalare. Sono il quarto figlio di una famiglia semplice di Vicenza. Mio padre, ferroviere, arrotondava con tre lavori extra. E altrettanti ne aveva mia madre».
Lei era il piccolo: un po’ l’avranno coccolata.
«Mica tanto: è gente pragmatica. Mia madre, per dire, non mi dava mai più di ottanta grammi di pasta, e io mi arrabbiavo perché ne avrei mangiata il doppio».
Che bambino era?
«Pacioccone, un po’ imbranato. Non facevo sport – sono pigro per natura – e quindi avevo pochi amici. Per fortuna c’era l’oratorio: diventai capo chierichetto, e in quinta elementare vinsi un viaggio per andare a vedere il Papa».
Ma è vero allora che voleva farsi prete?
«Volevo iscrivermi al seminario, ma si pagava vitto e alloggio. Mio padre disse: “Sei scemo? Costa troppo”».
Non le interessavano le ragazze?
«Ero abbastanza sfigato, un tontolone. Il primo bacio l’ho dato a 14 anni, al mare: un avvenimento mondiale. Alla fine ho capito che, per piacere alle ragazze, dovevo essere originale, e allora ho usato come arma segreta la musica: grazie a mio fratello, che era più grande e suonava, conoscevo le novità, le tendenze. O almeno, pensavo di conoscerle: una volta, sperando di rimorchiare, sono finito a un concerto degli Iron Maiden, tra metallari tutti maschi. Che cretino».
Si è sposato giovane.
«A 29 anni. Professionalmente avevo già fatto strada (uscito dall’istituto alberghiero era stato allievo di Gualtiero Marchesi e, dopo un’esperienza in Francia con Alain Ducasse e a Firenze all’Enoteca Pinchiorri, era tornato a lavorare per Marchesi come chef all’Albereta di Erbusco, ndr) e per uno cresciuto in una famiglia come la mia, educato a vivere senza grilli per la testa, sposarmi e fare figli sembravano i naturali passaggi successivi. Il problema è che io i grilli per la testa ce li ho sempre avuti: prima sul lavoro – dove non ero mai contento – e alla fine anche nel privato. Mi sono accorto che con mia moglie viaggiavamo su binari incompatibili, a parte le figlie non condividevamo nulla, men che meno il lavoro che per me è sempre stato prima di tutto una passione. Un giorno mi sono chiesto: che cosa ci sto a fare qui?».
E ha deciso di separarsi.
«Avevo preso una deriva che non andava bene, mi comportavo come se a casa non mi aspettasse nessuno. Gli amici dicevano: fatti delle storie fuori, se vuoi, ma a casa lascia tutto come sta. Certe situazioni però non fanno per me, non sono uno che si accontenta e nemmeno un ipocrita, a me l’idea di fare il farfallone tutta la vita mi fa tristezza. Sentivo che mi mancava qualcosa, solo non sapevo che cosa. L’ho compreso quando ho incontrato Rosa».
Colpo di fulmine?
«Ci siamo guardati e capiti in tre secondi. Non mi è mai capitato con nessun’altra donna: è stato come una 
scossa di terremoto. Rosa non è una morbida, al contrario è decisa, ti fa correre. La mia donna ideale: è concreta, ti dà sicurezza, ma ti accompagna anche quando voli, anzi ti spinge a volare ancora più in alto».
Non la spaventava l’idea di rifarsi una famiglia?
«Io non mi tiro indietro. La separazione, certo, mi ha fatto soffrire parecchio: purtroppo i problemi li causano più gli adulti che i bambini. Ho dato tutto me stesso per sanare la situazione con le mie figlie, che sono la cosa a cui tengo di più in assoluto. Mi sono fatto in quattro, ho sopportato tanto, ma ne è valsa la pena: oggi le bambine vogliono un sacco di bene a Rosa e a Pietro».
Come padre che voto si dà?
«Non un voto alto, sei e mezzo. Le vedo un giorno a settimana, oltre al weekend che mi spetta, e cerco di accompagnarle a scuola tutte le mattine. Ma di solito sono considerati bravi i papà che non si separano, anche se magari per il resto non valgono niente».
Alle bambine che cosa fa mangiare?
«Quello che vogliono, nulla è vietato. L’unica regola è che assaggino i cibi nuovi, non accetto il rifiuto a priori».
Quando ripassa mentalmente i successi di questi ultimi tempi, che cosa pensa?
«Che ho avuto ragione a fare le scelte che ho fatto, anche le più difficili. Guardi le mie foto di qualche anno fa: ero un’altra persona, un uomo in agonia. Oggi mi sento finalmente me stesso, e si vede anche da fuori: ho fatto crescere i capelli, mi tengo la barba, sono tornato a essere quello che sono e non quello che devo essere per piacere agli altri. Ho tutto ciò che volevo: una compagna con cui condividere la vita, lavoro compreso, un altro figlio – e mi piacerebbe ne arrivassero altri –, una vita piena di belle sorprese».
Come l’invito a Sanremo?
«Una soddisfazione enorme: il segno della strada che ho fatto, e di quella che posso ancora fare. Perché il segreto è non sentirsi mai arrivati. Anche con Rosa, siamo solo all’inizio».