Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  febbraio 27 Mercoledì calendario

LE RICETTE DEL MOVIMENTO 5 STELLE

REFERENDUM SULL’EURO

Nei 20 punti per uscire dal buio, Grillo propone il referendum sulla permanenza nell’euro. È un tema ricorrente del Grillo-pensiero: l’euro affama il Paese, strangola le aziende, trasferisce ricchezza privata per ripagare il debito. Per questo M5S vorrebbe rinegoziare gli accordi Ue giudicati capestro
Si può rimanere tranquillamente nella Ue senza rinunciare alla propria moneta, secondo Grillo, perché su 27 Stati aderenti alla Ue, 10 hanno mantenuto la loro divisa. Il punto è proprio questo: tornare indietro non si può, mentre è diverso il caso di chi non è mai entrato nell’euro. La lira non esiste più e ridenominare tutti i contratti in euro nella valuta nazionale equivale a un default di Stato, aziende, banche e famiglie. Per lo stesso motivo l’Italia non può cancellare unilateralmente gli impegni già presi nei Trattati (Fiscal compact, Six pack...) e nell’Unione monetaria
RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO PUBBLICO

Il debito pubblico è per il M5S un cappio al collo che si stringerà sempre più senza ristrutturare il valore dei titoli di Stato che sono detenuti all’85,7% da banche, fondi, assicurazioni e altri investitori. Per Grillo bisogna diminuire gli interessi e diluire nel tempo la restituzione del capitale
La ristrutturazione dei titoli di Stato con il taglio degli interessi e l’allungamento delle scadenze, unilateralmente o con la partecipazione degli investitori privati su base volontaria, equivale per il mercato e le agenzie di rating al default. È una macchia indelebile per l’affidabilità creditizia dello Stato che dopo la ristrutturazione perde l’accesso ai mercati e la fiducia degli investitori per anni interminabili. Il pagamento degli interessi è un onere che drena risorse all’economia e al sociale ma non pagarli integralmente e puntualmente significa cadere nel baratro STATO E MERCATO

Il movimento 5 Stelle vorrebbe impedire che le offerte di acquisto (Opa) siano ripagate indebitando le società acquisite, mettere un tetto allo stipendio dei manager delle quotate, abolire i monopoli di fatto come Telecom, Autostrade, Eni, Enel, Mediaset, Ferrovie
In sintesi tutte le misure citate puntano a correggere le storture prodotte dal mercato. La strada è un maggiore interventismo dello Stato. Se il fine è condivisibile, il limite è nel fatto che le società quotate operano in un mercato globale e quei "monopoli di fatto" citati dal Movimento 5 Stelle ormai sono multinazionali che producono buona parte del fatturato all’estero. Il rischio? Mettere in fuga i pochi investitori che ancora scommettono sul mercato italiano. Forse basterebbe molto meno: ad esempio, far funzionare sul serio chi deve vigilare, come le Authority
TAV, ACQUA E INCENERITORI

Il lato del «signor no» di Beppe Grillo e del M5S viene fuori quando si parla di infrastrutture e di grandi opere. No alla Tav, no ai termovalorizzatori, sì al potenziamento del trasporto locale. Sul referendum per l’acqua è venuta fuori l’anima pubblicistica: bene comune ma anche difesa delle aziende pubbliche
Prestare attenzione alle piccole opere e alla manutenzione del territorio è un approccio positivo ma la logica del «piccolo è bello» può isolarci dall’Europa e lasciare le nostre reti a standard obsoleti. La realizzazione delle linee ad alta velocità libera binari anche per il trasporto locale (vedi Torino-Napoli): giusto chiedere un’attenzione maggiore al servizio pendolari e una maggiore selezione delle opere utili, ma i veti assoluti sulle infrastrutture bloccano il progresso del paese (e il Pil). La pubblicizzazione dei servizi pubblici locali in monopolio (compresa l’acqua) è un abbaglio che produce inefficienza
ECONOMIA VERDE

Il piano energetico si ispira fortemente al concetto di green economy. Tra le proposte centrali, l’incentivazione della produzione distribuita di energia elettrica estendendo a tutte le fonti rinnovabili e alla microgenerazione diffusa la normativa del conto energia, vincolandola ai Kw riversati in rete nelle ore di punta
Nelle strategie a sostegno della green economy le fonti rinnovabili sono chiamate a svolgere un ruolo importante, ma con giusta misura. Negli anni scorsi la cattiva gestione degli incentivi per le rinnovabili ha comportato extracosti energetici molto marcati determinati dalla componente A3 della bolletta. Si calcola un un costo di incentivazione di 10 miliardi l’anno, di cui 6,5 solo per il fotovoltaico, che ha innescato incrementi di 42 euro al megawattora. Sulle rinnovabili occorre dunque equilibrio, e capacità di farne derivare una filiera industriale italiana, finora quasi assente
SGRAVI PER LE PMI

Per le Pmi il Movimento 5 Stelle ha raccolto le idee della base con un sondaggio online. Ai primi posti il pagamento dell’Iva solo a fattura incassata e gli sconti contributivi per assunzioni di giovani under 35. Per l’industria, si propone l’attribuzione del "made in Italy" solo alle aziende che producono in Italia
Il pagamento dell’Iva per cassa è già previsto, con un limite di 2 milioni del volume d’affari che tiene conto dei vincoli Ue. Gli sconti contributivi ai giovani imprenditori andrebbero finalizzati, ad esempio per il Sud, per non incorrere in una bocciatura europea per aiuti di Stato. La norma "made in Italy" sulla manifattura parte dell’intento positivo di evitare la deindustrializzazione, ma un’applicazione radicale del principio avrebbe come effetto quello di penalizzare strategie espansive di aziende che hanno cervello e ricerca in Italia pur avendo diversificato la produzione in più sedi, anche all’estero
VIA L’IMU PRIMA CASA

Nei «20 punti per uscire dal buio» pubblicati a inizio febbraio dai 5 Stelle il Movimento di Beppe Grillo propone l’abolizione dell’Imu prima casa. E sempre a proposito di abitazione principale i 5 Stelle propongono la sua impignorabilità. Sempre alla voce fisco si punta sulla riduzione dell’Irap sulle imprese
Il nodo da sciogliere è soprattutto quello delle possibili coperture. Dati sul gettito 2012 alla mano, per abolire l’Imu sulla prima casa servono 4 miliardi. Per l’Irap invece ogni riduzione di un punto sul costo del lavoro costa circa 2 miliardi. Per cancellarla interamente ne servirebbero invece oltre 33. Sulla riscossione l’obiettivo minimo per ridurre i poteri di Equitalia è l’impignorabilità della prima casa. Oggi per i ruoli oltre i 20mila euro il cittadino moroso può vedersi pignorare l’abitazione. Ma una norma che vieti la pignorabilità dovrà anche tener conto degli incassi persi nella lotta all’evasione
REDDITO MINIMO DI CITTADINANZA
Il sussidio di disoccupazione garantito è una misura di welfare che intende ampliare la copertura di questo ammortizzatore sociale a tutti i lavoratori in caso di perdita dell’impiego. Per come è presentato va distinto dal reddito minimo di cittadinanza, misura assistenziale di carattere universalistico che in Italia non esiste
Non è stato specificato l’importo né la durata dell’assegno. Precedenti proposte simili (Boeri-Garibaldi 2007) partivano da un assegno di 600 euro al mese con un tetto massimo cumulato e una duration da definire. Il costo stimato è stato, in quel caso, compreso tra i 7 e gli 8 miliardi annui. L’effetto è duplice: difesa del reddito di platee più ampie di disoccupati e un incentivo a una maggiore mobilità sociale. Riguardo alle coperture si tratta di capire se la misura ha una natura assicurativa (è in parte coperta da contributi obbligatori) o è a carico della fiscalità generale. In quest’ultimo caso sono maggiori gli effetti redistributivi sui redditi
TAGLI AI COSTI DELLA POLITICA

È il pacchetto più corposo di interventi. Si parte con l’abolizione delle province e dall’accorpamento dei comuni con meno di 5mila abitanti e, passando per il tetto di due mandati per i parlamentari, si arriva all’abolizione dei rimborsi elettorali che Grillo vorrebbe fosse retroattivo
L’abolizione delle province comporterebbe la necessità di assegnare personale e funzioni a un altro livello di governo. Con il rischio di vanificare gran parte dei risparmi associati alla misura. Quanto all’abolizione dei rimborsi elettorali Grillo ha più volte detto che vorrebbe chiedere indietro almeno un miliardo dei 2,2 miliardi che i partiti hanno incassato negli ultimi 15 anni di attività. Il problema si porrebbe però per quelle forze politiche che hanno già cartolarizzato i rimborsi elettorali per gli anni a venire. Troppo generica appare la proposta di fissare uno stipendio medio nazionale da applicare anche ai parlamentari
STAMPA ED EDITORIA

Vendita ad azionariato diffuso, con proprietà massima del 10%, di due canali Rai. Una sola rete pubblica senza spot, indipendente dai partiti. Nessuna tv posseduta al 100% da un privato. Abolizione contributi alle testate giornalistiche. Frequenze tv assegnate con asta ogni cinque anni. Abolizione della legge Gasparri
La vendita di due reti Rai e l’abolizione della pubblicità sulla terza mette sul mercato due canali con i limiti di affollamento delle tv commerciali indebolendo gli altri media, ma libera le risorse commerciali della rete pubblica (in Francia non è andata alle tv commerciali). L’abolizione dei contributi pubblici, comunque da rivedere, rischia di ridurre il pluralismo dell’informazione, in un momento di grave crisi dei ricavi. L’asta delle frequenze è la via giusta ma cinque anni sono pochi per ammortizzarne i costi. La legge Gasparri, oggi nel Testo unico sui servizi media, ha articoli che ingessano il sistema, favorendo la concentrazione