Marco Palombi, il Fatto Quotidiano 27/2/2013, 27 febbraio 2013
ALESSANDRO PENATI [“I
mercati sfidano Bce e Berlino”] –
È la domanda da un milione di dollari”. Alessandro Penati – economista e professore alla Cattolica di Milano – reagisce così alla richiesta di prevedere cosa succederà ora sui mercati. “Credo che gli investitori testeranno la volontà della Bce e della Germania di tenere in piedi la baracca: nessuno specula contro una Banca centrale. Certo, se le banche affondano o i tedeschi si mettono a dire che l’Esm, il fondo Salva Stati, non si può usare, è tutta un’altra faccenda”.
In Parlamento non c’è maggioranza.
Chi investe è pragmatico: a volte il fatto che nessuno comanda vuol dire che nessuno fa danni.
La Borsa, però, crolla e lo spread sale.
A parte la reazione immediata, non credo succederanno sfracelli. Secondo me a Milano sono stati gli italiani a vendere, non gli stranieri. Le vendite erano attese dovunque perché i titoli erano ai massimi: anche il Nikkei scende e non credo per le nostre elezioni.
Non è il timore per la fine dell’euro?
Non credo che i prossimi mesi saranno decisivi, più che altro si sottovaluta la percezione dei mercati di un’Europa rassegnata alla recessione. La nostra non è una bella situazione, ma non è che sarebbe stata ideale con un risultato univoco alle elezioni. Almeno la vittoria del M5S aprirà gli occhi a qualcuno.
Insomma, basta affidarsi alla Bce.
Se l’Italia accettasse un prestito dal Fondo monetario o dall’Europa per i mercati sarebbe il massimo della vita. Magari per gli italiani meno…
Cioè?
Guardi la Grecia: i cittadini diventano sempre più poveri per ripagare i debiti, ma sono problemi loro, mica dei tedeschi. Sul lungo periodo questa non è una situazione sostenibile.
Si spieghi.
In una moneta unica non puoi avere trend di crescita della produttività così diversi tra i vari paesi. Negli Usa, a spanne, le differenze vengono riequilibrate per il 40% dal bilancio federale, per il 60% dalla mobilità dei fattori. Lì parlano la stessa lingua e i costi per trasferirsi sono bassi. Qua non si muovono né i soldi né le persone.
E allora?
Se si continua così mangeremo le verdure dell’orto e venderemo le nostre belle scarpe all’estero. Ma quante scarpe servono per comprare una risonanza magnetica? Le nazioni non spariscono e il grado di sopportazione delle persone non è infinito.
C’è chi dice: basterebbe che la Germania facesse politiche espansive.
È vero che tutta la loro (bassa) crescita è stata fatta comprimendo i consumi e tagliando il costo del lavoro a favore dei profitti delle imprese. L’esperienza storica dimostra che i Paesi non cambiano politiche così in fretta.
Che soluzione resta?
Ricontrattare i vincoli di bilancio: se, ad esempio, il deficit è dovuto a taglio delle tasse sulle imprese o ad ammortizzatori sociali si può fare, come fece la stessa Germania nel 2003. Per convincerli sarebbe utile accettare la ‘tutela’ europea, una sorta di notaio sui nostri impegni.