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 2013  febbraio 27 Mercoledì calendario

CHIUDERE 20 ANNI D’OSTILITÀ COL CAVALIERE AL QUIRINALE

Se non si trova un modo per fare un governo si torna a votare. Se si torna a votare vince Grillo. Nessuno vuole che vinca Grillo (nemmeno Grillo) e quindi non si torna a votare. Se non si fa in fretta un governo, i mercati travolgono tutti. Non conviene. E poi lo spread, che un anno e mezzo fa ha spinto Monti a Palazzo Chigi, anche stavolta sarà spietato, e siccome ormai tutti abbiamo una paura blu dello spread, dovremo obbedirgli.
Come si fa a fare una maggioranza che serva a mettere in piedi un governo? C’è una sola via: alleanza tra i due unici partiti solidi di questo Parlamento, e cioè il Pd e il Pdl con eventuali “protesi”. È inutile che mi veniate a dire che questa è fantascienza. Se due anni fa vi avessi pronosticato al 25 per cento un partito guidato da un attore comico, o se due settimane fa vi avessi detto che Berlusconi riusciva a prendere lo stesso numero di voti di Bersani, voi mi avreste rinchiuso in un ospedale psichiatrico. Giusto?
E allora partiamo dalla realtà e poche chiacchiere. Del resto io non credo che sul piano dei programmi politici le differenze tra Berlusconi e Bersani siano così grandi. Sono due partiti “centristi”. Il Pdl è più populista (e quindi, paradossalmente, talvolta è meno di destra del Pd), il Pd è più un partito moderato classico, che certamente sul piano delle cose da fare assomiglia più ai repubblicani americani che non a Obama. Il presidente Usa ha proposto l’aumento del 20% per i salari minimi, ha proposto la sanatoria per 15 milioni di immigrati irregolari, ha proposto i matrimoni gay: il Pd oserebbe mai proporre qualcosa del genere?
Quindi il problema non è come realizzare questa alleanza, ma è piuttosto come superare due ostacoli. Il primo ostacolo riguarda l’opinione pubblica. Una alleanza tra Pd e Pdl comporterebbe un aumento dei voti di Grillo. Se però fosse un’alleanza stabile, in grado di resistere per cinque anni, il problema Grillo sarebbe spostato in avanti di cinque anni, e tra cinque anni ne sarà passata tanta di acqua sotto i ponti. Il secondo ostacolo è la spartizione della cariche, che pone sia questioni di equilibri simbolici sia di potere.
C’è un modo, forse un solo modo, per superare questi ostacoli: la pacificazione. Cioè una scelta che porti le forze moderate del Paese a chiudere le ostilità feroci che le hanno divise in questi vent’anni sebbene non ci fossero vistose divisioni sulle grandi scelte per la società italiana (e infatti in questi vent’anni destra e sinistra hanno governato, alternandosi, più o meno nello stesso modo).
La pacificazione è l’unico modo per uscire dal berlusconismo. Perché per uscire dal berlusconismo (creatura ovviamente di Berlusconi) bisogna anche uscire dall’antiberlusconismo (anche questa è una perversa creatura di Berlusconi).
La pacificazione, credetemi, ha un solo nome: Berlusconi al Quirinale. Una soluzione di questo genere salderebbe l’alleanza, garantirebbe i mercati e le potenze straniere, sopirebbe i conflitti nel ceto politico, permetterebbe al Pd di governare con tranquillità il Paese da posizioni moderate e centriste.
Personalmente sono terrorizzato da questa prospettiva, perché sono uno di sinistra: mi piace Obama, mi piace Landini. Sono molto preoccupato, e deluso, per il fatto che le tre destre (Monti, Berlusconi e Bersani) abbiano vinto le elezioni e la quarta destra (Grillo) abbia monopolizzato l’opposizione e che di sinistra in Parlamento non ci sia più traccia alcuna. Ma non è che se uno è deluso può reagire ignorando la realtà.