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 2013  febbraio 27 Mercoledì calendario

NON C’È ALTERNATIVA ALL’ACCORDO PD-PDL

Per la Casta il trionfo dei senza scarpe di Beppe Grillo ha il suono brutale dell’ultimo segnale d’allarme. Dopo quello risuonato la sera di lunedì, non ce ne saranno più altri. Le sirene resteranno mute. Nel silenzio sentiremo soltanto il rombo degli aerei da bombardamento che si stanno avvicinando. Non avranno soltanto la sigla delle Cinquestelle. Bensì di qualche nemico che non conosciamo ancora.
Il nemico vero potrebbe essere una crisi economica devastante. Prenderà di mira un numero di italiani ben più grande di quello che già oggi si trova nei guai. Sto parlando di quanti per ora sono rimasti al riparo dal disastro che abbiamo sotto gli occhi. Chi ha dei risparmi potrebbe vederli a rischio, svalutati di fatto e non più protetti. Nessuno ci garantisce che il valore dell’euro rimarrà all’incirca quello odierno. Se i mercati finanziari ci volteranno le spalle, neppure il Padreterno sarebbe in grado di salvarci.
Non sto delineando lo schema di un pessimo racconto di fantapolitica. Anche per carattere non mi piace immaginare catastrofi. Possiamo ancora salvarci. Ma la salvezza dipende dalle decisioni che prenderanno i due partiti maggiori rimasti in piedi dopo lo tsunami grillista, il Pd di Pierluigi Bersani e il Pdl di Silvio Berlusconi. Come ha detto lunedì sera a “Porta a porta” Maurizio Belpietro, devono sedersi attorno a un tavolo e decidere che cosa fare insieme.
L’unica decisione utile è trovare un accordo per un governo di emergenza nazionale che veda alleate la destra e la sinistra. Non esiste una strada diversa. Immaginare che il presidente della Repubblica, quello di oggi o il successore, possa sciogliere di nuovo le Camere e mandarci a votare tra qualche mese è una follia al tempo stesso suicida e omicida. I due partiti superstiti verrebbero spazzati via da un altro trionfo di Grillo. E lascerebbero nelle mani del boia stellare gli elettori che li hanno votati.
Mentre scrivo non so che cosa abbiano in mente i due leader e la loro cerchia più stretta. Berlusconi deve stare attento a non coltivare sogni di gloria in arrivo. È riuscito a fare un miracolo nel quale, forse, nemmeno i suoi credevano. Ha di fronte a sé un futuro immediato di lacrime e sangue. I magistrati che da sempre gli danno la caccia lo stanno aspettando al varco. Entro poco tempo gli arriverà una grandinata di condanne. Ha un impero da salvare, la Fininvest. E una sorte personale da proteggere contro chi lo vorrebbe morto.
C’è un solo leader che da lunedì sera sta peggio di lui: Bersani. Chi un giorno scriverà la storia di questa campagna elettorale metterà nero su bianco i tanti errori che ha commesso. Qui ne ricorderò soltanto uno, il più pesante. Quello di cullarsi nella convinzione di avere la vittoria in tasca. E dunque di attribuirsi la parte della lepre che gli altri debbono inseguire, senza mai raggiungerla.
Una norma del giornalismo americano recita che nessun articolo «deve puzzare di io l’avevo detto». Ma in un mio articolo scritto per Libero il giorno di Capodanno, e pubblicato il 2 gennaio 2013, mettevo in guardia il segretario del Pd dal commettere l’errore di Achille Occhetto nella campagna elettorale del 1994. Allora il povero «Baffo di ferro» aveva presentato agli elettori la «Gioiosa macchina da guerra» che avrebbe di certo sconfitto il Cavaliere. E tutti ricordiamo che a vincere fu un’altra macchina bellica, Forza Italia di Berlusconi.
Oggi anche Bersani è stato sconfitto. Il Porcellum, l’assurda legge elettorale che pure il Pd ha voluto mantenere nella speranza che gli giovasse, assegna al Pd un premio strepitoso alla Camera. Però il vantaggio sul blocco di Berlusconi è minimo. Per ora si parla di uno 0,36 per cento, pari ad appena 124 mila voti. Prevedo un riesame minuzioso di questo risultato, sezione per sezione, scheda per scheda. E il quadro potrebbe rovesciarsi.
Ma anche nell’ipotesi che il nuovo conteggio non cambi nulla, al Senato Bersani non ha nessuna maggioranza, per risicata che sia. Dunque non potrà formare nessun governo. Per riuscirci dovrà cercarsi un alleato. E lunedì sera, nella trasmissione di Vespa, uno dei collaboratori più stretti di Bersani, Miguel Gotor, ci ha presentato con veemenza la possibile stampella dei democratici. Niente meno che il gruppo parlamentare dei 5 Stelle.
Attenzione, questa non è soltanto una sparata da dibattito. Gotor è uno dei nuovi vip democratici, tanto che per lui si parlava di un posto da ministro. Docente universitario, autore di un libro importante sulle lettere di Aldo Moro prigioniero delle Brigate rosse, all’inizio della campagna elettorale veniva presentato come il consigliere numero uno di Bersani, lo spin doctor, come dicono quelli che parlano inglese. Lui e Pierluigi si erano persino fatti immortalare in una fotografia che li ritraeva l’uno accanto all’altro, assorti in una lettura da studenti secchioni.
Gotor è l’opposto del politico sciocco che parla a vanvera. Da Vespa si è presentato come un ideologo scamiciato e pronto alla battaglia. Però, chi lo conosce, come un po’ lo conosco io per essermi scontrato con lui sul revisionismo a proposito della guerra civile, ha capito subito che il professore non ci stava presentando un’ipotesi personale, ma si muoveva per conto di Bersani.
Posso azzardare un sospetto fondato? È stato il segretario del Pd a chiedergli di lanciare la proposta di un’alleanza con Grillo. Si è trattato di un test mirato per saggiare le reazioni a una possibile accoppiata tra democratici e grillini. Il risultato di questo sondaggio, rivolto soprattutto ai media e a influenti opinionisti, lo valuteremo meglio nei prossimi giorni. Ma già durante il talk show di Vespa i sorrisi ironici si sprecavano.
Conoscendo il cinismo dei partiti, penso che prima o poi Gotor verrà abbandonato al destino degli spin doctor che sbagliano l’entrata in scena. E il Pd prenderà l’unica strada possibile e conveniente: l’alleanza con Berlusconi. Mi auguro che né il Cavaliere né Bersani rifiutino di parlarsi. Del resto, non esiste una strada diversa da quella di un accordo tra gli unici partiti rimasti sulla scena. Con l’aiuto anche dei pochi seggi di Mario Monti. Un accordo stabile che deve durare almeno un paio d’anni.
Come è ovvio, non conosco le intenzioni di Giorgio Napolitano. Ma è un uomo saggio e troverà la strada giusta per impedire che la Repubblica cada nel pozzo nero di una crisi politica senza rimedio. Tanti anni fa avevo creato il personaggio di Dalemoni, incrocio tra Max D’Alema e Silvio Berlusconi. Oggi non mi resta che sperare in Berlusconi. Suona meno bene, ma ci adatteremo. Sperando che gli aerei da bombardamento cambino rotta e rinuncino a distruggerci.