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 2013  febbraio 27 Mercoledì calendario

BANGLADESH [TRA LE BIMBE DROGATE DELLA CITTÀ-BORDELLO]


TANGAIL (Bangladesh)
Sono grassocce come angioletti barocchi le baby-prostitute che lavorano nel bordello più grande del mondo, proprio come piace ai loro clienti. Ma la loro è una pinguedine malsana, perché le ragazze che incontriamo a Tangail hanno comunque la vita troppo esile, lo stomaco estroflesso, il doppio mento già cadente. Infatti, per guadagnare peso e curve, e rientrare nei canoni della bellezza locale, la maggior parte di esse assume la
cow pillo
pillola per le mucche, uno steroide che si dà ai bovini prima di portarli al macello. «Si chiama oradexon e sul nostro organismo ha effetti devastanti: provoca diabete e attacca il fegato, alza la pressione e crea forte dipendenza », spiega Iqbal, l’assistente sociale che gestisce l’unico presidio sanitario del lupanare e che in questo inferno sarà la nostra guida.
Il bordello di Tangail conta circa mille prostitute, apre le sue porte alle 8 del mattino e le chiude poco prima di mezzanotte. È una città nella città, che consiste in un intrico di capanne di lamiera, una per ogni ragazza. Al suo interno trovi di tutto, dai negozietti che vendono cibo a miseri saloni di bellezza. Arriviamo poco prima di mezzogiorno e i clienti già affollano i vicoli del labirinto, perché qui il meretricio non è un’attività necessariamente notturna: sono camionisti diretti verso le città del nord o ragazzi che per arrivare a Tangail impiegano anche una giornata di pullman. C’è chi dice che nel Bangladesh l’incremento della prostituzione sia una conseguenza imprevista del surriscaldamento del clima. In un Paese come questo, circondato dall’acqua, l’effetto serra si traduce con l’innalzamento dei fiumi, l’erosione degli argini, l’impossibilità d’attracco per i traghetti e quindi, per ingannare l’attesa per l’imbarco, più tempo da trascorrere nei bordelli.
La prima ragazza che incontriamo si chiama Rupa, ha 18 anni appena compiuti,
un bimbo di tre e uno sguardo che contiene tutta la tristezza del mondo. Dice: «Prendo oradexon da cinque anni e ogni volta che ho tentato di smettere mi è salita la febbre, ho avuto dolori ovunque e mi è scomparso l’appetito. Finché vivrò in questo bordello sarò costretta a prenderlo, come del resto fanno tutte. Anche perché quando smetti t’imbruttisci immediatamente ». Quando chiediamo a Rupa se è consapevole dei rischi che corre, se è al corrente che l’oradexon le divora i reni e il fegato, lei alza le spalle, senza rispondere.
Di bordelli come questo, ossia autorizzati dal governo di Dacca, nel Paese ce ne sono 17. La prostituzione è legale in Bangladesh, anche se per esercitarla è necessario essere maggiorenni. Ma a Tangail, come nelle altre città bengalesi del piacere, la legge viene violata di continuo, poiché molte ragazze sono ancora bambine. Come Poppi, per esempio, che avrà sì e no 14 anni, anche se sostiene di averne 19. Ma è difficile crederle, perché quando mente sulla sua età è lei stessa la prima a ridere, e perché sebbene il miracoloso oradexon le dia un bell’incarnato e le riempia le gote, non riesce comunque a nascondere i pochi anni di questa bimba.
Da stamattina Poppi è già stata con quattro uomini. Dice di lavorare per conto
di una donna che chiama sua “sorella”. La realtà è ovviamente molto più crudele, essendo Poppi la schiava di colei che l’ha comprata un anno e mezzo fa, e che la sfrutta fino all’esaurimento senza versarle un centesimo dei 3 euro guadagnati a ogni rapporto. Poppi si vergogna di dover prendere la pillola per le mucche, perciò sostiene che le sue rotondità siano frutto delle vitamine che le somministra sua “sorella”. «È lei che me le dà. Per trovarle credo che basti rivolgersi a un farmacista compiacente ». Chiediamo conferma alla nostra guida, Iqbal, il quale spiega che l’oradexon è facilmente reperibile, e che soprattutto è molto a buon mercato. «In un Paese povero come questo, dove le ricette mediche non esistono, chiunque può ottenere lo steroide per pochi soldi. Questo spiega il suo successo », dice l’assistente sociale.
Durante il nostro incontro con Poppi, un’ombra continua a passare davanti al telo tirato sulla porta della capanna. Scopriremo che quell’ombra è sua “sorella”. Si chiama Boqul, ha 52 anni e fino al 1995 anche lei faceva la prostituta. Da allora ha messo su, come dice lei, la sua “scuderia” di ragazze, che compra ai loro parenti, al loro fidanzato o a un’altra megera del bordello. In Bangladesh, le “protettrici” sono soprattutto donne: mezzane simili alla strega Boqul, le quali per costringere le ragazze ad accoppiarsi con chiunque, più volte al giorno, non esitano a torturarle.
Anche Boqul ci lascia entrare nella sua tana, uguale a tutte le altre, con in più un piccolo frigorifero. «In passato anch’io ho preso l’oradexon, e adesso lo do alle mie ragazze: aumenta l’appetito, loro mangiano tanto riso e diventano più carine», racconta la maîtresse bengalese. «I clienti le preferiscono così, in carne. Bastano due settimane a trasformare il corpo delle ragazze. A una quindicenne puoi dare 25 anni. Per prevenire effetti collaterali, somministro loro delle vitamine».
A Tangail diverse prostitute vivono con il loro
babu, così viene il marito o l’amante. Vediamo anche molti bambini che, una volta
cresciuti, frequentano una scuola di fronte al lupanare. «Qui si nasce e si muore, come in qualsiasi altra città», sentenzia Boqul. Oltre a conferire l’adiposità necessaria per piacere ai clienti, l’oradexon può a volte servire a dissimulare l’età delle prostitute più giovani, facilitando così il lavoro delle trafficanti e dei magnaccia, e facendo sembrare già adulte anche bimbe di 12 anni.
Halima, che ci confessa subito i suoi 16 anni, racconta di essere arrivata a Tangail 6 mesi fa, dopo la morte dei suoi genitori. Come Poppi, anche lei lavora per una mezzana. Halima però l’oradexon ha coraggiosamente deciso di non prenderlo. E le è costato caro. «Sono stata picchiata e chiusa a chiave nella mia capanna per giorni. Ma alla fine ho vinto io. Quella roba è veleno. Per fortuna sono abbastanza bella per attrarre tutti gli uomini che voglio. Questa è la mia forza», dice la ragazza.
Halima, come le altre baby-prostitute che incontreremo dopo di lei a Tangail e che si chiamano Rashme, Rosina, Tania o Jorina, sono costrette a lavorare gratis più di dodici ore al giorno, sette giorni su sette. «La mia vita fa già abbastanza schifo così. E devo anche mettermi all’ingrasso per piacere a qualche depravato, rischiando magari di ammalarmi? No, allora preferisco morire».