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 2013  febbraio 26 Martedì calendario

QUESTA SINISTRA NON VINCE NEANCHE SE GIOCA DA SOLA


È successo ancora. Le facce incredule, la realtà che va da un’altra parte, le parole che scivolano e cadono, i dati elettorali che spingono di ora in ora il partito sull’orlo del precipizio. I dirigenti del Pd che si presentano in tv sembrano tutti come Wile Coyote. Quello che è successo è facile da raccontare. Bersani e i suoi hanno cominciato questo viaggio verso il voto convinti di vincere. Era tutto già scritto. Le primarie? Un successo. I sondaggi? Con il vento in poppa. Il futuro? Scontato. Poi si comincia a contare e qualcosa non torna. Di nuovo. Come nel ’94 quando Achille Occhetto spingeva verso il nulla la sua gioiosa macchina da guerra. Come nel 2001 quando Rutelli aveva già messo lo champagne in frigo. Non solo. Quando hanno vinto con Prodi sono riusciti a suicidarsi in poche mosse. Sono quasi vent’anni che la sinistra colleziona fallimenti politici. Eppure nessuno di loro ha mai avuto la voglia di farsi una domanda: perché? Mai un vero esame di coscienza. Ma il sospetto che forse c’è qualcosa che non funziona alle fondamenta. Mai un mea culpa. Ogni volta la risposta assomiglia a una scusa. Gli italiani non capiscono. Gli italiani si lasciano incantare dai venditori di fumo. È tutta colpa delle televisioni. È saturno contro. È la sfiga cosmica. In queste ore stanno tirando in ballo la legge elettorale. È una legge del cavolo. È una legge che non permette di governare. Hollande in Francia al primo turno aveva il 27 per cento e poi si è conquistato i voti al doppio turno. Tutto vero. Questa legge elettorale fa abbastanza schifo. Solo che il Pd non ha fatto nulla per cambiarla. Nessuno si è speso sul serio per accelerare la riforma. Ora dicono che la colpa è degli altri. La veritàè che questa legge con il premio di maggioranza alla Camera faceva comodo al Pd, perché erano sicuri di vincere. È per questo che hanno traccheggiato. Il guaio del Pd, direbbe un grande allenatore di volley come Julio Velasco, è la cultura degli alibi. È quel vizio che ti fa trovare sempre una scusa per i tuoi errori. È colpa del terreno. È colpa di quello che ti ruba i voti a sinistra. È colpa del grande seduttore. È colpa degli italiani che sono patologicamente imbecilli. E se invece la colpa fosse tutta del Pd? Un partito, una cultura e una classe dirigente incapaci di dialogare con una parte rilevante del Paese.
Allora forse vale la pena ricordare quello che è successo. Sicuri per esempio che Bersani fosse il candidato giusto? Renzi poteva sfondare al centro e strappare consensi anche tra i berlusconiani indecisi e delusi. Con Renzi in gioco probabilmente il Cavaliere si sarebbe defilato. Bersani è stato sconfitto perfino a Bettole, il suo paese. E qualcosa questo vorrà dire.
Forse però c’è qualcosa di più profondo su cui riflettere. Il difetto del Pd è una sorta di presunzione antropologica che porta alla sconfitta. Fate caso alla campagna elettorale. Il Pd non ha fatto una proposta chiara. Non ha lasciato il segno. Perché? Per pigrizia, per mancanza di idee e fantasia? Non solo. A sinistra c’è purtroppo la convinzione che non si può non votare Pd. Devono governare perché sono i migliori, perché sono gli unici legittimati a farlo, perché gli altri sono il male, perché la democrazia ha un senso solo se vince la sinistra, perché sono i giusti, perché sono moralmente superiori, perché Dio lo vuole. Questo atteggiamento, questa presunzione non piace a gran parte degli italiani. E ogni volta puniscono l’arroganza di chi pretende di farsi votare senza mettersi in gioco. Questo voto ci dica una cosa con chiarezza: sotto le macchie del giaguaro non c’è nulla.