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 2013  febbraio 27 Mercoledì calendario

VICINI ALLA GERMANIA (MA ANNI VENTI)

Per cercare di capire che cosa accadrà dopo il successo elettorale del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, consiglio di leggere il libro di John Maynard Keynes scritto dopo il Trattato di Versailles che poneva fine alla prima guerra mondiale, Le conseguenze economiche della pace. La pace di cui parlava l’economista inglese imponeva alla Germania sconfitta riparazioni che ne avrebbero provocato la crisi economica, la nascita di spinte nazionaliste che, a loro volta, avrebbero portato alla caduta della Repubblica di Weimar. È una buona base metodologica e interpretativa. È sufficiente cambiare il titolo in Le conseguenze politiche e sociali della crisi economica.
Bastava averne seguito la campagna elettorale per capire che Grillo aveva ricalcato il modello, nei toni, nella tecnica di una campagna solo per distruggere l’esistente che per creare un futuro diverso. In Germania, allora, una propaganda siffatta aveva prodotto Hitler. Da noi, ha portato i seguaci di un comico. A ciascuno il suo e noi teniamoci il nostro. Gli equilibri in Parlamento, la governabilità del Paese, il futuro del suo sistema politico dipenderanno, però, dalle modalità di comportamento che il Movimento 5 Stelle adotterà. Se appoggerà il Partito democratico, ne sortirà un governo di sinistra — il Movimento 5 Stelle è demagogicamente di sinistra — e il Paese sarà più o meno governabile. Forse aumenterà la spesa pubblica e, con essa, la tassazione; ci sarà una maggiore incidenza dello Stato sull’economia e una contrazione degli spazi del mercato libero. Sarà la forza dei fatti a fare dell’Italia un Paese povero.
Se, invece, il Movimento 5 Stelle non andrà al governo col Pd e, come è probabile, farà un’opposizione dura quanto quella della sua campagna elettorale, il Parlamento sarà ingovernabile, si andrà a nuove elezioni entro tempi ragionevoli, Grillo prenderà un’altra barca di voti e il sistema politico salterà. Non sarebbe necessariamente un male e neppure necessariamente un bene. Tutto dipenderà dalla saggezza della classe politica che subentrerà a quella attuale. Nella migliore delle ipotesi, avremmo, anche noi, la nostra Algeria, una crisi analoga a quella che consentì alla Francia di passare dalla Quarta alla Quinta repubblica.
Che piaccia o no, l’Italia, oggi, assomiglia alla Germania degli anni Venti. Non siamo sull’orlo di una tirannia, ci mancherebbe; ma su quello di una grave crisi politica, economica e sociale dalle conseguenze imprevedibili e con molte probabilità che il rischio si concreti. Se fossimo andati alle elezioni dodici mesi fa, le avrebbe vinte il Partito democratico, ma non ci sarebbe stato in Parlamento un così massiccio, e condizionante, manipolo di parlamentari che contestano il sistema politico. Il cui futuro è in grembo a un comico che si è messo a far politica al grido «tutti a casa». Non che i partiti non lo meritassero, ma resta il fatto che — pur avendo salvato la pelle — sono ora nelle mani di chi li vuole cacciare. Si parla già, in nome della «governabilità» — un vero e proprio feticcio, la domanda giusta essendo: quale governo e con quali programmi? — di un possibile «governo di unità nazionale». Sanzionerebbe la crisi della democrazia rappresentativa, dove due forze antagoniste si contendono il governo attraverso libere elezioni.
Piero Ostellino