Armando Torno, Corriere della Sera 27/02/2013, 27 febbraio 2013
E SE IL SUCCESSORE SI CHIAMASSE BENEDETTO XVII?
Il conclave non è ancora iniziato ma già si pone un quesito: che nome sceglierà il prossimo Papa? Tentiamo delle ipotesi prendendo in esame gli ultimi due secoli. Cominciando da Benedetto, nome del pontefice uscente.
Se il futuro successore di Pietro sarà Benedetto XVII, è inevitabile dedurre una continuità con gli otto anni del pontificato di Ratzinger. Magari per portare a termine progetti intrapresi o la stessa riforma della curia romana; comunque non capovolgimenti. Il latino «XVII», corrispondente al nostro 17, considerato nefasto nel linguaggio comune — manca come posto sugli aerei e si salta volentieri nei grattacieli: è l’anagramma di vixi, vissi, sono vissuto — non dovrebbe essere tale per la Chiesa. In fondo, i Dieci Comandamenti sono composti in 17 versi al 20° capitolo dell’Esodo.
Un altro nome, vivente nel ricordo dei più, è Giovanni Paolo. Se il I regnò poco più di un mese, il II sedette sul trono di Pietro per quasi 27 anni, mutando non poche prospettive. In tal caso, il III dovremmo considerarlo un pontificato di continuità con quest’ultimo, giacché papa Luciani, Giovanni Paolo I, ebbe troppo poco tempo per definire la sua politica. Con Giovanni Paolo II, tra l’altro, crollò il socialismo reale e si avviò la rivoluzione delle comunicazioni: in entrambi i casi egli fu protagonista. E Paolo VII? Papa Montini, ovvero Paolo VI, scelse tale nome perché suggeriva una grande apertura apostolica. Il suo predecessore, Giovanni XXIII, amava chiamarlo, quando era ancora lontano dal soglio ma frequentava i sacri palazzi, «il nostro Amleto». Timido, di salute delicata, coltissimo e profondo: fu il Papa che si rivolse direttamente alle Brigate Rosse durante i giorni del sequestro Moro, che chiuse il Concilio governando la Chiesa nelle svolte epocali degli anni Sessanta, che avviò il Segretariato per i non credenti (1965). Eccetera dovremmo aggiungere. Paolo VII non sarebbe nome facile da portare. A lui potrebbe ispirarsi un successore che vede nella cultura il punto di forza per il futuro della fede. È possibile in un mondo in cui l’economia è considerata la sola cultura?
Giovanni XXIII (1958-63) resta per noi il Papa del Vaticano II. Un successore con il numero XXIV? Un pontefice che, come auspicava il cardinale Martini, potrebbe riconvocare un concilio? Non è facile rispondere a un simile quesito. Di certo Angelo Giuseppe Roncalli, scegliendo l’apostolo, ridiede continuità a una tradizione interrotta con Giovanni XXII, che morì nel 1334, e tolse l’ipoteca al nome, causata dall’antipapa Giovanni XXIII (deposto nel 1415).
Il nome Pio, che si è interrotto con XII nel 1958, ma che annovera ben sei pontefici tra l’Ottocento e il Novecento, rappresenta forse troppe cose. Pio VII (1800-23) subì la prigionia con Napoleone, Pio IX (1846-1878) vide finire con il suo pontificato — il più lungo della storia — il potere temporale dei Papi, Pio X (1903-14) assunse questo nome perché considerò i suoi predecessori dei perseguitati e condannò le nuove tendenze moderniste, Pio XI (1922-1939) fu l’artefice dei Patti Lateranensi e il primo pontefice a usare la radio per scopi pastorali. Certo, Pio XIII sarebbe considerato un conservatore, custode della tradizione pre-conciliare, in linea con il pontificato di Pio XII (1939-58).
Leone, invece, è in attesa dal 1903, quando morì papa Pecci, ovvero Leone XIII, l’artefice della Rerum novarum (il giusto salario e i diritti dei lavoratori, che in essa sosteneva, ritornano di attualità). Certo, vietò nuovamente ai cattolici di partecipare alle vita politica, come era stato stabilito da Pio IX con il decreto Non expedit, ma aprì gli archivi vaticani agli studiosi di qualunque credo. Un Leone, insomma, sarebbe di buon auspicio. Meglio di Gregorio — l’ultimo, il XVI, morì nel 1846 — il cui pontificato oggi sembra una lotta al servizio dei reazionari. Belli gli voleva bene «perché mi permette di dir male». Ma tale nome sembra una corsa indietro nel tempo. Nessuno, comunque, dovrebbe osare chiamarsi Pietro II: per rispetto al primo Papa. Almeno, fino ad oggi, nessuno l’ha fatto.
Armando Torno