Franco Bechis, Libero 26/2/2013, 26 febbraio 2013
ORA NAPOLITANO POTREBBE DIMETTERSI PRIMA
Giorgio Napolitano ha una via obbligata: fare provare a chi ha la maggioranza alla Camera a formare un governo provando alleanze sulla carta impossibili al Senato. Al momento in cui andiamo in stampa con questa edizione di Libero il candidato di prassi dovrebbe essere Pier Luigi Bersani. Ma da qui a quel giorno ancora molta strada resta da percorrere. E non pochi fatti debbono ancora accadere. Il primo avverrà fra oggi e venerdì a Berlino, dove improvvidamente si è recato Napolitano per incontrare Angela Merkel, con cui discuterà il complicato risultato elettorale italiano. Il secondo fatto avverrà a Roma: prima di dare qualsiasi incarico il presidente della Repubblica dovrà attendere la formale convocazione delle nuove Camere, la formazione dei gruppi parlamentari e soprattutto l’elezione dei presidenti di Camera e Senato. E palazzo Madama sarà il primo banco di prova politico, perché qui nessuno sarà in grado di dare le carte e avanzare qualche tipo di pretesa. Non sarebbero in grado di eleggere un presidente Pd Sel e Monti insieme, né Pdl e Monti. Per trovare un presidente del Senato sarà necessario o che uno dei due grandi partiti (Pd e Pdl) si allei con il Movimento 5 stelle o che i due stessi grandi partiti trovino insieme un candidato. Da quella elezione si potrà capire anche qualcosa del prossimo governo. Stesso copione qualche settimana più tardi dovrà seguirsi per l’elezione del nuovo capo dello Stato. Ed è il punto più delicato per Napolitano oggi. Potrebbe essere un rischio grosso per l’Italia avere in contemporanea una assenza di guida sia politica che istituzionale. Ma sarebbe meno difficile trovare un accordo sul nuovo governo se prima fosse necessario trovare una intesa sia sull’elezione del presidente del Senato che su quella del presidente della Repubblica. La permanenza in carica di Napolitano fino all’ultimo giorno del suo mandato quindi rischia di complicare una soluzione politica, mentre eventuali sue dimissioni anticipate di poche settimane (assai meno dell’anticipo che scelse Francesco Cossiga nel 1992) potrebbero rendere meno difficile la composizione del nuovo governo, e la sola alleanza che la sera dello spoglio sembra possibile: il governissimo.
Quali sono i nomi che potrebbero entrare in campo per trovare una soluzione? Al Senato il Pdl dovrebbe riproporre Renato Schifani. Il Pd dovrebbe puntare su Anna Finocchiaro. Se non convincono l’altra parte dovrebbero andare su un candidato non appartenente ai due schieramenti. Escluso il movimento 5 stelle, non fosse per l’inesperienza dei suoi candidati. Resterebbe praticamente una sola scelta: quella di Mario Monti, non come leader del suo gruppo, ma come senatore a vita (ed è il solo senatore a vita che potrebbe farlo). Per la successione di Napolitano le scelte più quotate in questa condizione politica sono due: la prima è proprio la riconferma dell’attuale inquilino del Quirinale, che verrebbe scelto come ipotesi straordinaria in una situazione straordinaria. La seconda è quella di un candidato di esperienza e non sgradito a nessuno dei due principali schieramenti, e in questo caso il più quotato sarebbe Giuliano Amato.
All’interno del centro sinistra già ieri sera invece c’era chi ventilava l’ipotesi di un pressing immediato per portare il Quirinale a sciogliere il Senato e indire nuove elezioni. Questo sarebbe impossibile con l’attuale presidente della Repubblica: è in semestre bianco e non ha il potere di sciogliere né una, né due Camere. Per trovare un suo successore che ha potere di scioglimento ci vuole un accordo Pd-Pdl, che non ci sarà mai se la prospettiva è quella mettere fine subito alla legislatura. Impraticabile ovviamente a quel punto lo scioglimento del solo Senato. Primo perché non ci sarebbe alcuna garanzia che gli italiani con un secondo voto diano la maggioranza assoluta lì al Pd: assai più probabile che la diano a Beppe Grillo o Silvio Berlusconi, rendendo tutto ancora più complicato di prima. Secondo perché la coalizione di centrosinistra anche alla Camera ha avuto un risultato pessimo: il premio di maggioranza del Porcellum in questo caso raddoppia quasi i voti ottenuti dagli italiani. È la soluzione del dopo Napolitano dunque l’unica strada che potrebbe fornire una strada per il governo. Anche Pd e Pdl da soli avrebbero la maggioranza in entrambe le camere, dando per scontato che non sarebbero della partita né la Lega né Sel. La paura di Grillo sarebbe la medicina in grado di mettere le ali al governissimo. Quel che manca però è il candidato a guidarlo…