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 2013  febbraio 25 Lunedì calendario

INSULTI E BANANE, UN BERSAGLIO DI NOME MARIO

[Balotelli nervoso e sciupone. E dopo le offese un gesto alla curva] –
MILANO
Roba sporca, roba brutta e grezza, la notte di Balotelli si gonfia subito di cattiveria e il ragazzo ci naviga dentro, vi s’immerge come se fosse il mare, quasi un elemento naturale per quanto odioso. Mario va incontro al suo destino di nemico e traditore, qui le parole non si misurano né si pesano, questa è l’arena del derby e il ragazzo lo sa, se l’aspettava. Arriva presto, insieme ai compagni ma isolatissimo, le enormi cuffie rosse gli sparano musica nei timpani e altri mondi, altre remote possibilità. Proverà a farle durare fino a notte fonda, invano.
La gente può essere terribile. Ed ecco che attorno al ragazzo vorticano insulti su madri naturali e madri adottive, la curva nerazzurra tira fuori enormi banane gonfiabili e comincia a sventolarle, uno striscione gli insolentisce la figlia piccola non riconosciuta, nel calcio più trucido non c’è pietà neppure per i neonati. E poi giochi di parole malefici, inviti ad abbassare la cresta, striscioni che sono postit per non dimenticare l’infamia di quella maglia nerazzurra scaraventata a terra nel 2010, massimo segno di spregio. Il ragazzo non si scompone per un’ora, poi farà un gesto di sfida alla Nord, un dito davanti alle labbra, interviene Zanetti e gli dice di mollarla, di stare calmo, mentre Cambiasso vorrebbe farsi giustizia per un paio di colpi di tacco irriverenti, poi però invita lo stadio a placarsi. Per tutta risposta, i tifosi del Milan cantano “salta con noi/Diego Milito”, così si offende un ginocchio sfasciato e poi ce n’è anche per Cassano, “uomo di m.”, pure lui intruppato negli incroci degli ex, nella faida dei cuori abbandonati.
«Balotelli tra i nostri grandi doppi ex? Beh, la storia di Ronaldo e Ibra è stata diversissima, con loro abbiamo vinto molto», dice Massimo Moratti per sottolineare, anche, la marginalità del ragazzo nell’anno delle tre memorabili imprese. Ed è chiaro da subito che sarà la notte di uno contro tutti, il corpaccione di Balotelli tra i flutti della partita, trascinando avversari come relitti di naufragio, l’onda glieli porta sempre addosso e sempre lui li rimanda lontano.
Si tratta comunque di giocare a pallone, di battersi. E la solitudine di Balotelli si esprime in quattro gesti quasi successivi, in mezzo ai cori contro sua madre. Primo gesto: un controllo sbagliato, impaccio forse d’emozione. Secondo gesto: il colpo di testa che il portiere dell’Inter
para chissà come, la palla respinta sale e poi scende, picchiando sull’erba ma dentro il campo. Terzo gesto: il piede arriva in ritardo all’impatto col pallone, tiro debole e centrale. Quarto gesto: calcio di punizione tesissimo, ancora Handanovic glielo smanaccia via. Si è soli contro tutti, e contro qualcuno di più.
Però le cose davvero importanti del derby accadono lontano da Balotelli. Assiste al gol bellissimo di El Shaarawy senza entrare nell’azione, ovviamente
non c’entra nulla nel pareggio di Schelotto, una criniera dopo tante creste. Mario è un corpo da combattimento e l’area è il suo ring. Nel secondo tempo gli tocca giocare proprio sotto la Nord, e l’insulto della gradinata è come un vomito d’aria, saturo di parole brutte e rumori. Il ragazzo si piazza di fronte ai suoi vecchi tifosi e si mette il dito davanti alla bocca, provando a zittirli. C’è chi vede un gestaccio: il risultato è solo un boato più grande, una marea d’aria che ancora sbraita su madri e figlie,
ancora si agitano quelle orribili banane giganti. Il coro più buio per chi fu adottato, sempre quello, “Balotelli figlio di p.” va avanti fino alla fine, scandisce ogni corsa del ragazzo e prosegue anche dopo che l’arbitro ha fischiato. Mario a questo punto si paralizza, guarda quelli che lo offendono ed esce dal campo camminando all’indietro, occhi negli occhi della curva senza mai abbassarli. L’aria densa di fumogeni dà la nausea. Non solo lei.