Paolo G. Brera, la Repubblica 25/2/2013, 25 febbraio 2013
“CI SONO PROVE SCHIACCIANTI VEDRETE CHE AL PROCESSO PISTORIUS SARÀ CONDANNATO”
[Parla Botha, il detective rimosso: “Nessun errore”] –
PRETORIA
— Imprecisioni incredibili, errori banali, omissioni gravi: il detective Hilton Botha è una persona dai modi affabili, gentilissimo; ma stando alla reprimenda che gli ha affibbiato il giudice Desmond Nair nel preliminare della sentenza con cui ha concesso la libertà a Oscar Pistorius, a quanto pare non ne ha combinata una giusta nelle indagini sul delitto di Reeva Steenkamp.
L’hanno coperta di vergogna.
Un po’ se lo merita?
«No, nessuna vergogna. Non direi proprio, la verità è che ho salvato le indagini. Lo vedrete al processo ».
In che senso? Cosa vedremo?
«Le prove solidissime che abbiamo già raccolto e che non potevo certo mettere sul tavolo in un’udienza per la cauzione».
Veramente è stato rimosso per incompetenza.
«Non è così. Per preparare il processo nel modo migliore, le indagini sono state affidate a un generale che lavora con una squadra preparatissima, mentre io ero praticamente solo. E’ una decisione giustissima. Sono sicuro che il generale e il suo team potranno fare un ottimo lavoro».
Intanto mezzo mondo la addita come il colpevole del fallimento dell’accusa.
«Molti non hanno capito che questo non è il processo, erano solo le udienze per la concessione della libertà su cauzione. Siamo ancora in una fase delicata, molte delle prove d’accusa si stanno formando, non abbiamo ancora i risultati della perizia balistica e dell’autopsia. Eravamo perfettamente coscienti che il giudice avrebbe potuto concedere la cauzione, ma noi lavoriamo per arrivare forti al processo».
Ha risposto in modo vago e pasticciato a domande molto precise della difesa.
«Secondo lei cosa avrei dovuto fare, rischiare di indebolire l’accusa al processo rivelando alla difesa le carte migliori che abbiamo nel mazzo? Sapevo che non avrei fatto una gran figura, ma potevo solo tacere o rispondere in modo vago. Ho fatto un po’ una cosa e un po’ l’altra ».
Avete citato testimonianze fondamentali, poi si è scoperto che abitano lontano e non si sa bene quanto. Prima ha detto 600 metri, poi trecento, poi forse meno...
«Ecco, appunto. Posso rischiare che il team agguerrito della difesa e la famiglia Pistorius li identifichi e provi a farli ritrattare prima del processo? Le posso garantire che sono testimonianze molto, molto credibili e precise, e che non esiste alcun problema di distanza. Non posso entrare nel merito delle indagini, mi avevano anche vietato di parlare con la stampa... ma la difesa ha trasformato queste udienze per la libertà condizionata in una specie di processo vero e proprio. Sono una squadra e sono attenti a tutto, hanno lavorato per costruire un’immagine con la stampa e per togliere i riflettori dall’imputato spostandoli su di me. Mi hanno chiesto dettagli sulla balistica e sul corpo di Reeva e non potevo che essere generico: senza perizie non potevo che fare il vago. Non sono domande che riguardano le udienze sulla cauzione».
Però non vi siete accorti che c’era un quinto telefono, avete dimenticato di repertarlo.
«Ne abbiamo trovati quattro. Il quinto, quello da cui era partita la telefonata alla sicurezza, è stato portato fuori dalla scena del delitto ».
A chi appartenevano?
«Uno a Reeva, gli altri tre a Pistorius. E apparteneva all’imputato anche il quinto, quello portato fuori ».
Molti sospettano che un sms ricevuto da Reeva nella notte possa essere stato il movente del delitto. Li avete analizzati? Potete ricostruire se sono stati cancellati?
«Su questo argomento non posso dire nulla. E’ un altro importante elemento delle indagini che porteremo
al processo».
E’ vero che la porta di casa non era chiusa a chiave?
«Sì, un testimone e la sicurezza dicono che era chiusa senza dare i giri. Chiunque avrebbe potuto aprirla».
Quando pensa che finiranno le indagini? Quando inizierà il processo vero e proprio?
«Se le indagini fossero ancora affidate a me ci vorrebbe tempo, ma il team del generale farà molto prima. Non mi stupirei se si andasse a processo entro l’anno, vista l’importanza del caso. In casi analoghi ma di persone comuni normalmente ci vogliono due o tre anni».
Non pensa che sarà difficile dimostrare l’omicidio premeditato, al processo?
«Abbiamo chiesto di procedere per omicidio premeditato e confermo questa scelta. Al processo mostreremo tutte le carte e lo dimostreremo. Abbiamo già molti assi, in tasca. Molti più di quelli che avete visto fino a ora».