VARIE 26/2/2013, 26 febbraio 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - IL QUADRO POLITICO
REPUBBLICA.IT
RISULTATI DELLE POLITICHE 2013
• SENATO DELLA REPUBBLICA
CENTROSINISTRA (31,60%) 119 SEGGI
così ripartiti: Pd (27,43%) 105; Sel (2,97) 7; Svp-Patt-Pd-Upt (0,5%) 3; Svp (0,3%) 2; Megafono-Lista Crocetta (0,45) 1; Pd-Svp (0,2) 1.
CENTRODESTRA (30,66%) 117 SEGGI
così ripartiti: Pdl (22,3%) 98; Lega Nord (4,33) 17; Grande Sud (0,39) 1; Pdl-Lega (0,2) 1.
MOVIMENTO 5 STELLE (23,79%) 54 SEGGI
CON MONTI PER L’ITALIA (9,13%) 18 SEGGI
ALTRE LISTE (Vallèe d’Aoste) 1
CIRCOSCRIZIONI ESTERE 6 SEGGI
così ripartiti: Pd 4, Monti 1, Movimento Associativo Italiani all’Estero 1
• CAMERA DEI DEPUTATI
CENTROSINISTRA (29,5%) 340 SEGGI
così ripartiti: Pd (25,4%) 292 seggi; Sel (3,2) 37; Centro democratico (0,5) 6; Svp (0,4) 5.
CENTRODESTRA (29,1%) 124 SEGGI
così ripartiti: Pdl (21,6%) 97 seggi; Lega Nord (4,1%) 18 seggi; Fratelli d’Italia (2%) 9.
MARIO MONTI (10,5) 45 SEGGI
così ripartiti: Scelta civica (8,3) 37; UdC (1,8) 8; Fli (0,5) 0.
MOVIMENTO 5 STELLE (25,5) 108 SEGGI
DICHIARAZIONI DI BERSANI (Corriere.it)
La faccia è scura. Preoccupata. Tirata. È il momento di Pier Luigi Bersani. Il primo commento del segretario del Pd dopo i risultati delle elezioni. Si parte con una ammissione: «È chiaro che chi non riesce a garantire governabilità non può dire di aver vinto. Non abbiamo vinto anche se siamo arrivati primi e questa è la nostra delusione». E sono «due elementi di fondo» che secondo Bersani hanno influito: «Il primo della crisi: la recessione più grave del dopoguerra a oggi. E la disoccupazione giovanile». Ma soprattutto «c’è stato un rifiuto della politica così come si è presentata in questi anni, di istituzioni inefficienti e di una politica apparsa moralmente non credibile».
I PUNTI DEL PD - Il pallino, per ora, è in mano al Pd. Ed elenca i tre punti da cui non vuole prescindere. «Perché non è l’ora della diplomazia». Dunque i temi da affrontare per la prossima legislatura sono riforme istituzionali, quella «della politica e dei suoi costi, poi la legge sui partiti e una moralità pubblica e privata». Un programma essenziale. Perché Bersani dice di no «a discorsi a tavolino su alleanze. Ognuno si deve prendere le responsabilità in Parlamento».
IN PARLAMENTO E IL PDL - Una certezza c’è: «Bisogna cambiare». Per questo lui vuole fare un «governo di cambiamento». Anzi, «di combattimento». E su una cosa chiarisce: «No a discorsi a tavolino sulle alleanze». Per questo «consegneremo al presidente della Repubblica le nostre impressioni. Le nostre valutazioni. E alla fine sarà lui a dire chi è in grado di poter fare il governo in questo passaggio difficile». In ogni caso «noi ci rivolgeremo al Parlamento». Quindi è escluso un «governissimo con il Pdl». Certo, «ci confronteremo ma non penso che atteggiamenti diplomatici corrispondano al cambiamento che dicevo, dobbiamo ribaltare lo schema, non credo che il paese tolleri balletti di diplomazia... si riposassero».
IL M5S - Scartata dunque una possibile alleanza con il Pdl, Bersani guarda a Grillo che per stessa ammissione del segretario è il primo partito. Quindi, «ora è lui che ci deve dire che cosa vuole fare». E attende «l’insediamento del Parlamento. E lì ci saranno le possibilità istituzionali». Per le presidenze di Montecitorio e Palazzo Madama, Bersani si dice «favorevole alla co-responsabilità. Il Movimento 5 Stelle è primo alla Camera. Ciascuno si prenda le sue responsabilità». Ma su una cosa chiarisce: «Certamente un’Italia che si staccasse dall’Europa sarebbe un disastro, questa è matematica non è un’opinione». Certo, altro discorso è «se si dice che bisogna chiedere una rivisitazione della politica economica e ci sono proposte dei progressisti».
RENZI E LE DIMISSIONI - A chi gli chiede se non era meglio far correre Renzi, lui risponde «Non so se avremmo vinto. Io ho fatto le primarie. Di più non potevo fare». E se nella mattinata erano circolate voci su un suo possibile passo indietro dalla segreteria di partito, Bersani chiarisce: «Al 2013 c’è la scadenza naturale, al Congresso deve girare la ruota, l’ho sempre detto. Non ho pensato altre cose, spero che da queste frequentazioni si sarà capito che non sono uno che abbandona la nave».
DICHIARAZIONI DI GRILLO (CORRIERE.IT)
«Chi mi piacerebbe al Quirinale? Dario Fo, è un premio Nobel, è una mente aperta, ha una lucidità fantastica». Così il leader del Movimento Cinque Stelle ha rivelato ai giornalisti, incontrandoli davanti alla sua casa di Sant’Ilario, a Genova, le sue idee per il prossimo Presidente della Repubblica. «Ha capito il senso del Movimento, ha voluto parlare con loro», ha aggiunto. Ma il candidato «in pectore» ha declinato l’invito: «Una cosa assurda ma bella», ha detto commentando la dichiarazione di Beppe Grillo. «Mi fa piacere. È un atto di stima, ma ci vogliono forze inaudite, non ho le possibilità fisiche e psichiche». Quanto al successo del M5S, Fo ha ammesso: «in queste dimensioni non ce lo aspettavamo neppure noi». «Troppo vecchio», si schernisce dunque il premio Nobel, per salire al Quirinale. Ma approfitta del momento per suggerire a Grillo di «allearsi con il Pd», in quello che sembra un tentativo di ricucire uno strappo aperto con la «salita» sul palco in Piazza San Giovanni, in chiusura della campagna elettorale.
NO ALLA GRANDE COALIZIONE Grillo, da parte sua, ha concesso non più di sei o sette mesi di vita ad una «grande coalizione». «Pd-Pdl insieme dureranno 7-8 mesi, non di più. È l’economia che non gli darà scampo, chiudono 1000 imprese al giorno. Non abbiamo PIù grandi imprese come a Ivrea, Biella e Alessandria. Questa è una guerra generazionale, siamo un popolo di vecchi».
DA NAPOLITANO - E da Giorgio Napolitano per le consultazioni «andrò io», ha anticipato il comico genovese. «Nei prossimi giorni assisteremo a una riedizione del governo Monti con un altro Monti. L’ammucchiata Alfano, Bersani, Casini, come prima delle elezioni. Il M5S non si allea con nessuno come ha sempre dichiarato, lo dirò a Napolitano quando farà il solito giro di consultazioni». Cosa dirà a Napolitano? «Bè, devo vedere. Sono personaggi che fanno parte della storia». Aspetta che crolli tutto? «No, è già crollato tutto». Il presidente della Repubblica «noi lo voteremo online con il movimento». E poi: «La Costituzione? Non è perfettissima». Un Beppe Grillo che, per una volta, si concede a cronisti e telecamere, fuori dal cancello di casa. E lo fa innanzitutto per escludere alleanze. «Non è il momento di parlarne. Vedremo legge per legge, riforma per riforma», ha aggiunto il leader di M5s.
ACCORDI - Il tema delle alleanze ha condizionato un po’ tutta la giornata post voto. Silvio Berlusconi, in mattinata, ha aperto a un possibile accordo Pd-Pdl: «Dobbiamo riflettere sul bene dell’Italia», ha detto rispondendo a una domanda di Maurizio Belpietro a La telefonata su Canale 5, lasciando intuire che non si sottrae all’ipotesi di un governo con il Pd. Ha poi sottolineato che «il ritorno al voto non sarebbe utile in questa situazione (il 15 aprile le Camere devono riunirsi per eleggere il successore di Giorgio Napolitano al Quirinale, ndr)» e che «dobbiamo tutti approntarci a fare qualche sacrificio». «Credo che l’Italia non possa non essere governata», ha sostenuto l’ex premier. Certo che, «se non ci fossero stati i vari Giannino o Casini, che hanno sottratto voti alla coalizione dei liberali e dei moderati, avremmo vinto». Il Cavaliere ha invece escluso l’ipotesi di un accordo con Mario Monti, che «con l’applicazione di una politica di sola austerità ha messo l’Italia in una condizione pericolosa, in una spirale negativa che ha portato all’aumento del debito e della disoccupazione e alla chiusura di mille imprese al giorno».
«NO AMMUCCHIATE» - Ma anche in ambienti del centrodestra che cominciano a parlare di un possibile «governissimo», che unisca Pd e Pdl per le riforme (escludendo però la possibilità di leadership di Pierluigi Bersani), c’è chi storce il naso: Ignazio La Russa, per esempio, eletto alla Camera con Fratelli d’Italia: «Non è un’ammucchiata - cinguetta su Twitter - che può rispondere ai problemi d’Italia».
NO ACCORDO - Davanti alla paralisi che si è creata al Senato, insomma, anche il Pd in queste ore cerca di capire come muoversi. Al momento, la risposta dei «democrats» all’apertura di Silvio Berlusconi sembra essere un no deciso. «Non faremo governi con chi è responsabile del disastro in cui ci troviamo», sostiene il vice presidente del partito Marina Sereni. Tutti nel Pd aspettano di capire la proposta che oggi pomeriggio Pierluigi Bersani farà e, continua Sereni, «sarà una proposta di cambiamento, che si rivolge a tutto il Parlamento ma in primo luogo al Movimento Cinque Stelle». Dello stesso parere Stefano Fassina, responsabile economico del partito: «Per quanto mi riguarda assolutamente no» a un’eventuale alleanza Pd-Pdl.
GOVERNO DI SCOPO O DI MINORANZA - Più accreditata l’ipotesi di un «governo di scopo», in grado - anche grazie ai voti grillini - di cambiare la legge elettorale prima di tornare alle urne. O di un «governo di minoranza», evocato da Anna Finocchiaro, che ha escluso la possibilità che si arrivi a larghe intese (guarda il video). Così come Pippo Civati, eletto in Lombardia alla Camera. «Per capirci - scrive l’ex rottamatore sul suo blog - la proposta, l’unica possibile, è che il Pd, che ha la maggioranza relativa, si presenti con un governo di minoranza. Proponga una riforma elettorale, una norma sul conflitto d’interessi e contro la corruzione e una misura di liberalizzazione e rilancio dell’economia e poi porti il Paese al voto».
BERSANI - Il compito di fare la prima mossa spetta comunque al segretario del Pd, che nella conferenza stampa convocata per martedì pomeriggio ha liquidato le aperture del Pdl con un «i confronti si faranno in Parlamento». Prima degli accorgimenti diplomatici, ha aggiunto bisogna «occuparsi dei problemi serissimi di questo Paese». Prima dell’appuntamento con i giornalisti, l’unico commento del leader Pd al responso delle urne è stato un tweet nella notte: «È evidente a tutti che si apre una situazione delicatissima. Gestiremo le responsabilità che queste elezioni ci hanno dato nell’interesse del Paese». E sempre via social media , in seguito aveva detto: «mi rivolgerò anche al M5S».
MERCATI - La soluzione più indicata per evitare il caos e l’instabilità - e quella che sarebbe maggiormente apprezzata dai mercati - sembra però essere quella di una grande coalizione che unisca Pd, Pdl e centro montiano. È quanto emerge dai primi rapporti diffusi in mattinata dalle banche internazionali per analizzare i risultati delle urne.
«NO AD ALLEANZE» - Soluzione a cui, appunto, si è opposto il leader del M5S: «Faranno un governissimo pdmenoelle-pdelle. Noi siamo l’ostacolo. Contro di noi non ce la possono più fare, che si mettano il cuore in pace», ha detto Grillo sul suo sito alle 2 della scorsa notte. Insieme a un ringraziamento particolare ai delegati di lista «per il loro lavoro enorme». Anche il documento pubblicato sul sito del Movimento 5 Stelle esclude esplicitamente «alleanze con altri partiti o coalizioni»: il «niet» alle intese fa parte del Dna di M5S, si legge, nero su bianco, nel codice di comportamento dei parlamentari eletti: «I gruppi parlamentari non dovranno associarsi con altri partiti o coalizioni o gruppi se non per votazioni su punti condivisi».
Antonella De Gregorio
DICHIARAZIONE DI ROBERTO CASALEGGIO (CORRIERE.IT)
BOLOGNA - «Gianroberto Casaleggio è preoccupato per la situazione del paese, ma felicissimo del risultato del Movimento». È il racconto di Massimo Bugani, capogruppo dei grillini in Comune a Bologna che ha sentito il braccio destro di Beppe Grillo ieri al telefono: «È assolutamente contentissimo, è un risultato straordinario», ha spiegato Bugani. Il consigliere comunale è da sempre considerato uno degli uomini più vicini al guru del M5S. Questa mattina intervistato dall’emittente bolognese E-Tv’ ha concluso il ragionamento: «Essendo una persona consapevole e coscienziosa, anche lui vive con una certa preoccupazione che il Paese sia in stallo»
DICHIARAZIONE DI NICHI VENDOLA (CORRIERE.IT)
«Tutti ci dicevano di guardare Monti. Monti è uno sconfitto. Grillo è il vero vincitore delle elezioni. Non basteranno alleanze posticce». Lo ha scritto Nichi Vendola su Twitter.
BERLUSCONI PARLA CON BELPIETRO A CANALE 5
ROMA - Un risultato che sta stretto e che, soprattutto, porta a guardare a nuove alleanze. Il giorno dopo le elezioni, Silvio Berlusconi apre all’accordo Pd-Pdl: "Dobbiamo riflettere sul bene dell’Italia", ha detto rispondendo a una domanda di Maurizio Belpietro a La telefonata su Canale 5. E non ritiene percorribile la strada di nuove votazioni, mentre insiste sulla necessità di un sacrificio comune: "Dobbiamo tutti approntarci a fare qualche sacrificio - ha detto -. Credo che l’Italia non possa non essere governata". Ma i vertici del Pd respingono l’invito al mittente. Nessun governissimo con il Pdl: il Cavaliere non dà garanzie di affidabilità e con lui non c’è un terreno comune sul piano dell’azione di governo. Senza contare, che un accordo con il ’giaguaro’ avrebbe effetti devastanti sull’elettorato.
Su una posizione molto più rigida nei confronti del Pd resta il segretario del Pdl, Angelino Alfano, che esclude qualsiasi apertura: "’Abbiamo visto le dichiarazioni di Bersani riguardo il futuro del nostro Paese e del governo e non abbiamo riscontrato né futuro né governo. Si tratta di dichiarazioni in puro stile politichese. Dovrebbe assumersi la responsabilità di essere concreto, di fare una proposta concreta’’, ha detto e sulla porta chiusa dal leader Pd al governissimo: "Nessuno gli aveva chiesto di aprirla- ha aggiunto Alfano- se vuole collaborare con i grillini, facciano pure, vediamo dove porteranno il Paese".
Sull’ipotesi di un’alleanza Pd-Pdl Grillo è già pronto alla battaglia: "Faranno un governissimo Pdmenoelle - Pdelle. Noi siamo l’ostacolo. Contro di noi non ce la possono più fare, che si mettano il cuore in pace", ha scritto il leader del Movimento 5 Stelle su Twitter.
Pronostici falliti. Il Cavaliere, che fino alla vigilia aveva ribadito in ogni occasione la certezza della vittoria, non nasconde la sorpresa per il responso delle urne, ma non teme, al contrario di Angelino Alfano, che ha già chiesto di procedere al riconteggio, ci siano stati brogli: "Noi - ha spiegato Berlusconi - avevamo dei sondaggi che ci davano lievemente davanti al Pd alla Camera e immaginavamo che saremmo stati noi a vincere il premio di maggioranza. Invece è davanti il Pd, e la cosa ci è sembrata strana perché in genere i nostri sondaggi sono aderenti alla realtà"
Nessun accordo con Monti. Berlusconi esclude invece un accordo con Monti: "Non credo - dice - con l’applicazione di una politica di sola austerità ha messo l’Italia in una condizione pericolosa, in una spirale negativa che ha portato all’aumento del debito e della disoccupazione e alla chiusura di mille imprese al giorno".
L’invenzione ’spread’. Il Cavaliere continua a ritenere lo spread un elemento poco significativo, un’invenzione della quale si può fare a meno: "Smettiamola con questa storia dello spread. Abbiamo vissuto felicemente per tanti anni senza lo spread. È un’invenzione di due anni fa, continuiamo a farne a meno - ha detto -. Si tratta di uno o due punti di interessi, perché dobbiamo sempre confrontarci con la Germania?".
Campagna gloriosa. Il leader del centrodestra è, comunque, soddisfatto per l’andamento della campagna elettorale: "Non ho nulla da rimproverarmi, ho condotto la campagna elettorale dal primo all’ultimo minuto strenuamente, avevano detto che avrei evitato le fosse dei leoni e invece sono andato da Santoro e dalla Annunziata. Mi spiace soltanto di non essere potuto andare nelle piazze dopo che i carabinieri me lo hanno sconsigliato". E su Grillo non ha dubbi: "’Mandiamo a casa tutti’, diceva: alla fine non hanno mandato a casa nessuno, ma hanno aiutato la sinistra".
QUELLO CHE PENSA BERLUSCONI SECONDO HUFFINGTON POST
“Abbiamo fatto una rimonta straordinaria, con questi numeri siamo determinanti. Dovranno venire a patti con noi”. L’operazione pareggio è compiuta. Con un Senato ingovernabile, dove non c’è maggioranza possibile. Un risultato che per Silvio Berlusconi vale una vittoria. Perché stavolta l’obiettivo vero era proprio il pareggio: non provare a governare, ma impedire agli altri di farlo. L’ex premier ha passato la giornata ad analizzare dati e numeri. Rispetto ai suoi sondaggi sul Pdl non ha registrato grandi novità. La campagna elettorale “mirata” sulle regioni in bilico ha pagato: Lombardia, Sicilia, Campania, Veneto, Puglia. A cui aggiungere la vittoria, insperata, in Abruzzo, Calabria, Molise.
La novità è stata invece che Grillo si è mangiato il Pd, oltre ogni immaginazione, segno che c’è un’onda di protesta inarrestabile. Proprio lo tsunami di Grillo, ha spiegato il Cavaliere ai suoi, conferma come la campagna elettorale del Pdl sia stata azzeccata: toni urlati, attacchi al governo dei tecnici, spirito antipolitico. E soprattutto parole di fuoco contro Monti: “Avete visto? Monti si è messo all’angolo da solo. I cittadini hanno rifiutato lui e le politiche del rigore”.
Il Cavaliere ha lasciato ai suoi il compito di dichiarare. Prima ha aspettato i dati definitivi. Anche perché il risultato della Camera è rimasto in bilico fino a tarda notte, con uno scarto che nelle ultime ore è diventato inferiore a un punto: “Se Grillo sale al 27-28 – andava ripetendo Verdini – possiamo anche vincere noi”. Numeri che danno al Pdl potere contrattuale, forza: “Il Pd – ha ripetuto l’ex premier ai suoi – dovrà venire a bussare alla nostra porta”.
Già, bussare alla porta. E c’è un motivo se quando lo stato maggiore del Pd apre al voto anticipato, piombano nella sala stampa del Pdl i falchi del Cavaliere. Per dire subito: non se ne parla. Adesso che il pareggio è stato raggiunto, Berlusconi vuole giocare duro sul terreno dell’ingovernabilità. Sedersi al tavolo della trattativa per l’elezione del prossimo capo dello Stato. Usare il pareggio per blindarsi rispetto all’offensiva giudiziaria su tutti i processi rinviati a causa del voto. A scrutinio in corso già si capisce la linea del Pdl per il dopo voto. Nessuna grande coalizione col Pd: “Ci siamo già scottati con il sostegno a Monti” dice più di un azzurro. Né il Pdl offrirà un sostegno parlamentare: “Non sarò certo io a togliere le castagne dal fuco al Pd”.
L’idea è di offrire un patto sulle riforme di un anno, per mettere mano a quelle poche misure necessarie per non perdere la faccia, poi di nuovo al voto: legge elettorale, riduzione del numero dei parlamentari, riduzione dei costi della politica. Tutti i dossier, insomma, per evitare che Grillo raggiunga percentuali bulgare al prossimo giro. Ma la collaborazione si ferma qui. Sul governo, almeno al momento, la linea è di lasciare cuocere Bersani nei suoi guai: “Vuole governare? Ci provi”.
È prematuro ogni scenario, dicono a microfoni spenti i big del Pdl. Anche perché al Colle c’è ancora Napolitano. Sarà lui a dare l’incarico. E Berlusconi si aspetta un atteggiamento ostile. E pure le eventuali aperture sulle riforme costano care. Ma il primo obiettivo è stato già fissato, nell’ambito della trattativa sui presidenti di Camera e Senato. Berlusconi vuole la presidenza di palazzo Madama. Lo considera un diritto, considerando i numeri del Senato. E attorno al successore di Schifani prende corpo il primo ragionamento politico: “Bersani – ha spiegato Alfano ai suoi – non ce la farà a formare un governo. Si potrebbe dare un mandato esplorativo al presidente del Senato. In quel caso…”.