Agostino Paravicini Bagliani, la Repubblica 26/2/2013, 26 febbraio 2013
DALL’ACCLAMAZIONE AL VOTO NELL’URNA OTTO SECOLI DI BATTAGLIE A PORTE CHIUSE
IERI, quattro giorni prima di lasciare il pontificato, Benedetto XVI è intervenuto con un
motu proprio a
proposito della prossima elezione del papa. Così come Celestino V, tre giorni prima del suo “gran rifiuto” (10 dicembre 1294), promulgò una costituzione, dichiarando che le regole del conclave, decise vent’anni prima dal II concilio di Lione (1274), sarebbero state valide anche se la Vacanza della Sede apostolica si fosse aperta non con la morte del papa ma con la sua rinuncia al pontificato.
Il
motu proprio
di Benedetto XVI appare sostanzialmente dettato dall’attualità. Che «nessun cardinale elettore potrà essere escluso dall’elezione sia attiva che passiva per nessun motivo o pretesto» è infatti una precisazione motivata dalle polemiche contro la partecipazione al conclave del cardinale americano Roger Mahony. Sembra così avere prefigurato la decisione del cardinale scozzese Keith O’Brien di non partecipare al conclave, resa nota proprio ieri in coincidenza con la promulgazione del
motu proprio.
E sull’inizio del conclave? Che cosa dice il
motu proprio
di Benedetto XVI? Il regolamento attuale permetteva ai cardinali di iniziare il conclave tra i quindici e i venti giorni dall’inizio della Vacanza della Sede apostolica. Benedetto XVI, pur confermando le regole attuali, dà però ai cardinali la possibilità di anticipare l’inizio del conclave se è stata constatata «la presenza di tutti i cardinali elettori». La modifica non è sostanziale, ed è anch’essa dettata dall’attualità. È vero infatti che, da quando il papa ha annunciato la sua decisione di rinunciare al pontificato, sono già passati quindici giorni, il che ha permesso ai cardinali di organizzare il proprio viaggio a Roma con tutta tranquillità.
In una futura ed eventuale Sede vacante che si aprisse con la
morte di un papa, i cardinali non potrebbero comunque anticipare troppo l’inizio del conclave, perché i funerali di un pontefice devono durare nove giorni.
La regola che stabilisce che i cardinali non debbano attendere più di un certo numero di giorni per dare inizio al conclave risale proprio al decreto con cui fu
istituito il conclave (nel 1274). L’elezione del piacentino Tedaldo Visconti, che prese il nome di Gregorio X (1271-1276), era avvenuta dopo la più lunga Vacanza
della Sede apostolica, durata quasi tre anni. Il Visconti, che non era presente a Viterbo dove avvenne la sua elezione, non apparteneva al collegio dei cardinali. Obbligando i cardinali a “chiudersi a chiave” — questo è infatti il significato della parola “conclave” — senza aspettare i cardinali assenti per più di dieci giorni, il nuovo papa volle evitare che si ripetessero situazioni così drammatiche. E per indurli ad eleggere il papa rapidamente, il papa decise inoltre che, trascorsi cinque giorni, i cardinali avrebbero avuto diritto «soltanto a pane, vino ed acqua».
Tradizionalmente, l’elezione del papa poteva avvenire secondo una di queste tre modalità: per acclamazione o ispirazione, «per compromesso» (delegando la facoltà di eleggere il papa a due o tre cardinali) o per scrutinio.
Sono modi di elezione a prima vista complessi e persino curiosi, ma rimasti tutti e tre in vigore fino a poco tempo fa.
Ora però Benedetto XVI ha confermato l’abolizione delle due prime modalità, già decisa da Giovanni Paolo II. Sono modalità, diceva Wojtyla, che non sono più adatte ad esprimere «gli orientamenti della cultura moderna ». L’acclamazione non ha più senso ora che il collegio cardinalizio è tanto numeroso e rappresenta realtà culturali e geografiche così diverse. Eleggere il papa per
compromissum,
spiegò ancora il papa, «implica una certa perdita di responsabilità per gli elettori». Insomma, i cardinali eleggeranno il nuovo papa secondo il modo dello “scrutinio”, ossia con il proprio voto.
La procedura per acclamazione o ispirazione, più antica di
quella per
compromissum
è già attestata nel III secolo. Secondo Eusebio di Cesarea (m. 340), nel 236, una colomba scesa dal cielo si pose improvvisamente sul capo di un certo Fabiano — un laico — che fu dunque acclamato quale nuovo papa.
E per essere eletto, il papa quanti voti dovrà ottenere? Anche
a questo proposito, Benedetto XVI conferma la tradizione. Il papa, dice il suo
motu proprio,
dovrà ottenere la maggioranza qualificata dei due terzi, un elemento che dal 1179 non ha mai subito alcuna modifica. Come la clausura dei cardinali in “conclave”, anche la maggioranza qualificata dei due terzi fu introdotta dopo una crisi drammatica nella storia del papato, uno scisma durato ben diciotto anni (1159-1177), fino ad allora il più lungo della storia. Con la maggioranza dei due terzi si volle quindi dare al nuovo papa una legittimità capace di rendere più difficile uno scisma. E così fu.
Perché la maggioranza qualificata dei due terzi riuscì a ridurre se non a eliminare gli scismi nella Chiesa. Ma anche l’imposizione di un termine massimo di giorni per dare inizio ad un conclave fece sì che la Sede vacante non durò più, come nel Duecento, diversi mesi e persino anni. E se oggi non vi sono rischi di scismi e se è lecito pensare che i cardinali eleggano il prossimo papa entro un periodo di tempo ragionevole, sono procedure che hanno comunque attraversato i secoli e vengono perciò conservate.