Gigi Moncalvo, Libero 23/2/2013, 23 febbraio 2013
UN CD CON I CONTI SEGRETI FA TREMARE L’IMPERO AGNELLI
Un punto sta emergendo dopo quel che ha scritto la Procura di Milano: Margherita Agnelli non ha tutti i torti quando sostiene che è stata nascosta all’estero una parte del patrimonio di suo padre. Ma questo apre altri interrogativi. Chi ha le chiavi di questa cassaforte segreta? John Elkann lo sa, ne è informato, ci crede?
L’Impero sembra vacillare. C’è qualche illusoria speranza che i lupi siano sazi? Dopo ciò che hanno scritto due PM milanesi, c’è anche un giudice a Torino (oltre al pm Giancarlo Avenati Bassi e a Roberto Pallini e la sua Corte che ha condannato due “intoccabili” come Gabetti e Grande Stevens)? Ora le “convinzioni” dei giudici del Tribunale Civile subalpino sia di primo grado (Brunella Rosso in Pizzetti) che di appello (Angelo Converso, Rita Garibaldi, Patrizia Dolcino), che non riconobbero le ragioni di Margherita Agnelli sulla richiesta di rendiconto del patrimonio del padre, stanno vacillando? Jaky Elkann sta cominciando a capire chi è il vero “padrone” della Fiat? Il dottor Befera e l’Agenzia delle Entrate, che fanno?
I magistrati Eugenio Fusco e Gaetano Ruta, hanno scritto che esistono «molteplici indizi che portano a ritenere come verosimile l’esistenza di un patrimonio immenso in capo al defunto Giovanni Agnelli, le cui dimensioni e la cui dislocazione territoriale non sono mai stati compiutamente definiti ». Notare l’aggettivo “immenso”. Fusco e Ruta parlano anche della «disponibilità della famiglia Agnelli di schermi attraverso cui detenere beni celandone provenienza e titolarità». Citano un conto segreto da un miliardo di euro dell’Avvocato in Svizzera, come rivelato da Paolo Revelli, ex responsabile della gestione grandi patrimoni di Morgan Stanley: “Ho sempre saputo che presso la filiale di Zurigo esisteva una provvista direttamente riferibile a Giovanni Agnelli per una cifra compresa tra gli 800 milioni e il miliardo, fiduciariamente intestata e detenuta attraverso molteplici conti da Siegfried Maron”. Ha aggiunto: “Adolf Brunder, funzionario della banca, nel 2004 era stato licenziato per aver inviato a Maron un fax con cui gli assicurava che avrebbe tenuta nascosta agli eredi Agnelli l’esistenza dei conti”.
I “protettori”
Siegfrid Maron è il capo del “family office” di Agnelli, il nucleo che gestiva il suo patrimonio personale. Insieme con una persona di stretta fiducia di Gabetti, Ursula Schulte. E col vero “cervello”: Hans Rudolph Steiger. Maron, subito dopo la morte dell’Avvocato, consegnò alla figlia del defunto – considerandola titolata a conoscere i documenti - un documento in cui si attestava l’esisteva di “Alkyone Foundation” a Vaduz, la principale cassaforte estera personale di Agnelli. Maron venne rampognato e gli fu imposto il silenzio. Senza quel foglio Margherita non avrebbe saputo nulla di “Alkyione” né scoperto che la fiduciaria aveva tra i “protettori” proprio Gabetti, Grande Stevens e Maron. I primi due hanno detto di “non saperne nulla”, nonostante la loro firma autografa. “Alkyone” faceva riferimento a “Prokurations Anstalt” e “First Advisory Group”, che conducono a Herbert Batliner, classe 1928, il “re” delle fiduciarie del Liechtenstein, “gentiluomo di Sua Santità” (la più alta onorificenza vaticano per i laici). Aveva finanziato il restauro dell’organo della Cappella Sistina (con tanto di cerimonia alla presenza di Giovanni Paolo II) e poi del Duomo di Ratisbona, davanti a Benedetto XVI. Il Santo Padre ricevette Batliner nonostante il “gentiluomo” fosse colpito da ordine di cattura della Procura di Bochum con l’accusa di aver favorito l’evasione fiscale di contribuenti tedeschi per 250 milioni di euro. Grazie alla “moral suasion” del Cardinal Bertone presso la Cancelliera tedesca, Batliner ottenne un “salvacondotto” di poche ore per recarsi a Ratisbona. Batliner, insieme all’avvocato ginevrino René Merckt, classe 1933, è una costante nei rapporti con Agnelli, Gabetti e Grande Stevens. Un impiegato del suo studio a Vaduz, dopo aver scaricato dai computer tutta la banca dati dei clienti gestiti da Batliner, ha fornito alle autorità tedesche, per quattro milioni di euro, le prove per scoprire ingenti evasioni fiscali. Quei quattro milioni ne hanno subito fruttato 900. I governi di altri paesi hanno sdegnosamente rifiutato di acquistare quel CD. Il che certo favorirebbe il compito di Befera.
Prima di Tangentopoli
In questo CD esistono – secondo Marc Hurner, l’esperto analista finanziario che per conto di Margherita Agnelli sta dando la caccia al tesoro dell’Avvocato – anche elementi clamorosi. Pochi mesi prima di Mani Pulite, Agnelli nascose la sua titolarità della “Dicembre”, la sua cassaforte personale in Italia che controlla con più del 30% l’Accomandita Giovanni Agnelli (la cassaforte degli altri rami famigliari). Forse temendo che magistrati troppo curiosi potessero risalire a lui, intestò la sua quota a due prestanome stranieri: Batliner e Merckt. In quel luglio 1991 furono create tre società- ombra (Merckt & Co., Julian Stiftung, Lavinium), il capitale fu portato da 99 milioni a due miliardi, vennero firmati dei mandati fiduciari nei confronti dei prestanome. Dall’intreccio di scatole cinesi emergono quattro lettere di mandato (e una di nomina a protectors di Julian Stiftung) che portano le firme di Agnelli, Gabetti, Grande Stevens. Firmano cinque volte, e ora dicono di “non saperne nulla”. C’è un turbinio di clausole assurde sottoscritte da Agnelli (o imposte a lui?), anche a danno dei suoi beneficiari: la moglie Marella e i due figli. E’ all’esistenza, struttura e composizione di queste anstalt, stiftung e fondazioni che fa riferimento John Elkann quando asserisce testualmente, così come riferito ai magistrati milanesi dall’avv. Gamna, a proposito delle richieste di Margherita, “non vi daremo mai quelle società e i loro conti perché voi non dovete vedere le operazioni che vi sono passate”? La Merckt & Co, cioè la società prestanome della “Dicembre” viene estinta alla fine di Tangentopoli e sciolta a ottobre 1997.
Marella
Sarebbe bene che il dottor Befera leggesse questi capitoli del mio più recente libro (“Agnelli segreti”, Vallecchi editore) e in particolare si soffermasse su altre due fondazioni, “Gnu” e “Kalla”, che forse non ci sono più ma che nascono a Vaduz dopo che Gabetti ha ospitato a Torino a Villa Sassi per qualche giorno – con tour tra “Il Cambio”, le Cantine Ceretto, la Grapperia Levi e la “Con - tea di Neive” – Herbert Batliner e signora, con altri quattro sudditi del Principato. Befera in questi anni qualcosa ha fatto: una sanzione di 90 milioni di euro contro Marella Agnelli dato che la signora (anzi il suo commercialista) “dimenticò” di segnare nel Quadro W delle denunce dei redditi 2003 e 2004 del defunto marito, un lungo elenco di asset all’estero che rendevano moltissimo. Donna Marella sta pagando in dodici rate trimestrali. E, questa volta consigliata per iscritto dal commercialista Ferrero, si è messa in regola anche con l’intestazione dei suo amati cani huskies e dei domestici – trasferendoli all’ing. Elkann – per evitare che il fisco scopra che la sua residenza in Svizzera è inferiore ai prescritti sei mesi e un giorno. Ciò allo scopo anche di non pagare interessi sul mutuo bancario che la signora ha acceso in Svizzera per la sua villa.
Nel frattempo Gabetti e Grande Stevens si stanno leccando le ferite dopo la grave condanna, per aver consentito con l’equity swap ad alcuni membri della famiglia di portarsi a casa con 184 milioni il controllo di una società che vale 9 miliardi di euro. Grande parla di “onta”. Ma non farebbero bene i due, visto che proclamano la loro innocenza e rivendicano le loro “doti morali”, a rinunciare alla prescrizione per dimostrare la propria illibatezza manageriale? Come farà Grande a occuparsi della banca vaticana proprio in questo delicato periodo, se è sospeso dalla professione?