Fabrizio de Feo, il Giornale 24/2/2013, 24 febbraio 2013
QUANDO BEPPE URLAVA: VOTATE FALCE E MARTELLO
[Nel 2006 Beppe sosteneva Prodi e confidava in Pdci, Rifondazione e Idv] –
Roma
C’era un tempo in cui Beppe Grillo non si era ancora tuffato nel personaggio del capopopolo refrattario a convivere con regole, organi, mediazioni e, soprattutto, con i partiti tradizionali. Un tempo in cui non aveva iniziato a far risuonare ossessivamente il disco rotto degli slogan anti-sistema e dei tormentoni para-rivoluzionari: da «Arrendetevi» a «i partiti sono il passato e tra sei mesi non ce ne ricorderemo », fino a «li faremo uscire dal Parlamento con le mani in alto». Un tempo in cui la concessione di una delega politica era ancora contemplata dal verbo grillino.
Tutto questo accadeva nel marzo 2006. Piena campagna elettorale: confronti televisivi serrati tra Silvio Berlusconi e Romano Prodi, la consueta guerra dei sondaggi, la caccia all’ultimo voto. Giorni ad alta tensione segnati da un endorsement «allargato» ma tutto riconducibile a sinistra, firmato Beppe Grillo. È il blog il Quintuplo a ricordarlo. Il comico, già in campo con i suoi tour a cavallo tra spettacolo e politica, a un paio di settimane dal voto del 9 aprile offre ai suoi seguaci i suoi consigli. Parola d’ordine: votare i partiti senza condannati in via definitiva in lista. Seguita da un elenco di opzioni: Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Verdi, Italia dei Valori e Rosa nel Pugno.
«In Parlamento –scrive Grillo il 23 marzo sul suo blog , in un post intitolato “Siamo tutti stallieri” – ci troveremo stuoli di condannati in via definitiva, di processati in primo e secondo grado. Persino di ex carcerati. E, insieme a loro, figli, amanti, mogli di politici. Oggi pubblico l’elenco dei partiti senza condannati in via definitiva in lista, la mia indicazione di voto per avere almeno la speranza di un Parlamento pulito e che riporterò su questo blog in un box da diffondere nel web: Italia dei Valori – Lista Di Pietro, La Rosa nel Pugno, partito dei Comunisti italiani, partito della Rifondazione comunista, Verdi». Non proprio un trionfo di trasversalità, insomma, e non esattamente una garanzia di apertura verso idee diverse e liberali per chi volesse tentare la via della protesta provenendo dalle fila del centrodestra. Fenomeno, questo, non residuale visto che secondo l’Istituto Demos, che ha analizzato l’estrazione politica dei fan di Grillo, il 32% proviene all’area di centrosinistra e il 28% da quella di destra, dall’estrema mancina fino a Casa Pound, con tutto ciò che si trova nel mezzo.
Alla fine quella consultazione elettorale, a dispetto dei sondaggi tutti o quasi favorevoli al centrosinistra, si risolse in un pareggio, con la vittoria dell’Unione di Prodi per appena 24mila voti. E forse la presa di posizione grillina contribuì a decretare quella vittoria e a innescare la faticosissima epopea di quella legislatura e di quel governo appeso ai voti dei senatori a vita. Fu forse per quel motivo che il radicalismo grillino, da quel voto in poi, venne elevato a paradigma e si scelse un’impostazione diversa, quella del «che senso ha discutere con voi, artefici e protettori di un meccanismo obsoleto e solo da eliminare?». Così nel 2008 fu la volta della mutazione genetica astensionista. Niente più « endorsement sinistri». «Non votate, è l’unica scelta che vi è rimasta. Non legittimate una legge elettorale incostituzionale. Spiegate a chi crede di esercitare un suo diritto il 13 aprile che è vittima di un incantesimo. Chi vota diventa complice, anche se non lo sa». Era il passaggio intermedio verso il grande salto. L’anticamera della satira contro il potere trasformata in un progetto più grande: la conquista del potere da parte della satira.