Maria Teresa Cometto, CorrierEconomia 25/02/2013, 25 febbraio 2013
CINEMA. L’OSCAR DI WALL STREET VA A MURDOCH
Campione d’incassi al botteghino e di performance a Wall Street. Ad aggiudicarsi l’Oscar dei guadagni a Hollywood è stato Vita di Pi: quasi 600 milioni di dollari di biglietti venduti al cinema e un rialzo di quasi il 50% in Borsa dei titoli di News Corp, il gruppo multimediale di Rupert Murdoch a cui fa capo Fox, lo studio che ha prodotto il film di Ang Lee. Sono i risultati economici migliori fra le nove opere che erano in corsa per la statuetta dorata.
Cassa e statuette
Quest’anno a contendersi l’Academy award erano quasi tutti successi sia di critica sia di pubblico, a differenza di molte edizioni precedenti, quando nella selezione per il premio prevalevano film snobbati nelle sale. Sette su nove hanno infatti incassato oltre 100 milioni di dollari. Solo il francese Amour e l’opera prima Re della terra selvaggia hanno fatto flop, fermi a meno di 20 milioni di dollari.
Gli altri sono stati campioni di una stagione particolarmente felice per l’industria cinematografica americana. Il 2012 infatti ha visto per la prima volta, da tre anni a questa parte, un aumento dei biglietti venduti negli Stati Uniti, per un fatturato totale di 10,8 miliardi di dollari. E fra i film più visti e discussi non ci sono stati solo i soliti prodotti per adolescenti, fatti come videogame in versione schermo gigante, ma anche opere di qualità per adulti.
«I nominati per l’Oscar questa volta sono stati la miglior collezione di titoli degli ultimi 20 anni, grazie al coraggio mostrato dagli studios nel provare qualcosa di nuovo», ha commentato Harvey Weinstein, copresidente di Weinstein Co., la casa di produzione (non quotata in Borsa) de Il lato positivo - Silver linings playbook (in uscita in Italia a marzo) e di Django Unchained, fatto in collaborazione con Columbia pictures (Sony).
Ben tre soggetti sono storici: Argo della Warner Bros. (Time Warner), Lincoln prodotto dalla DreamWorks di Steven Spielberg e distribuito da Disney, Zero dark thirty della Sony. E il campione d’incassi Vita di Pi è centrato su temi filosofico-religiosi.
È vero che per trovare il «coraggio» di avventurarsi su soggetti non scontati i grandi studi cinematografici sempre più spesso cercano il finanziamento di investitori esterni, fra cui anche gli hedge fund, o comunque condividono i rischi — e quindi anche i profitti — con diversi partner.
La formula piace ai registi, che hanno così più opportunità di realizzare i loro progetti. Ma rende più difficile capire l’effetto del successo di pubblico di un film sul bilancio della casa cinematografica che l’ha prodotto o distribuito e sulle sue quotazioni di Borsa. Lincoln, per esempio, ha incassato oltre 200 milioni di dollari, ma a Disney ne andranno meno di un decimo perché ha curato solo la distribuzione. Sono comunque bei soldi.
Il quotidiano Usa Today ha calcolato che negli ultimi dieci anni chi avesse comprato un mese prima della cerimonia degli Oscar le azioni della società quotata che controlla il distributore del film vincente, e le avesse poi rivendute un mese dopo, avrebbe guadagnato in media il 7,6%, molto più del 3% della rivalutazione media dell’indice S&P 500 negli stessi due mesi.
La Borsa risponde
L’attuale buono stato del business hollywoodiano è confermato proprio dalle quotazioni a Wall Street di tutti i gruppi americani in corsa per gli Oscar. Le azioni di NewsCorp, Comcast e Time Warner negli ultimi 12 mesi sono risalite di oltre il 40% e quelle di Disney del 35%. Solo la giapponese Sony ha sofferto, con un calo del 30% dovuto però ad altri problemi, piuttosto che a difficoltà nel campo cinematografico.
Anche sulla performance positiva più alta, quella di NewsCorp, hanno influito ovviamente altri fattori: in particolare gli ottimi profitti dell’ultimo trimestre 2012 — più che raddoppiati rispetto all’anno precedente — si spiegano soprattutto con gli elevati introiti pubblicitari sui canali televisivi di Fox dedicati allo sport. Sul futuro del gruppo pesa l’incognita della sua divisione in due: da una parte la società editrice del Wall Street Journal e degli altri giornali, oltre ai libri di Harper Collins, che continuerà a chiamarsi News Corporation e avrà come ceo Robert Thomson; dall’altra i film e le tv nel nuovo Fox group, di cui sarà ceo Murdoch stesso e che sarà probabilmente il favorito dagli investitori.
Maria Teresa Cometto