Piergiorgio Odifreddi, la Repubblica 24/02/2013, 24 febbraio 2013
LE INTUIZIONI DI UN GENIO CHE “VEDEVA” L’INFINITO
Un secolo fa, esattamente in questi giorni, avveniva uno strano scambio di lettere tra l’India e l’Inghilterra. Uno sconosciuto
matematico di Madras, di nome Srinivasa Ramanujan, aveva scritto il 16 gennaio 1913 a un famoso matematico di Cambridge, di nome Godfried Hardy, dicendogli di aver “visto” una serie di interessanti risultati, di cui gli faceva una lista. Ai ritmi dell’epoca, Hardy ricevette la lettera il 28 gennaio, ma sulle prime la accantonò, pensando di trovarsi di fronte ai vaneggiamenti di un matto. I risultati di Ramanujan, infatti, sembravano
insensati: ad esempio, uno sosteneva che se si sommano tutti gli interi, dall’1 fino all’infinito, si ottiene “meno un dodicesimo”. Cioè, una somma infinita di numeri interi positivi darebbe come risultato un numero frazionario negativo! Ma poi Hardy ci ripensò, e in una lettera dell’8 febbraio chiese all’indiano come avesse dimostrato i suoi risultati. Il 27 febbraio quest’ultimo gli rispose di non volerglielo dire, per paura di «essere immediatamente indirizzato al manicomio»: come si seppe in seguito, infatti, li aveva “letti” (o meglio, pensava di averli “letti”) sulla lingua di una statua della dea Namagiri,
della quale era devoto. Hardy lo invitò ad andare in Inghilterra, e per qualche anno Ramanujan, Hardy e il loro collega Littlewood collaborarono a produrre una serie sorprendente di teoremi, intuiti dal primo e dimostrati dagli altri due. Ma dopo cinque anni Ramanujan si ammalò di tubercolosi, tornò in India e morì nel 1920 a trentadue anni. Chi volesse saperne di più può leggere
L’uomo che vide l’infinito
di Robert Kanigel (Rizzoli, 2003), che racconta la strana e tragica vita di questo romantico genio.