Ilaria Maria Sala, La Stampa 24/2/2013, 24 febbraio 2013
VILLE, TANGENTI E DOCUMENTI FALSI LA CINA SCOPRE I BUROCRATI CORROTTI
Xi Jinping, il prossimo Presidente cinese, lancia l’ennesima campagna «anti-corruzione», dichiarando solennemente che tutti, «mosche o tigri», se corrotti saranno indagati e puniti. Non è il primo: il Partito comunista stesso arrivò al potere dopo una guerra civile che doveva il suo sostegno popolare anche alla promessa di debellare la corruzione del Kuomintang, i nazionalisti al governo prima del 1949. Da allora queste campagne sono periodiche, ma la corruzione continua imperterrita a crescere.
Nelle settimane che precedono l’insediamento del nuovo governo, che assumerà pieni poteri il mese prossimo, la stampa nazionale ha ricevuto l’ordine di dare maggiori dettagli sui casi già smascherati. Una lettura appassionante. S’impara così di Zhao Haibin, capo della polizia di Lufeng, nel Guangdong, che avrebbe comprato 192 case grazie a carte d’identità false. Le autorità infatti, nel tentativo di sgonfiare la bolla immobiliare prima che scoppi, hanno introdotto limiti al numero di immobili acquistabili: di solito, non più di due, e spesso si deve essere residenti della località dove si desidera acquistare. Per ovviare a quest’ostacolo, Zhao ha forgiato diverse carte d’identità e permessi di residenza e utilizzato documenti aziendali del fratello. Interrogato, avrebbe detto che era solo l’amministratore degli immobili per conto del fratello, legittimamente arricchitosi tramite gli affari.
Come sempre, in assenza di metodi per vagliare l’opinione pubblica cinese, si ricorre a quanto detto online, dove Zhao è stato soprannominato «il funzionario più corrotto della Cina». Essendo però membro del Pc, non può essere indagato dalla polizia ma solo dal suo Comitato disciplinare. Le carte d’identità false sono state ritirate, Zhao è stato ammonito. Ma non è stato espulso dal partito, tantomeno incarcerato.
Chissà se è davvero lui il più corrotto del Paese: qualche settimana fa è venuto fuori il caso di Huang Sheng, vice-governatore della provincia dello Shandong, finito nelle maglie della campagna anticorruzione con 47 amanti (chi lo difende dice che sono 46, pari al numero dei suoi appartamenti e villette), che ha accettato nel corso degli anni bustarelle per 9 miliardi di dollari. Indagato dal partito per «violazione della disciplina», è stato rimosso da vice-governatore. Ed è finita lì.
E che dire di Gong Aiai, 49 anni, dello Shanxi (Cina centrale), soprannominata sul web «Signorina Appartamenti», che grazie a carte d’identità di fantasia ha potuto acquistare 40 immobili, per un valore di 159 milioni di dollari. Gong era la vice-presidente della Banca commerciale rurale di Shenmu, ma non trattandosi di un membro del Pc, è stata arrestata, insieme ad altri quattro, e rischia dai due ai sette anni di prigione. Lei si è difesa dicendo che voleva «scacciare la cattiva sorte» acquistando un totale di 9666.6 metri quadri (cifra considerata porta fortuna) con fondi provenienti dalle miniere di carbone dei suoi familiari.
A Guangzhou c’è anche «Zio appartamenti», funzionario del catasto che con finte carte d’identità di case se ne è acquistate 20. Una carta d’identità falsa costa intorno ai 10,000 euro, poca roba per funzionari corrotti a suon di milioni.
La campagna anti-corruzione e le sue ripercussioni sul mercato delle case fanno breccia anche nelle pubblicità degli agenti immobiliari: l’ultima moda è dire che le case in vendita sono di ufficiali corrotti ansiosi di disfarsene per non finire nella retata, ed hanno prezzi stracciati. Impossibile stabilire se sia vero, ma la dice lunga sul clima - e anche sullo scarso timore che l’ennesima campagna anticorruzione sta davvero suscitando.