Guido Ruotolo, La Stampa 23/2/2013, 23 febbraio 2013
QUELLA CENA CHE METTE NEI GUAI MUSSARI E IL PASTAIO AMATO
Come a Siena, Mps finisce nei guai anche a Salerno. Gli interrogatori sono fissati per giovedì e venerdì, al NucleodiPoliziaTributariadella Finanza. Giuseppe Mussari, l’ex presidente del Monte dei Paschi di Siena è indagato per concorso in bancarotta fraudolenta insieme all’ex direttore generale Marco Morelli, al candidato sindaco di Siena, Franco Ceccuzzi, all’ex presidente della commissione Finanze della Camera, Paolo Del Mese (in carcere da una settimana).
La vicenda è quella del Pastificio Amato, la società dichiarata fallita nel luglio di due anni fa, un crac da 100 milioni di euro. E l’inchiesta Mps è una costola di quella sul crac che ha già mandato a processo 28 persone. In evidente crisi, con perdite economiche fortissime, la proprietà invece di portare i libri in Tribunale, si inventa uno «spin off», un derivato immobiliare.
L’allora presidente della commissione Finanza della Camera, Paolo Del Mese, che nella Finanziaria del 2007, fece approvare un decreto «salva contrade» per Siena - si legge nelle carte della inchiesta salernitana - su incarico di Giuseppe Amato senior, «sulla base di pregressi rapporti di conoscenza, chiedeva a Giuseppe Mussari, con la necessaria intermediazione di Franco Ceccuzzi, di concedere un finanziamento alla società finalizzato a sostenere un investimento immobiliare presso la sede dell’ex opificio a Salerno, propiziando un incontro informale di presentazione, effettivamente tenutosi nel settembre del 2006 nella villa Amato a Vietri sul Mare». La tesi del pm Vincenzo Senatore è che i vertici di Mps abbiano finanziato con 20 milioni di euro l’azienda Amato sapendola decotta, procurando così un ulteriore danno ai creditori.
In sintesi: il presidente di Mps Mussari, e l’ex sindaco di Siena partecipano a una cena a casa del patriarca dei pastai, Giuseppe Amato, a Vietri sul Mare, su invito dell’allora potente ex democristiano Paolo Del Mese. I pastai Amato sono sull’orlo del crac e decidono di vendere a una società ad hoc e sempre riconducibile a loro, «Amato Re», la loro vecchia fabbrica per fare un’operazione di speculazione immobiliare. Ecco un passaggio dell’invito a comparire per gli indagati Mps. L’accusa è quella di aver «dissipato il patrimonio sociale», alienando «in data 22 dicembre 2006, al prezzo dichiarato di 20 milioni lo storico opificio alla Amato Re, costituita il 30 novembre del 2006». Secondo il Nucleo di Polizia Tributaria della Finanza di Salerno, il commercialista Siciliotti, ha «suggerito», «nella consapevolezza dello stato di dissesto in cui versava la società», «di separare l’immobile dalla gestione sociale, anche al fine di porlo al riparo da azioni di creditori nell’ambito di procedure fallimentari». I costi e gli oneri dell’operazione sono stati pesanti per «Amato Re»: «Un debito di 19 milioni di euro nei confronti di Mps Capital Service, aggravato dalla costituzione di pegno sul 100% delle quote sociali e da costituzione di ipoteca sull’immobile per l’importo di 32 milioni».
Torniamo al momento in cui si perfeziona l’operazione. C’è una riunione operativa che si svolge, nel novembre del 2006, nella sede romana di Mps all’attenzione degli investigatori: «Alla riunione presenziavano Giuseppe Amato senior e i due junior, Paolo Del Mese, Luigi Ansalone senior, il direttore generale Mps Morelli». A Mussari viene illustrato il progetto di «spinoff» e dà l’ok alla delibera di finanziamento di 19 milioni, «effettivamente erogato fino al 2 marzo del 2007, utilizzato dall’Amato Re per il pagamento dell’immobile».