Giacomo Galeazzi, La Stampa 23/2/2013, 23 febbraio 2013
AI CARDINALI LE CARTE DELL’ INCHIESTA VATILEAKS
La gravità di «Vatileaks» è sintetizzata dal «numero due» della Segreteria di Stato, Angelo Becciu: «È stato il momento più difficile, la gente era allibita e scandalizzata per la fuga di notizie che tanto dolore ha provocato al Papa, si aveva l’impressione che non avessimo più gente affidabile nei nostri uffici». Ora i commissari diranno ai conclavisti quanto estesa è la corruzione. I tre porporati della commissione d’inchiesta (Herranz, Tomko, De Giorgi) riferiranno sugli scandali ai porporati elettori. Il loro Rapporto riguarda la fuga di documenti e le contrapposizioni nella Curia, non altre questioni come il caso Balducci, i peccati di prelati o i comportamenti di alcuni dignitari. All’inizio della prossima settimana, prima di partire per Castel Gandolfo, Benedetto XVI incontrerà i tre inquirenti e li autorizzerà ad illustrare ai porporati i contenuti della loro indagine vincolata da segreto pontificio. Mentre infuriano le nomine di fine pontificato (ieri il bertoniano Giuseppe Profiti all’Idi, presto il trasferimento del vescovo Giovanni D’Ercole dall’Aquila a Terni, sponsorizzato da Dziwisz e Sodano), il dossier «Vatileaks» pesa in conclave. Parlando del «volto deturpato» della Chiesa è stato proprio Benedetto XVI a denunciare «le colpe contro l’unità e le divisioni del corpo ecclesiale». Perciò il segreto non viene violato facendo riferimento alle parole di Ratzinger. Sui contenuti è bufera. I tre cardinali, assicurano nei Sacri Palazzi, non hanno indagato su vicende sessuali. Il tema delle divisioni e delle lotte di potere in Curia è un passaggio affrontato nel testo consegnato al Pontefice il 26 luglio e poi oggetto di confronto anche in occasione della successiva udienza del 17 dicembre. Ora il Pontefice dimissionario suggerirà ai tre porporati di spiegare ai confratelli le conclusioni del lavoro svolto. Il documento sarà poi trasmesso al successore. Resterà custodito nell’appartamento pontificio del Palazzo Apostolico e non seguirà Joseph Ratzinger nel suo soggiorno a Castelgandolfo e nel successivo ritiro nel monastero di clausura «Mater Ecclesiae». Quanto a episodi di malcostume e scandali sessuali che coinvolgono personalità vaticane, il fatto che non siano nel rapporto «Vatileaks» non significa che non abbiano rilevanza nella valutazione complessiva sulla situazione della Chiesa che gli elettori dovranno fare. Nelle ultime ore, per esempio, fa molto nei Sacri Palazzi un’informativa sulla garçonnière di un presule compilata dalla scorta di un’alta carica istituzionale che abita nella stessa via al centro di Roma. Vi sarebbero annotati i i nomi dei frequentatori: ecclesiastici di rango. Ma si tratta di analisi e approfondimenti che nulla hanno a che vedere con il lavoro della commissione cardinalizia. Ben prima delle dimissioni del Papa, sono stati due sacerdoti, Darius Ozko e Ariel Stefano Levi di Gualdo, a denunciare, in distinte pubblicazioni, il problema della cosidetta «lobby gay» che si sarebbe ramificata in ambienti ecclesiastici.
Secondo don Ariel (che ne scrive nel secondo capitolo del volume «E Satana si fece trino», pubblicato da Bonanno) il problema della «omosessualizzazione psicologica» della Chiesa è ancora più pericoloso del clero pedofilo. Se il problema della pedofilia, infatti, riguarda un numero esiguo di preti, l’omosessualità, almeno come tendenza, sarebbe piuttosto diffusa. Intanto «Vatileaks» indebolisce le quotazioni dei cardinali di Curia e rafforza l’ipotesi di un Papa che arrivi da Oltreoceano per portare a termine l’opera di pulizia avviata da Benedetto XVI ma che il venir meno in lui delle forze fisiche e «d’animo» ha frenato. Il modello è Ratzinger che mai ha accettato le buste di denaro offerte dallo stupratore Marcial Maciel ai porporati. In Vaticano il fondatore dei Legionari di Cristo era un «intoccabile» finché Benedetto XVI non lo ha buttato fuori.