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 2013  febbraio 24 Domenica calendario

IL MONDO PERICOLOSO DELLA STATISTICA

Un posto tranquillo e sicuro all’ufficio di statistica, pensavano fino a pochi anni fa molti nonni per i loro nipoti. Se non eri poi troppo avventuroso potevi anche dargli retta. Beh, come cambia il mondo. Andreas Georgiou, capo dell’agenzia greca di statistica Elsat, è stato ufficialmente accusato di avere minato «gli interessi nazionali». Nel 2010, lasciò il suo lavoro al Fondo monetario internazionale (Fmi), incaricato di mettere in piedi un nuovo ufficio statistico ad Atene dopo lo scandalo dei bilanci pubblici truccati. Guardò i numeri e arrivò a incrementare il deficit pubblico dal 12% del Prodotto interno lordo (Pil), dichiarato fino a quel momento, al 15,8% (il governo precedente lo aveva fissato al 6%). Un’umiliazione nazionale per la quale, ora, Georgiou e altri due statistici dovranno rispondere in tribunale all’accusa di avere gonfiato la cifra.
A Buenos Aires, Graciela Bevacqua era responsabile della compilazione dell’indice dell’inflazione all’Istituto nazionale di statistica. Nel 2007, si rifiutò di pubblicare i numeri che le suggeriva il governo di Néstor Kirchner e fu licenziata. Da allora, sostiene di essere stata minacciata e ora, assieme ad altri colleghi, è stata denunciata dal governo della vedova di Kirchner, Cristina Fernández. Succede che l’Argentina massaggia le statistiche in modo scandaloso. Si calcola che in media sopravvaluti la crescita del Pil del 2% e che dal 2010 a oggi l’inflazione reale sia stata attorno al 25%, contro il circa il 10% della statistica ufficiale. A inizio febbraio, il Fmi ha censurato Buenos Aires e ha dato al governo tempo fino al 29 settembre per rimettere le cose a posto, pena la perdita di aiuti e l’espulsione dal Fondo monetario. È che le statistiche sono sempre più rilevanti, sui mercati ma anche per le vanità politiche nazionali.
Sui numeri che escono dalla Cina ci sono da sempre dubbi. Al punto che è nato un Li Keqiang Index per una misurazione alternativa del Pil: il nome è quello del primo ministro entrante che in passato sostenne di non fidarsi delle statistiche ufficiali, «manipolate». Basato sui consumi di elettricità, sul traffico nei porti e sui prestiti bancari, a fine 2012 il Li Keqiang Index dava una crescita del 5,5%, mentre Pechino parlava ufficialmente del 7,9%.
In Italia e in gran parte dell’Europa la situazione è nettamente migliore. Mercoledì scorso, però, aprendo la conferenza nazionale di Statistica, il presidente dell’Istat Enrico Giovannini ha sostenuto «la necessità di istituire per la statistica europea un sistema simile a quello delle banche centrali, nel quale l’Eurostat sia un’istituzione indipendente e gli istituti di statistica nazionali godano una piena ed effettiva indipendenza». E, nella lista di urgenze che ha sottoposto al prossimo governo, al primo posto ha messo l’obiettivo di «rafforzare l’indipendenza professionale dell’Istat». Perché i numeri non sono più quelli dei nostri nonni: manipolarli è una tentazione troppo forte.
Danilo Taino