Dario Di Vico, Corriere della Sera 24/02/2013, 24 febbraio 2013
DA BRESCIA ALLA MALESIA. GLI EMIGRANTI DEL WEB - I
malesi per lanciare le loro start up tecnologiche stanno puntando sui giovani bresciani. Che uno dopo l’altro lasciano la Lombardia e vanno a vivere a Kuala Lumpur. Il primo è stato Alessandro Cinelli detto Cirpo, programmatore e vicepresidente dell’associazione Webdebs (in italiano «il web di Brescia»), un club di imprenditori e liberi professionisti digitali che vanta 500 iscritti. Poco tempo dopo l’ha seguito Riccardo Bini e ora è il turno di Luciano Colosio. Tutti trentenni. Il reclutamento malese va avanti senza sosta e in molti giurano che Colosio non sarà l’ultimo. È da tempo che nell’ambiente del business digitale Brescia si è conquistata l’attenzione degli addetti ai lavori per la sua community molto attiva.
Grandi gruppi come Microsoft e Google si erano già rivolti al vivaio bresciano per le loro assunzioni in Italia ma adesso siamo passati a una fase diversa. Ora emigrano. In Malesia o più tradizionalmente a Londra, come ha deciso di fare Cristiano Rastelli, un quarantenne, presidente di Webdebs, che venerdì 22 sul suo blog ha postato una lunghissima lettera dal titolo più che significativo: «Ciao Brescia. Hello London». «Senza di voi — scrive Rastelli — non sarei con la valigia in mano per Londra. Siete gente con cui ho condiviso passioni e successi, con cui ho organizzato conferenze di livello internazionale. Persone con cui si può discutere di Photoshop ma anche di come si fa uno spiedo, con cui fondare una start up o fare una partita a freccette. Gente speciale che porta nell’animo e nelle mani il saper fare tipico dei bresciani».
In Italia un programmatore, come quelli che hanno deciso di emigrare a Kuala Lumpur, prende poco più di 2 mila euro, i malesi gliene offrono molto più del doppio, insieme alla casa gratis e un paio di viaggi aerei pagati per tornare in Lombardia. I racconti degli amici dicono che i bresciani ora fanno una «vita da ricchi» e lavorano in un team di ricercatori che vengono da tutto il mondo perché il governo di Kuala Lumpur sta costruendo un distretto tecnologico che, manco a dirlo, gode di agevolazioni fiscali e altri incentivi. Cinelli è stato avvicinato dai suoi datori di lavoro asiatici tramite Linkedin, ha condotto i colloqui e i negoziati per l’assunzione via Skype e ora è lui a guidare la campagna per l’ingaggio di altri giovani. Del resto nell’attrazione dei talenti i metodi stanno cambiando vertiginosamente e non c’è bisogno di cacciatori di teste e lunghi preliminari, tanto meno di raccomandazioni. «Qualcuno se ne va per sempre, qualcun altro magari starà lì per un periodo — racconta Fabrizio Martire, uno degli animatori della community e fondatore di Gummy Industries —. Le scelte a quel punto diventano individuali e dipendono dai legami familiari». I talenti bresciani hanno studiato ingegneria nella loro città oppure informatica a Crema, hanno dato vita in questi anni a molteplici iniziative come «Pane, web e salame», un meeting degli «smanettoni» lombardi che ha conosciuto nel tempo grande successo. In virtù di quest’ambiente fertile sono nate iniziative di coworking come Uplab e Talent Garden (che ha aperto anche a Milano).
Il tema dell’emigrazione è al centro della riflessione dei giovani bresciani, tanto che è nato un gruppo su Facebook che si chiama proprio: «Emigriamo? Gruppo di auto aiuto per futuri emigranti high tech». Chi scrive si scambia informazioni molto concrete su tasse, affitti e tutele sanitarie nei Paesi nei quali pensa di trasferirsi. «È chiaro che le aziende locali più tradizionali non riescono a stare al passo dei cambiamenti — commenta Martire —. E così chi investe la sua vita sull’innovazione digitale finisce per cercare altri sbocchi. Così la distanza tra Brescia e il nuovo aumenta. E non è sicuramente ciò che serve all’economia del territorio».
Dario Di Vico