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 2013  febbraio 22 Venerdì calendario

SPUNTA IL TESORO ALL’ESTERO DELL’AVVOCATO


Un conto svizzero da 1 miliardo, tre società off-shore e perfino tre moli in Costa Azzurra: il famoso «tesoretto» segreto dell’Avvocato esisteva davvero. Lo sostiene la Procura di Milano, che ha chiesto l’archiviazione per la figlia Margherita, e per gli avvocati Charles Poncet ed Emanuele Gamna, in relazione alla complessa vicenda che ruotava attorno all’eredità di Gianni Agnelli. Margherita e il suo legale Poncet erano accusati di tentata estorsione nei confronti di Gamna, a sua volta accusato di falso. Per i pm Eugenio Fusco e Gaetano Ruta ci sono dunque «molteplici indizi che portano a ritenere come verosimile l’esistenza di un patrimonio immenso in capo al defunto Giovanni Agnelli, le cui dimensioni e la cui dislocazione territoriale non sono mai stati compiutamente definiti»: per questa ragione l’iniziativa giudiziaria promossa dalla figlia Margherita «non può essere liquidata come una pretesa avventata» e «non possono escludersi in linea teorica accordi tra le persone coinvolte per marginalizzare Margherita Agnelli sul piano economico».
Gli inquirenti parlano anche della «disponibilità della famiglia Agnelli di schermi attraverso cui detenere beni celandone provenienza e titolarità».
In particolare, spunta nel documento un conto segreto da 1 miliardo di euro dell’Avvocato in Svizzera. A rivelarlo ai pm è Paolo Revelli, ex managing director di Morgan Stanley, affermando «di avere sempre saputo che presso la filiale di Zurigo esisteva una provvista direttamente riferibile all’avvocato Giovanni Agnelli per una cifra compresa tra gli 800 milioni e il miliardo, fiduciariamente intestata e detenuta attraverso molteplici conti da Siegfried Maron », uno dei consulenti dell’Avvocato. E ancora, sin dagli anni ’70 a Gianni Agnelli sarebbero stati riconducibili tre moli in Costa Azzurra, «schermati» attraverso «una finanziaria» e «due società off-shore». Nella mappatura del patrimonio dell’Avvocato i pm di Milano inseriscono anche fondazioni e trust a Vaduz. La loro esistenza- scrivono i magistrati- è riferita a Margherita Agnelli e quindi a Poncet dallo stesso Gamna. Ed è alla struttura e alla composizione di questi trust che John Elkann, figlio di Margherita, avrebbe fatto riferimento asserendo testualmente, così come riferito dallo stesso Gamna, «non vi daremo mai quelle società e i loro conti perché voi non dovete vedere le operazioni che vi sono passate». In particolare, la fondazione Alkyone aveva come protectors Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e Siegfrid Maron.
I tentativi di far luce sul presunto tesoro all’estero dell’Avvocato, scrivono i pm di Milano, «sono stati vanificati» sia in Liechtenstein che in Svizzera «dalla mancata collaborazione della locale autorità giudiziaria ».Le rogatorie,infatti, «sono state respinte sulla base dell’assunto, non del tutto condivisibile, che le richieste avevano esclusiva finalità fiscale».
Tuttavia, i dati raccolti «sono sufficienti a rendere, quantomeno in astratto, credibile l’iniziativa giudiziaria della figlia » Margherita, che ha intrapreso una battaglia giudiziaria sull’eredità del padre. E, proseguono i pm, le indagini hanno portato «a escludere» che Margherita Agnelli, con i suoi legali, tra cui Charles Poncet, «abbia perseguito, attraverso le richieste indirizzate all’avvocato Gamna, un intento estorsivo». La figlia dell’Avvocato, secondo i pm, non stava perseguendo un «profitto ingiusto» ma avanzava una «legittima pretesa alla ostensione completa del patrimonio paterno una volta aperta la successione ». Dal canto suo, l’avvocato Gamna «respinge con sdegno - per bocca del suo legale, Mauro Anetrini la tesi secondo la quale avrebbe fatto un accordo per marginalizzare Margherita Agnelli dall’eredità paterna».