Alberto Gaino, La Stampa 22/2/2013, 22 febbraio 2013
CONDANNATI GABETTI E GRANDE STEVENS
A tre giorni dalla prescrizione, Gianluigi Gabetti e l’avvocato Franzo Grande Stevens sono stati condannati per aggiotaggio informativo sul comunicato al mercato del 24 agosto 2005 dalla prima Corte d’appello torinese: un anno e quattro mesi ciascuno, 600 mila euro di multa, interdizione dagli uffici direttivi per 12 mesi e in particolare il legale anche dalla professione (sempre per lo stesso arco di tempo) che non esercita più da tempo. «E’ il minimo della pena» commenta un difensore, ma non interessa ai due grandi vecchi di tante operazioni finanziarie per conto e nell’interesse di Fiat.
Entrambi avevano consegnato ai giudici che si stavano per ritirare in camera di consiglio, ieri, il medesimo messaggio: «Ora che sono giunto al “passo estremo” della mia vita professionale», Gabetti, che poi ha parlato di «onta» in caso di condanna; «Sono mortificato perché alla fine della mia vita e della mia carriera professionale sono imputato per un’attività professionale», Grande Stevens. Brucerà ancor di più loro che alla fine del dibattimento – 4 udienze condotte senza alcun ostruzionismo dei difensori in vista della prescrizione – la sentenza possa aver assunto un carattere simbolico: minimo della pena (appunto) rispetto alle maggiori richieste del procuratore generale Giancarlo Avenati Bassi, attenuanti, sospensione condizionale, beneficio della non menzione. Puntavano all’assoluzione. Come avvenne in primo grado.
I giudici hanno invece assolto «il fatto non sussiste» - Ifil e la Giovanni e Agnelli e C., le due società (difese dall’avvocato Guglielmo Giordanengo) per conto delle quali era stato emesso il comunicato al mercato che è stato l’oggetto dei due processi conclusisi in modo opposto. Ancora ieri l’avvocato Grande Stevens ha ricordato come la nota fosse stata avallata da Consob: «Il dottor Salini, dirigente della Divisione finanze e mercati, definì il testo del comunicato minimalista e si preoccupò che contenesse il riferimento alla volontà di Ifil di rimanere azionista di controllo di Fiat. Come avrei potuto pensare che non fosse corretto?».
I giudici devono averne preso atto: la richiesta di risarcimento di Consob, costituitasi parte civile, è stata da loro «rigettata». Così come quelle di due piccoli azionisti. Il presidente ed estensore della sentenza, Roberto Pallini, depositerà le motivazioni in 15 giorni, a partire dai quali i difensori ne avranno trenta per ricorrere per Cassazione. L’aria che tira è che vogliano puntare ad un’assoluzione nel merito, a meno che la Suprema Corte non decida salomonicamente di prender atto dell’avvenuta prescrizione dell’aggiotaggio informativo e chiuda in questo modo il caso del comunicato e dell’equity swap con Merrill Lynch che l’accusa ha individuato come strettamente connesso con il processo.
«Non aver informato il mercato già il 24 agosto che vi era allo studio quella soluzione per mantenere il controllo di Fiat senza sottoscrivere aumenti di capitale» è stato il cavallo di battaglia di Avenati Bassi. «Non potevamo parlarne prima che Consob desse una risposta al quesito presentato a titolo professionale dall’avvocato Grande Stevens sull’obbligo di Opa», ha sempre ribadito la difesa.
In fondo resta la coda giuridica del «ne bis in idem» sollevato a Strasburgo e rispetto a cui il governo italiano deve fornire entro maggio i chiarimenti ai dubbi della Corte europea dei Diritti dell’Uomo: si possono giudicare due volte - in sede amministrativa e penale - gli stessi imputati per lo stesso fatto?