Paolo Mastrolilli, La Stampa 22/2/2013, 22 febbraio 2013
FUHRMAN, IL POLIZIOTTO CHE INQUINO’ LE PROVE E SALVO’ OJ SIMPSON
Se potessi tornare indietro, non prenderei più la chiamata per quell’omicidio. Vorrei che la mia eredità storica fosse il nulla, e il mio nome dimenticato». Questo è quanto rimane di Mark Fuhrman, quasi vent’anni dopo il caso Simpson. Così ha parlato l’ex poliziotto di Los Angels alla conduttrice televisiva Oprah Winfrey, immaginando il titolo che i giornali faranno al suo necrologio: «Il detective caduto in disgrazia è morto».
La «disgrazia» di Fuhrman è aver compromesso il «processo del secolo», mentendo e forse costruendo le prove. Pochi dubitano che a uccidere Nicole Brown e Ronald Goldman, il 12 giugno del 1994, fu l’ex campione di football, che in sede civile è stato condannato a pagare i danni. In sede penale, però, niente. Il nero O.J. venne assolto da una giuria a maggioranza nera, dopo che il suo avvocato nero Johnnie Cochran aveva accusato il detective bianco Fuhrman di aver imbrogliato l’inchiesta per odio razziale.
Mark era un ex Marine, che dopo aver combattuto in Vietnam era entrato nel Dipartimento di Polizia di Los Angeles col grado di detective. Fuhrman era stato il primo ad andare a casa di Simpson la notte del delitto, per interrogarlo. Nessuno aveva risposto al citofono e quindi aveva scavalcato il cancello, trovando un guanto di pelle nera insanguinato, che conteneva il dna delle due vittime e di O.J. Poteva essere la prova decisiva e quindi la difesa, il famoso «dream team» composto da Cochran, Shapiro, Dershowitz e Bailey, si era impegnata per distruggerla.
La strategia adottata si basava sull’accusa che Fuhrman era un razzista, e quindi aveva manomesso le prove per far condannare il nero Simpson. La difesa gli chiese se aveva mai pronunciato la parola «negro» negli ultimi dieci anni, e il giudice Lance Ito non si oppose. Mark rispose di no, ma poco dopo gli avvocati di O.J. presentarono nastri registrati nel 1986, in cui parlando con la sceneggiatrice Laura McKinny che preparava un documentario sulle gang, Fuhrman usava quella parola 41 volte e descriveva violazioni commesse contro i neri sul lavoro: «Li pestavamo al punto che ci pregavano di smettere, e giuravano che avrebbero abbandonato la gang». La reputazione del detective era stata distrutta, e in più aveva commesso il reato di spergiuro. Quindi la difesa lo aveva attaccato sul piano legale, chiedendo se aveva manomesso le prove. Mark aveva usato il Quinto emendamento della Costituzione, cioè il diritto di non auto-incriminarsi, per non rispondere. Quindi era stato formalmente accusato e aveva accettato il patteggiamento a tre anni di condizionale, diventando l’unica persona condannata nel caso Simpson. Ora sostiene che fu uno stupido a fare quelle dichiarazioni razziste, ma al processo accettò il patteggiamento solo perché non aveva i soldi per difendersi. Le prove secondo lui erano vere, e Simpson è l’assassino.