Claudio Gallo, La Stampa 22/2/2013, 22 febbraio 2013
UNA NOTTE SCACCIA CRISI A WEMBLEY
I Bantams sono pronti. Domenica a Bradford, cittadina del Nord depresso, il tempo si fermerà per la finale della Coppa di Lega a Wembley dove la squadretta locale di quarta serie, i Galletti come li chiamano, affronta lo Swansea dell’ex juventino Laudrup che gioca nella Premier inglese. I Davide contro Golia si sprecano.
Lungo i saliscendi delle vie del centro, punteggiate di bandiere giallorosse e banchetti di gadget, inutile cercare la tensione spasmodica delle vigilie fatali. La grande paura è passata nel ritorno della semifinale, allora sì che la gente tenne il fiato. Il Bradford perdeva 2-0 con l’Aston Villa, altro blasonato club di Premier.
Il clamoroso 3-1 dell’andata gettato via. Poi il centravanti spilungone James Handon infila una cornata su calcio d’angolo: il passaporto per Wembley. Così la città, poco meno di 300 mila abitanti, vive estatica il suo sogno, convinta che Wembley per un club di «League Two» sia già un trionfo, mentre il favorito Swansea è costretto a vincere per non perdere la faccia.
Rispetto alla nostra, la geografia inglese è rovesciata, il Sud più ricco, il Nord più povero: questa parte dello Yorkshire non fa eccezione. Partita in quarta all’epoca della rivoluzione industriale, Bradford è arrivata sull’onda della prosperità fino alla metà del secolo scorso. Nella Terra Desolata T.S.Eliot, che qui dev’essere poco amato, fa del «milionario di Bradford» il simbolo del parvenu. Le filande attirarono fiumane di immigrati dall’India, molti dei quali dopo la Partizione del 1947 diventarono pachistani. Poi ci fu l’ondata dei polacchi, la seconda lingua cittadina è ancora la loro.
Arrivando da Leeds, la prima cosa che spunta all’uscita della stazione ferroviaria è la grande moschea sufi di Westgate. Svetta sulla collina di fronte con i suoi esili minareti, tra file di casette inglesi di mattoni scuri. Due passi e c’è il centro, o perlomeno uno dei tanti. Bradford è cresciuta a cavallo della collina, mangiandosi diversi villaggi più piccoli e adesso ogni quartiere pretende di esserne l’ombelico. Sullo sfondo spunta desolato il grattacielo livido del centro commerciale Westfield, mai terminato per mancanza di soldi, monumento triste alla crisi nera. Poco oltre l’abitato, si aprono primordiali i paesaggi di arenaria scura delle Pennines, le colline dei romanzi delle sorelle Bronte.
Salendo verso Manningham Lane, lo stradone che porta allo stadio di Valley Parade, i ragazzi avvolti nelle sciarpe giallorosse si diradano, altri suoni al posto dell’inglese: punjabi, urdu, polacco. Ecco barbe, zuccotti, pijamas, hijab, niqab con la fessura per gli occhi scuri. Accanto al market Polandia un Southern Chicken con lo stemma del Hmc, l’associazione che controlla il cibo islamico, subito dopo la vetrina di Potraviny Danko, alimentari Danko. Minestra d’ingredienti che non si combinano.
Di fronte all’insegna verde del Job Center Plus, agenzia di collocamento, c’è una fila di persone senza speranza. «Le cose non vanno certo bene – dice la direttrice Saorsa-Amaltheia Tweedale, alta e dritta come un corazziere – vanno male ovunque d’altra parte». L’unica cosa buona in giro sembra proprio il miracolo che ha portato i Bantams sulla strada di Wembley. Lo dice anche il professor David Lewis, storico dell’Università di Bradford: «Abbiamo avuto anni difficili, così questa storia della Coppa ha portato un po’ di allegria. Eravamo un ricco centro di commercio tessile ma siamo diventati una tipica città post-industriale del Nord, destinata a un rapido declino dopo la chiusura dei maglifici. C’è lo stesso tragico tasso di disoccupazione di Leeds e la gente fa le valigie anche qui».
Tirato a lucido, lo stadio si affaccia su una stretta vallata. Accanto all’ingresso c’è la lapide in memoria dei 56 tifosi morti nell’incendio del 1985. «Noi viviamo già in paradiso – dice Simon Parker, 44 anni, giornalista sportivo del Telegraph and Argus –. Mi chiamano dai giornali di mezzo mondo, tutti sanno del miracolo di Bradford. Una volta non sapevano nemmeno che esistessimo. Ci voleva per il morale della nostra comunità».
Ian Ormondroid, 48 anni, dirigente del club, a Wembley con la maglia giallorossa c’è già stato, per la finale dei play off della seconda divisione della Football League, nel 1996. Allora batterono il Notts County 2-0 e passarono in prima divisione. «Stavolta – dice – è molto più importante anche se non mi faccio illusioni. Il nostro orgoglio è alle stelle, è tutto quel che conta».
L’uomo dietro al miracolo si chiama Phil Parkinson, 45 anni, da due stagioni allenatore. Lui che guadagna mille sterline alla settimana ha stracciato colleghi celebri e strapagati. Alla fine della stagione gli scade il contratto, stelle di prima lega si sarebbero già fatte avanti, ma il «Mail» dice che il Bradford ha rilanciato con un contratto a lungo termine. Sistemato in ogni caso. In campionato lo Swansea ha appena incassato cinque goal dal Liverpool ma lui che era ad Anfield a godersi lo spettacolo, non si monta la testa: «Non ci ho capito molto – dice – perché hanno fatto troppi cambi. Si sono presi una batosta, ma non credo che influirà sulla finale». I gioielli del City sono Nahki Wells, 22 anni, delle Bermuda, centrocampista e punta, piccolo e scattante, e James Hanson, 25 anni, ariete di Bradford. A impersonare più di tutti il sogno giallorosso è però Hanson. Bocciato dall’Haddersfield a 15 anni perché troppo patito – «non ero così smilzo», ha protestato con il «Mail» – è rimasto tra i dilettanti finché non è stato scoperto proprio dalla squadra della sua città. Il problema è che doveva scappare prima della fine degli allenamenti per andare a fare il commesso al supermercato «The Cooperative Food». Andrà a Wembley «con papà, mamma e la mia compagna» senza spocchia, «anche se non si sa mai». Poi, vittoria o sconfitta, subito a casa perché la figlioletta di tre mesi aspetta nella culla con una maglietta dei Bantams col numero 9 del padre. Questo è ancora lo spirito immacolato del Bradford a cui si è affezionato anche il Dalai Lama quando venne alla Business Conference a Leeds. Ora ha mandato una lettera con la benedizione per la finale. Con l’aiuto dei Bodhisattva potrebbe essere un altro miracolo.