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 2013  febbraio 22 Venerdì calendario

COME SPERPERA LA LEGA


Più di 19 milioni di euro in quattro anni: per l’esattezza 19.077.919, tenendo conto dei soli versamenti superiori a diecimila euro. Ecco la prima mappa completa del tesoro pubblico distribuito dall’ex cassiere ora indagato della Lega Nord, Francesco Belsito, tra una cerchia di 67 persone o società amiche. Tra i quaranta individui che risultano beneficiari di «versamenti ingiustificati» il più fortunato, dopo l’ex tesoriere, è l’avvocato leghista Matteo Brigandì, con 327 mila euro, seguito da un plotone di politici padani tra cui spiccano il leader Umberto Bossi (48.500) con i figli Riccardo (156 mila) e Renzo (8.400), l’infermiera del Senatur Mira (107 mila), il suo autista Aurelio (75 mila) e la segretaria Daniela (58 mila). Mentre il compianto ex cassiere Maurizio Balocchi si è accontentato di 139 mila euro: un decimo del presunto bottino del solo Belsito.
A un anno dal terremoto che ha travolto il vertice della Lega Nord, provocando la fine della leadership di Umberto Bossi, il nucleo di Milano della Guardia di finanza ha concluso le indagini bancarie e patrimoniali sui conti del partito e sui prelievi dell’ex segretario amministrativo Belsito. Le relazioni consegnate in gennaio ai magistrati milanesi riguardano soltanto i fondi distribuiti dal 2008 al 2011, cioè nel quadriennio che precede lo scoppio dello scandalo. In questo periodo la Lega di Bossi ha ricevuto finanziamenti dallo Stato per un totale di 75 milioni e 612 mila euro: si tratta dell’84,6 per cento delle entrate complessive del partito, che negli stessi quattro anni ha incassato altri 12,7 milioni di contributi dagli “eletti”, cioè dai politici che ricevono comunque stipendi pubblici. In teoria la legge, dopo lo storico referendum che cercò di abolire i finanziamenti pubblici, prevede solo «rimborsi di spese elettorali». Nella prima fase delle indagini i consulenti della procura avevano conteggiato oltre 24 milioni di uscite «anomale». Ora i pm Robledo, Filippini e D’Alessio hanno concentrato l’inchiesta penale sui prelievi giudicati totalmente indifendibili, che ammontano appunto a 19 milioni: soldi incassati da «soggetti che nulla hanno a che vedere con il partito» oppure da politici leghisti e associazioni padane ma «senza alcun documento giustificativo».
Il bonifico più alto, quattro milioni tondi, è finito a un Comitato soccorso soci non meglio identificato. L’unica pista investigativa porta a un’associazione con lo stesso nome, fondata dai vertici della Lega nel nobile intento di risarcire i circa 1.800 militanti che avevano perso i loro risparmi nel fallimento della Credieuronord: la banca padana con un solo sportello che era già finita al centro delle indagini del 2005 sull’appoggio del partito di Bossi alla scalata delinquenziale della Popolare di Lodi all’Antonveneta. Finora si poteva pensare che per rimborsare i danneggiati dal crac il partito avesse usato fondi privati raccolti con collette volontarie. Ora invece la scoperta dei bonifici “elettorali” fa temere che la Lega abbia coperto almeno una parte del buco di Credieuronord con i rimborsi statali, cioè con i soldi delle tasse pagate da tutti gli italiani.
Al secondo posto, nella lista dei 67 «soggetti beneficiari di versamenti senza alcuna giustificazione», compare la Guardia nazionale padana, che ha incassato 1 milione e 550 mila euro. Terzo assoluto è lo stesso ex tesoriere Belsito, accusato di essersi arricchito con «prelievi ingiustificati per almeno un milione e 389 mila euro».
La Finanza ha accertato anche come Belsito ha speso questa sua fetta della torta pubblica: l’ex tesoriere, che fu inserito dalla Lega perfino nel consiglio di amministrazione della holding Fincantieri, ha usato ad esempio 126.463 euro per pagarsi tasse e multe dovute a Equitalia, 200 mila per entrare in due società che gestiscono bar, discoteche e stabilimenti balneari sulla riviera ligure, altri 240 mila euro per rimborsare un suo debito (per una fallita speculazione edilizia) a una signora genovese che però ne reclama altri 60 mila.
I controlli giudiziari mettono in dubbio anche l’effettiva restituzione dei soldi che fecero scoppiare lo scandalo. Degli 1,2 milioni bonificati a una società anonima di Cipro, infatti, ne mancano ancora 350 mila. E i centomila euro per i famosi diamanti della Lega sono tornati sul conto del partito, ma ora emerge che Belsito ne ha prelevati altrettanti lo stesso giorno in contanti. Dopo i primi articoli del “Secolo XIX” (gennaio 2012), il suo partner d’affari Stefano Bonet detto “lo shampato” ha davvero rimborsato alla Lega i 4,5 milioni che Belsito voleva fargli investire in Tanzania. Ma ora si scopre che proprio Bonet (indagato anche per frodi milionarie sui finanziamenti pubblici alle imprese) ha versato altri 310 mila euro su un conto personale di Belsito. Che nel marzo 2012, in piena bufera, ne ha affidati altri 50 mila a una fiduciaria estera (trust) intestata a una sua amica, Sabrina Dujany, già beneficiata con 67 mila euro della Lega. Un giro vorticoso di quattrini, sul quale si stanno svolgendo altre indagini. E che potrebbe dare altri colpi alla malandata credibilità del movimento che conquistò il potere lanciando slogan contro “Roma Ladrona”.