Massimo Gaggi, Sette 22/02/2013, 22 febbraio 2013
IL VINO CHE PIACE A ROUBINI
New York – Festa affollatissima, un bel po’ di tempo fa a Manhattan, nel loft dell’economista Nouriel Roubini (nel tondo), guru dalle abitudini assai mondane. Vino a volontà per gli ospiti: decine di bottiglie di un popolare produttore australiano con l’etichetta gialla. «È di ottima qualità e costa ampiamente meno di 10 dollari a bottiglia: è il miglior rapporto qualità-prezzo che puoi trovare», mi dice Nouriel, orgoglioso di trasferire il suo know how. Non ho la competenza per stabilire se quel giudizio fosse fondato, ma una recente inchiesta del settimanale Business Week ha svelato qualche piccolo segreto del miracolo dei produttori che riescono a vendere il loro vino di qualità a più di diecimila chilometri di distanza mantenendo i prezzi assai bassi. Nella maggior parte dei casi il loro vino non viaggia in bottiglie e scatoloni, ma in buste di plastica. Non i contenitori plastici o di tetrapak che si trovano in qualche supermercato e che non vengono certo usati per vini di qualità superiore. Qui parliamo di giganteschi, e resistentissimi, sacchi di plastica capaci di contenere ben 24 mila litri di vino: una quantità sufficiente per riempire 32 mila bottiglie negli appositi impianti gestiti dai distributori in Gran Bretagna e negli Usa. Più della metà del vino australiano venduto all’estero (il 54 per cento) viene ormai esportato in questi grossi sacchi che occupano molto meno spazio nelle stive delle navi. Un business conveniente che ha convinto i produttori cileni a mettersi sulla stessa strada mentre ora anche diversi produttori statunitensi e sudafricani si sono messi a esportare in questo modo il loro vino in Europa.