Vittorio Malagutti; Michele Sasso, l’Espresso 22/2/2013, 22 febbraio 2013
MARONI BAND
Tabaccai e benzinai. Ex atleti e gente di sport. E poi chirurghi, piccoli imprenditori e intellettuali del Grande Nord. Ecco a voi la lista "Maroni presidente". Una novità. Mai la Lega aveva affiancato ai candidati ufficiali, quelli di partito, una formazione alternativa costruita nel nome di Roberto Maroni, candidato del centrodestra alla poltrona di Roberto Formigoni, dimissionato da uno tsunami di scandali. Obiettivo: convincere i leghisti timidi e quelli delusi, rastrellare voti spendendo l’immagine di uomo del fare, preciso e affidabile, che l’ex ministro ha fatto di tutto per costruirsi nei suoi anni al governo di Roma.
Buone intenzioni, certo. Solo che il risultato finale pare tanto assemblaggio frettoloso dei più svariati interessi di bottega. A Varese, per dire, la roccaforte (ancora?) leghista dove Maroni è cresciuto, troviamo al primo posto in lista un ortopedico di fama come Paolo Cherubino accanto a un politico di mestiere come Luca Ferrazzi, già assessore regionale all’Agricoltura in una giunta targata Formigoni. Il chirurgo Cherubino, classe 1945, è uomo potente nella sua città, ma nel 2010 si è sfilato solo in extremis da uno scandalo locale, quello della casa di cura La Quiete. I fratelli Sandro e Antonello Polita, indagati per la bancarotta della struttura sanitaria, avevano chiamato alla direzione della clinica proprio Cherubino. Il luminare spese parole di apprezzamento per la coppia di imprenditori di area Pdl, salvo lasciare l’incarico dopo pochi mesi. Adesso Cherubino si candida per «ridisegnare la sanità lombarda», dice. Il suo collega di lista Ferrazzi è invece il classico "ex tante cose": ex An, ex Pdl, poi con Fini e adesso per "Maroni presidente". Una trottola. I leghisti varesotti hanno sempre investito molto nel tentativo di mettere il loro marchio di fabbrica sulla locale squadra di calcio: Giancarlo Giorgetti, già presidente della commissione Bilancio della Camera, andava perfino in ritiro estivo con i calciatori. Adesso invece è il presidente del Varese (quarto in serie B) che corre in lista con Maroni. «Ho deciso di candidarmi mosso da un forte spirito di riconoscenza verso una regione che mi ha aperto le porte», proclama Antonio Rosati, piccolo imprenditore poco lumbard (è cresciuto a Capri) dai variegati interessi oltre allo sport.
Nel bel mezzo del caso Finmeccanica, con i sospetti di presunte tangenti leghiste che rimbalzano tra l’Italia e l’India, il business dell’aviazione evoca brutti fantasmi per il partito lumbard. A Varese però Maroni non rinuncia alla candidatura di Sabrina Merletti, erede di una famiglia di imprenditori cresciuti sulle forniture ad Agusta e Aermacchi, le grandi industrie locali targate Finmeccanica. Insomma, si vola alto. Ma anche gli interessi di bottega, nel senso proprio del termine sono ben rappresentati. A Bergamo il capolista dei maroniani è il segretario della locale associazione dei tabaccai, Luca Mangili. Poi vengono i benzinai. A Brescia la seconda in lista è Patrizia Sbardolini, la presidente locale della Faib, la Federazione dei gestori impianti di benzina. La sua collega Maria Daniela Maroni (nessuna parentela) si è guadagnata un posto da capolista a Como. "Più sconti per tutti", questo il suo slogan. Perché la signora Maroni, anni fa, è stata la prima a proporre il meccanismo che consente ai residenti delle zone di frontiera di fare il pieno a prezzo ridotto senza fare la fila ai distributori del Canton Ticino, dove il carburante costa fino al 20 per cento in meno. Ci guadagnano, ovviamente, anche i benzinai comaschi (e di Varese, Lecco e Sondrio), altrimenti schiacciati dalla concorrenza dei colleghi svizzeri. Adesso la candidata maroniana vorrebbe allargare la fascia di territorio in cui funziona la carta sconto, aumentandone l’importo. Chi paga? Il governo di Roma, che però, dice lei, vendendo molta più benzina avrebbe maggiori incassi alla voce accise.
Non solo affari, nella Maroni band c’è spazio anche per la cultura. E allora largo all’intellettuale organico del movimento. Si chiama Stefano Bruno Galli, fa il ricercatore alla facoltà di Scienze politiche di Milano e Maroni lo ha scelto per guidare la sua lista nella metropoli. Galli si presenta come un teorico della "Questione settentrionale", che nasce (dice lui) dalla «violazione della lealtà da parte dello Stato nei confronti del Grande Nord». La seconda a Milano si chiama Maria Teresa Baldini. A prima vista con la Lombardia non ci azzecca granché, visto che nemmeno un anno fa Baldini si è candidata sindaco a Forte dei Marmi a capo della lista civica "Fuxia people": 115 voti in tutto. Alla categoria candidati in prestito appartiene invece Claudio Bertani, architetto, consigliere comunale ad Arcore, il paese brianzolo di Berlusconi. Solo che Bertani, in lista per Maroni in Regione, ad Arcore rappresenta il Pdl.
Nel capoluogo lombardo è in lizza anche Marco Tizzoni, la bandiera antimafia dei maroniani. Nel 2011 correva per le comunali a Rho: il Carroccio si gioca la poltrona di sindaco e lui viene avvicinato da uomini del clan per vendergli i voti decisivi. Li respinge, ma non li denuncia: «Non mi sono accorto di avere a che fare con la ’ndrangheta», ha raccontato Tizzoni quando si è scoperto che i faccendieri erano gli stessi che hanno venduto 4 mila preferenze a Domenico Zambetti, l’assessore di Formigoni arrestato per voto di scambio e concorso esterno in associazione mafiosa. Storia diversa quella di Angelo Ciocca, che invece ha incontrato un boss calabrese ed è finito nei video dei carabinieri: nonostante lo scandalo, sarà candidato nella compagine ufficiale di partito.
A Bergamo va forte lo sport. Nella lista dei maroniani c’è l’ex sciatrice azzurra di Coppa del Mondo Lara Magoni. Dal ciclismo arriva invece Gianluigi Stanga, con una lunga carriera alle spalle come team manager di squadre e campioni (Gianni Bugno) di primo piano. Nel 2007 l’ex ciclista Jörg Jaksche, testimone chiave dell’accusa al processo spagnolo contro il medico "stregone" Eufemiano Fuentes, tirò in ballo Stanga raccontando che fu il dirigente italiano a iniziarlo al doping. Accuse sempre respinte, anche di recente, dal diretto interessato, pronto al via della sua nuova carriera politica. Al momento, a dire il vero, le probabilità di successo sembrano scarse, ma di sicuro anche Stanga porterà il suo gruzzoletto di voti alla causa di Maroni. Il quale, semmai dovesse diventare governatore, ha già pronto un vice targato Pdl. Un berlusconiano doc come Mario Mantovani, coordinatore lombardo del Popolo della Libertà, potrebbe diventare il numero due in una futura giunta di centrodestra, oppure il responsabile di un assessorato strategico come quello alla Sanità. Tutto bene, se non fosse che Mantovani si porta dietro un conflitto d’interessi grande come una casa, visto che i suoi affari di famiglia prosperano proprio grazie ai contributi della Regione.
Gli assi nella manica sono la fondazione Mantovani (in memoria della sorella Ezia, Mario è presidente) e la cooperativa Sodalitas, dove siede come presidente del consiglio di amministrazione la moglie Marinella Restelli. Il core business è la progettazione, costruzione e gestione della residenze socio assistenziali, le Rsa per anziani. Pronti-via e già nel 1996 dalla giunta guidata dal compagno di partito Roberto Formigoni arrivano oltre 14 milioni dai fondi sanitari come strutture accreditate per la cura degli anziani: la Regione rimborsa con soldi pubblici una quota della retta giornaliera. Nelle voci a bilancio anche 4 milioni e 300 mila a fondo perduto per costruire "infrastrutture sociali" ad Arconate, paese in provincia di Milano dove Mantovani è sindaco interrottamente dal 2001. A San Vittore Olona il capolavoro: nel 1997 la fondazione acquista dalla parrocchia locale il diritto di superficie per 40 anni, grazie all’imprimatur del Pirellone che certifica con una delibera scritta su misura che il progetto «è finalizzato alla realizzazione di una Rsa per 60 anziani non autosufficienti».
L’affare delle case di riposo si allarga e vengono inaugurate nuove strutture, tutte nel milanese. Nel 2003 la casa famiglia di Affori, periferia nord di Milano, e a pochi chilometri un altro centro a Cormano. E poi l’Hospice di Cologno Monzese con posti letto ad hoc per malati terminali e centro diurno. La cavalcata trionfale non si arresta neppure con le inchieste della magistratura che svelano la corruzione milionaria della sanità lombarda: lo scorso aprile altri 40 posti per Cormano, per il momento in attesa dell’accreditamento. Oggi i posti letto sono oltre 400, un piccolo impero di residenze che ha permesso alla cooperativa Sodalitas di chiudere il bilancio 2011 con un giro d’affari di 18 milioni e utili per 687 mila euro. A conti fatti, a partire dal 1996, la Regione ogni anno ha staccato un assegno da 6 milioni dper le due creazioni di Mantovani. Che ora appoggia Maroni. Quello della "Lombardia in testa", per dirla con lo slogan del successore di Bossi.