Francesco Oggiano, Vanity Fair 20/2/2013, 20 febbraio 2013
SIGNORA BERSANI
Le parole più famose sono quelle che non ha mai detto: «Lei non sa chi sono io». Pochi sanno chi sia la moglie del candidato premier di centrosinistra Pier Luigi Bersani. La frase – secondo una ricostruzione subito smentita da entrambe le parti – sarebbe stata pronunciata lo scorso ottobre contro una vigilessa che la stava multando per divieto di sosta a Ponte dell’Olio (Piacenza), mentre faceva shopping in profumeria. Chi c’era la vide arrabbiarsi: non con l’agente ma con il capannello che aveva iniziato a inveire. Chi non c’era, però, la conosce ed è sicuro che quelle parole lei non le direbbe mai. Perché Daniela Ferrari non si è mai vista solo come «la moglie di» da quando, nel 1980, ha sposato Bersani. L’aveva conosciuto dieci anni prima, in corriera: lui, figlio di un benzinaio che a Bettola (sempre Piacenza) abitava al di là del fiume Nure, le chiese da accendere; lei, studentessa di Farmacia e figlia di un funzionario di banca che abitava nel quartiere «bene» di San Bernardino, rispose: non fumo.
La «Dani», come la chiama lui, ha mandato avanti da sola la casa in periferia di Piacenza, dove le due figlie ancora abitano. Margherita, 21 anni, ha ereditato da lei lo spirito scientifico, è iscritta a Biologia a Parma; Elisa, 29, più simile al padre, dopo la laurea in Lettere con una tesi Conflitti dottrinali dopo il Concilio di Calcedonia («Col padre parlano sempre di pontefici...», scherza Daniela), dalla fine del 2012 prende ogni mattina il treno che la porta a Milano, negli uffici della Feltrinelli, dove ha spuntato un contratto di sostituzione di maternità come redattrice.
Qualche settimana fa Daniela ha festeggiato in un agriturismo la pensione dopo 33 anni nella farmacia comunale di Piacenza. A circondarla, gli ex colleghi, il marito venuto apposta da Roma e le amiche: poche perché non ha mai fatto vita mondana. Jeans e scarpe basse, la mattina gira per commissioni nel centro di Piacenza, concedendosi al massimo un caffè al bar. Ogni due giorni, per portare la spesa ai genitori ormai anziani e aiutarli nelle faccende, va a Bettola con la sua Golf nera: l’ha dovuta comprare 5 anni fa dopo che in un incidente si era ferita alla gamba e al braccio, e aveva dovuto dire addio alla vecchia Twingo. Tornata a casa, prepara da mangiare per le figlie. Non è un granché ai fornelli: al massimo un risotto o un merluzzo in umido. Nel tempo libero legge – i suoi preferiti: Emma di Jane Austen, Bel Ami di Maupassant e Il maestro e Margherita di Bulgakov –, ascolta Vasco, De André, Mina e le sorelle Berté, guarda poca Tv, ma ama i film della Principessa Sissi. Niente Facebook o Twitter.
Ogni weekend la raggiunge da Roma il marito, che mantiene la promessa di dormire almeno una notte a settimana a Piacenza. Insieme, il sabato vanno a fare la spesa, alla Coop. A volte, a pranzo si mette lui ai fornelli: risotto ai funghi,
o pesce. Lei adora i sughi piccanti e il vino rosso, e ogni tanto gli scrocca un sigaro mezzo toscano. La sera vanno in un ristorante sui colli, o in una pizzeria del centro dove scelgono la famosa «Sacchio», sottilissima e vuota all’interno. Poi c’è la lirica al Teatro Municipale o il cinema (La migliore offerta di Tornatore e Lincoln di Spielberg i film apprezzati in questo inizio di 2013). La domenica mattina Daniela resta a casa, lui va a camminare in collina, poi vanno quasi sempre a Bettola dai genitori di lei.
Quello meno di sinistra, in casa, è Bersani. Sembra però che lei non si permetta di dargli suggerimenti, che gli faccia piuttosto da «informatrice», aggiornandolo sulle opinioni dei compaesani. Con loro Daniela evita di esporsi, si infuria solo se qualcuno mette in discussione la moralità del marito: «Non vi azzardate a dargli dell’intrallazzatore, dovete passare sul mio cadavere». Le sue convinzioni – Berlusconi antipatico, i Professori supponenti, Grillo populista, e così pure i magistrati scesi in politica – le tiene per sé. Stima Vendola, e vorrebbe Pier Luigi alleato solo con lui. Se Bersani diventasse premier, lei piangerebbe: di gioia, ma anche di tristezza. I salotti e le cerimonie non fanno per lei. Non ama Roma: c’è andata raramente quando il marito era ministro di Prodi, ancora meno ora che vive in affitto ai Parioli. Fosse per lei, Palazzo Chigi dovrebbe essere a Bettola, in piazza Cristoforo Colombo: «Questa piazza, questo paese, questa gente. È la malinconia del tempo andato. La sentiamo dentro di noi».