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 2013  febbraio 20 Mercoledì calendario

INCIAMPARE SU UN PEZZO DI CARTA


Ah, il mitico pezzo di carta. Pensavamo fosse fissazione archiviata perché per esempio l’ottima Mariastella Gelmini è salita all’onore di un ministero, e della Pubblica istruzione, malgrado avesse sostenuto, lei bresciana, l’esame di Stato a Catanzaro, chiamata volgarmente promossificio per l’indulgenza dei commissari. Il fuoriclasse riconosciuto è Umberto Bossi, che si diplomò allo Scientifico alla soglia dei trent’anni. Erano altri tempi e in casa altre le aspettative. Bossi si buttò nella medicina e nel 1975 agguantò l’atteso alloro. Gigliola Guidali, la prima moglie, raccontò così a Oggi l’augusta giornata: «Decidemmo di sposarci in agosto. In aprile Umberto diede a tutti la grande notizia: mi sono laureato, presto avrò un impiego come medico. Non facemmo nessuna festa, ma corsi a comprargli un regalo, la classica valigetta in pelle marrone». Tutte le sante mattine, il leader nordista in pectore usciva con la suddetta borsa destinato alla missione d’Ippocrate. La balla durò poco. Gigliola la fiutò e Umberto cedette: «È vero, ma mi mancano sei mesi». I sei mesi diventarono sette, ma anni, e nel frattempo sopraggiunse il divorzio. Finché il capo padano condusse la madre alla fatidica discussione della tesi. Alla signora parve strano dover aspettare in macchina, ma aspettò, e vide tornare il figlio ormai salito al titolo di dottore. In realtà, quando nel 1987 divenne senatore, Bossi risultava ancora iscritto all’Università. Per dire quanto conti la laurea.

E tuttavia ci ricascò proprio Renzo Trota che, prima di mettersi al servizio della Regione Lombardia, aveva subito due bocciature consecutive all’esame di maturità e tagliò l’ambito traguardo al terzo tentativo. Aveva il diploma, aveva il posto da consigliere, che desiderare di più? La gloria accademica, naturalmente, che Renzo Trota trovò in Gestione aziendale all’Università Kristal di Tirana, Albania. Dalle indagini saltò fuori il medesimo curriculum di studi internazionali per Rosi Mauro (vicepresidente del Senato) e del suo caposcorta, Pierangelo Moscagiuro, sebbene lei abbia sempre smentito di essersi occupata della questione.

Si tentò a lungo di smascherare Antonio Di Pietro, che sostenne ventidue esami in trentuno mesi mentre lavorava, ma non ci fu verso, e lui se si rimette in dubbio l’impresa minaccia randellate e querele. Piero Fassino dovette esibire le prove a un dubbioso Roberto Castelli. E la poverà Daniela Santanché, anche lei, inciampò nel lessico spacciando per master un corso breve alla Bocconi. O almeno così si è capito, tanto era furente la signora.