Roberto Giardina, ItaliaOggi 20/2/2013, 20 febbraio 2013
I MUSEI ALLA RICERCA DI BAMBINI
Della mia prima visita con la scuola ai Musei vaticani ricordo solo l’espressione stravolta della nostra professoressa di storia dell’arte. Come guidare tra i capolavori una mandria di adolescenti in libera uscita? Chissà quanti dei miei compagni di ginnasio saranno poi tornati da adulti in un museo, o in una galleria d’arte? E presumo che la nostra classe rovinò un paio d’ore a qualche centinaio di turisti che desideravano visitare il museo in pace.
Io condussi mia figlia di quattro anni alla Galleria d’arte moderna di Torino, perché non sapevamo a chi lasciarla. Le babysitter, al tempo, si vedevano solo nei film di Hollywood. Lei non diede fastidio ai visitatori, anzi li deliziò con un suo commento davanti a un quadro di Miró: «Perché il signore dipinge palloncini?». Raffaella non è diventata una critica d’arte, ma al museo continua ad andarci, con mia nipote.
In Italia, tranne rare eccezioni, non si fa nulla per i visitatori di domani. In Germania cominciano a condurli al museo fin dalla prima elementare. L’Hamburger Kunsthalle ha diffuso con orgoglio un annuncio: l’anno scorso le sue sale sono state visitate da 66 mila bambini e adolescenti, mai così tanti, in media 200 al giorno. Dal 2004, il numero si è triplicato. Saranno i visitatori di domani?
L’attenzione per i giovanissimi non è nuova, fin dagli anni settanta si è cercato di conquistare i ragazzini, ma ora si fa di più, anche perché bisogna vincere altre tentazioni. Ieri si andava al cinema una volta alla settimana, la tv offriva due o tre canali, oggi i ragazzi vivono in un mondo virtuale, sono tempestati da immagini, le possono manipolare, cambiare, se vogliono possono «entrare» in un quadro. Perché dovrebbero desiderare di «entrare» in un museo? Bisogna far capire la differenza, magari parlando di calcio: vedere una partita alla tv o andare allo stadio dà emozioni diverse. E i piccoli capiscono.
Anche a Berlino, la Stiftung Preussischer Kulturbesitz, la fondazione che amministra i beni culturali in Prussia, si adopera per accalappiare i giovani con nuove iniziative a partire dal 2004: l’anno scorso 44 mila bambini hanno visitato la mostra «Spielen als Welterfahrung», il gioco come esperienza globale, organizzata appositamente per i piccoli al Museo di etnologia. Una materia insegnata nelle scuole in modo arido si dimostra invece un gioco divertente. Al Museo di storia naturale c’è sempre la coda di scolaresche. Da questa settimana si espone anche l’orso Knut impagliato, che, da vivo, divenne un’attrazione mondiale per lo zoo della capitale. È morto due anni fa e non è stato dimenticato. Il museo è stato letteralmente preso d’assalto ed è dovuta intervenire la polizia. Poco di scientifico, però i nostalgici dell’orsetto scopriranno anche nelle altre sale.
Ma si deve fare entrare i bambini nelle gallerie d’arte. Al Kunstmuseum di Osnabrück, i piccoli possono ammirare il rinoceronte di Albrecht Dürer, del 1498, e possono giocare con un grande rinoceronte rosa che li guida di sala in sala. Si organizzano visite apposite per «far vedere» un’opera d’arte con gli occhi di un bambino. L’esempio di Osnabrück è seguito da Bonn, da Brema, da Monaco.
Entrare in un museo non è un dovere. E si fa di tutto per rendere la visita gradevole anche agli adulti. I sedili, e anche le poltroncine, non sono riservate solo ai custodi, come da noi. I genitori possono lasciare i bambini al kindergarten organizzato all’ingresso, per godere di un momento di relax, e non annoiare i figlioletti. Allo shop si trovano sempre proposte intelligenti, e sempre opere d’arte trasformate in giocattoli per bambini, a cominciare dal classico puzzle per arrivare ai giochi da computer. Al ristorante, si mangia bene, e ci sono sempre menù riservati ai piccoli visitatori: Caravaggio con patatine fritte. Perché no?