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 2013  febbraio 19 Martedì calendario

TV, GRILLO SALTA E GLI ALTRI LITIGANO


Beppe Grillo snobba la tv e dunque un confronto in tv fra tutti i capi coalizione non è possibile. Mario Monti rinnova in modo forte la sfida a Pier Luigi Bersani e Silvio Berlusconi per un duello a tre in televisione: «Non possiamo trattare i cittadini italiani come dei minorati» in quanto «il confronto sarebbe segno di una democrazia matura» altrimenti si rischia «di involvere verso una democrazia senile e immatura». Ma il Cavaliere in nome del vecchio caro bipolarismo non vuole sentirne parlare: «In questa situazione finale è utile che ad andare siano gli unici due possibili vincitori». Ce l’ha con il Prof terzo incomodo: «Capisco che Monti sia disperato vedendo da vicino la possibilità che il suo centro con Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini non abbia nemmeno rappresentanti in parlamento, visto che è molto probabile non arrivi al 10 per cento, e quindi resteranno tutti fuori dal Parlamento». Tanto i sondaggi veri non si possono pubblicare. Ma c’è di più. Più strano di lui che è capo-coalizione ma che sicuramente non farebbe il presidente del consiglio, c’è Monti che è soltanto un candidato virtuale, un nome su una scheda che non può essere eletto, ma che farebbe volentieri il presidente del consiglio: «I confronti si fanno con i candidati che sono in lizza», ha spiegato Berlusconi, «Monti non è in lizza perché non ha alcuna possibilità di vincere queste elezioni». Bersani, poi, in considerazione del fatto che Grillo mai e poi mai si farebbe riprendere a fianco a coloro che considera «cadaveri» politici, non si capisce bene se vuole il confronto oppure no. Infatti, ci sta, ma a condizione che a sfidarsi siano tutti: «Sono disponibilissimo a un confronto con tutti, basta balletti».
Bonaiuti contro Gubitosi
La questione tv è delicata e, incredibile ma vero, diventa centrale surclassando gli altri temi forse più importanti per i cittadini. Per il Pdl entra in campo il portavoce di Berlusconi, Paolo Bonaiuti che accusa il direttore Rai Luigi Gubitosi «di essere il portavoce di Bersani e Monti», per aver accettato la formula del confronto a tre a Porta a Porta da Bruno Vespa. Berlusconi, in tanto, che già nell’avvio della campagna elettorale è stato il più abile a sfruttare le sue apparizioni tv per la rimonta si è organizzato un calendario che non lascia spazio ad un confronto a più voci. Oggi sarà su La7 intervistao da Enrico Mentana (e per questo ha dovuto dare forfait a Lilly Gruber perché non si era accorto della concomitanza), poi giovedì su Canale 5 e venerdì su Rai 2.
Monti vende cara la pelle
Magari andrà a finire come dice il Cavaliere, ossia che non raggiungerà neppure il 10 per cento, ma Monti sembra voler vendere cara la pelle non solo sfidando i suoi contendenti al confronto televisivo, ma prendendo ancora nettamente le distanze da Bersani e Nichi Vendola: «Io non ho e non avrò niente in comune con questa coalizione di sinistra». Vendola fa il gentiluomo: «Non ho pregiudizi nei confronti delle persone. Ho simpatia personale per Monti, ho simpatia per Casini. Non ho pregiudizi di tipo personale, ho giudizi politici».
Vendola, la stabilità c’est moi
Il leader di Sel si è posto come elemento di stabilità del prossimo governo. Un chiaro messaggio a chi dà un anno di vita al massimo ad un governo Pd-Sel: «Voglio vincere le elezioni con il centrosinistra, con il Pd, e voglio essere un fattore di stabilità nel governo del futuro». Lui non è Fausto Bertinotti e Bersani ne è convinto: «Il centrosinistra non è più quello che ha governato con Romano Prodi».
Il Cav: le Lega sia buona o cadono le regioni del Nord
Anche per Berlusconi, come in casa Pd e Sel, c’è il problema di garantire la stabilità della coalizione. Così, da Monza, il Cavaliere manda un chiaro messaggio agli elettori ma anche all’alleato leghista: «Se la Lega ci crea problemi al governo, possiamo sempre far cadere la giunta delle tre regioni del Nord dove governano». La terza Roberto Maroni deve ancora conquistarla. Naturalmente è stato costretto a correggere il tiro e garantisce: «La Lega è un alleato solido e leale». Segue abbraccio con Maroni sul palco.
Il master della discordia
Ieri Luigi Zingales ha lasciato Fare per fermare il declino il movimento di Oscar Giannino dopo averne scritto il programma. L’economista, dice che ha scoperto «quattro giorni fa, per caso» che Giannino «ha mentito in televisione sulle sue credenziali accademiche, dichiarando di avere un master» nella sua università, «anche se non era vero». «Un fatto grave, soprattutto per un partito che predica la meritocrazia, la trasparenza, e l’onestà», per Zingales. Giannino si è difeso: «Sono da decenni giornalista. Non ho mai usato presunti titoli accademici, che non ho, per carriere che non mi competono». «Mai preso un master a Chicago Booth», ha chiuso.