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 2013  febbraio 20 Mercoledì calendario

COMPAGNO KUNG-FU PECHINO ARRUOLA LA STAR JACKIE CHAN


L’impronta delle sue mani resta incisa nella
Walk of Fame
di Hollywood. Il calcio in bocca tirato infine alla nazione che l’ha reso una star mondiale, gli è valso però l’ascesa anche ai piani alti del potere in Cina, la sua patria. Jackie Chan, il “compagno kung-fu”, figlio di un cuoco e di una donna delle pulizie, emigrato da Pechino ad Hong Kong per assicurarsi almeno una ciotola di riso, approda così nella Conferenza politica consultiva del popolo cinese, concentrato di campioni dello sport, intellettuali e divi dello spettacolo, ideato dal partito comunista per fingere di dare voce ad un’inesistente società civile nazionale. Amico personale di Sylvester Stallone, considerato il più grande stuntman della storia del cinema, alla soglia dei 59 anni l’ormai ex attore di film d’azione, divenuto regista, aveva sorpreso tutti scagliandosi proprio contro chi lo aveva adottato e trasformato in miliardario.
«Gli Stati Uniti — ha detto mentre i nuovi leader di Pechino tentano di fare pulizia nel partito — sono il Paese più corrotto del mondo». Si è quindi lasciato andare in una serie di apprezzamenti alle nuove autorità di Hong Kong, impegnate a riportare l’ex colonia britannica nelle mani del Dragone. «Qui — ha attaccato — c’è una libertà eccessiva, abbiamo bisogno di essere più controllati e le lezioni obbligatorie di patriottismo rosso nelle
scuole possono salvare i giovani ». Colpi proibiti, per l’Occidente, ma per la Cina, tesa a chiarire la sua idea di nuovo equilibrio internazionale e a spiegare come dovrà comportarsi il fedele hongkonghese made in China, si è trattato della sua recita migliore. Tale da valergli il premio fedeltà di Pechino, che si aggiunge ai californiani Mtv Awards, e il glorioso ingresso nell’istituzione che dovrebbe «spiegare la vita reale dei cinesi» ai membri della più potente Assemblea popolare nazionale, a cui spetta la potestà legislativa.
Tra gli esordienti, alla prossima riunione di marzo che sancirà l’ascesa alla presidenza di Xi Jinping e l’uscita di scena di Hu Jintao, anche il neo premio Nobel per la letteratura Mo Yan, eroe nazionale dopo che a Stoccolma si è rifiutato di rivolgere un appello per la scarcerazione del dissidente Liu Xiaobo, pure Nobel ma per la pace. In loro compagnia, a lustrare l’orgoglio della potenza del secolo, il nipote di Mao Zedong, il generale Mao Xinyu, l’ex campione del basket Yao Ming, divenuto produttore di vini sempre negli Usa, ma anche il regista Zhang Yimou, l’ex pornostar
Peng Dan e l’attrice Zhang Ziyi, considerata la donna più bella dell’Asia e uscita indenne dall’accusa di essere la concubina del neomaoista epurato Bo Xilai. La cooptazione politica di Jackie Chan nella Conferenza del popolo in Cina non stupisce del resto nessuno. Ha recitato in oltre cento film, a Hong Kong ha raccolto l’eredità di Bruce Lee, ha fatto della sua vita un’epopea diffondendo il fascino per le arti marziali, fino a conquistare, con
Rush Hour,
l’amore di un Occidente che stenta a premiare il talento
attecchito in Oriente. Proprio il profilo di cui ha bisogno Pechino per andare alla conquista culturale del pianeta, partendo da quella commerciale di Hollywood e Hong Kong. Questione di “
soft power”
e non importa se ad affermarlo è il simbolo delle risse alla Bud Spencer. “Compagno kung-fu” e “soldato” Mo Yan, fedele per riconoscenza da studio in caserma: il braccio e la testa di un potere che, dentro il partito, rischia di
aver esaurito i suoi eroi.