Aldo Fontanarosa; Ettore Livini, la Repubblica 20/2/2013, 20 febbraio 2013
STRUTTURA DELTA, SPOT E LEGGI AD COLOGNUM I 18 ANNI DEL CAVALIERE DA REGISTA UNICO DELLA TV
Leggi “ad Colognum”, nomine pilotate, palinsesti “ad hoc” e spot a senso unico. L’era Berlusconi, dalla discesa in campo del ’94 sino alla partita a scacchi sul futuro di La7, ha cambiato per sempre la mappa dell’etere tricolore. Il duopolio – specie quando il Cavaliere sedeva a Palazzo Chigi con il doppio cappello di padrone di Mediaset e Rai – è diventato spesso un monopolio nel segno del Biscione. Nessuno in 18 anni ha aperto l’ombrello di una legge sul conflitto d’interessi. E Berlusconi ne ha approfittato da par suo: la tv ha aiutato il politico (dice niente la Struttura Delta?), il politico ha dato una mano alle sue tv. Risultato: il Cavaliere ha decuplicato il patrimonio, si è messo in tasca 1,5 miliardi di dividendi e ha cavalcato la Rai per consolidare le fortune politiche e piazzare, a spese dei contribuenti, le soubrette del Bunga- Bunga. Ecco la ricetta del circolo virtuoso (per lui) di Arcore, destinato a fare un altro balzo in avanti se anche La7 entrerà nell’orbita di Cologno.
LE MANI SUGLI SPOT
Il “groviglio armonioso” potere- tv ha regalato negli ultimi 12 anni a Silvio Berlusconi un bonus pubblicitario di 700 milioni. Nel 2000 la Sipra, concessionaria Rai, raccoglieva 1,2 miliardi di spot. Dodici anni dopo – nove dei quali con il Cavaliere a Palazzo Chigi – Sipra ha visto il giro d’affari crollare a 830 milioni. A Mediaset le cose sono andate meglio: Publitalia a inizio millennio macinava 2,1 miliardi di ricavi. Nel 2012 ne ha messi assieme 2,4. Viale Mazzini dal 2000 è riuscita solo tre volte a chiudere il
bilancio con risultati migliori di Cologno. E ben due volte quando al governo c’era Romano Prodi. Morale: la Rai con il 40% di share controlla il 21% degli spot mentre Mediaset con il 36% vale il 62,8%, forbice che il tetto pubblicitario non basta da solo a giustificare. Le malelingue, del resto, ricordano che il penultimo ad Sipra è stato Aldo Reali, cresciuto alla scuola di Giuliano Adreani, Publitalia. L’Italia, dice l’Agcom, è l’unico Paese in Europa dove «un’anomala posizione di dominanza assegna al primo operatore una quota di gran lunga superiore ai concorrenti». Ferita destinata ad allargarsi se alle sue quote si aggiungesse il 5% (175 milioni) di raccolta di La7.
LE LEGGI “AD COLOGNUM”
In primis fu la discesa in campo del ’94. «Silvio è entrato in politica per difendere le sue aziende», ha raccontato all’epoca Dell’Utri. Da allora non ha mai smesso di farlo. Il Parlamento in tre lustri ha partorito almeno 5 provvedimenti ad hoc per puntellare le fortune del Biscione. Rete 4 è sopravvissuta a una sentenza della Consulta che ne decretava lo spegnimento nel ’94. Tra rinvii bipartisan e meline istituzionali, è stata tenuta in vita fino al 2003 quando il Decreto Salva- Rete4 l’ha messa in sicurezza. La pietra angolare delle leggi ad-Colognum è stata la Gasparri che ha consentito al Biscione di dribblare i tetti agli spot. Poi sono arrivati gli incentivi ai decoder («aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune», ha sentenziato la Ue) e l’offensiva normativa anti-Sky, culminata con il raddoppio “ope legis” dell’Iva per le tv a pagamento e il colpo di forbice imposto all’affollamento pubblicitario del satellite di Murdoch. Dulcis in fundo, il lungo congelamento tra le mani amiche di Paolo Romani dell’asta sulle frequenze.
LA STRUTTURA DELTA
L’uso politico della Rai è scritto nelle intercettazioni del caso Hdc
che inchiodano la Struttura Delta, un gruppo di potere di matrice berlusconiana che ha infiltrato viale Mazzini nel 2005 per trasformarla in una provincia di Mediaset e di Forza Italia. I brogliacci della Finanza raccontano dei fedelissimi di Berlusconi come Deborah Bergamini che concordano il palinsesto con i vertici Mediaset (leggi Mauro Crippa) per non danneggiare gli ascolti dei network del Cavaliere. Dirigenti della Rai vicini agli ex ministri Gasparri e Romani – come l’ex dg Cattaneo – si preoccupano di occultare la sconfitta di Berlusconi alle Regionali del 2005. Mentre i Cavaliere (intercettato dalla Procura di Trani) si fa carico di strigliare di persona Giancarlo Innocenzi – ex dirigente Mediaset e all’epoca componente Agcom – perché non riesce ad arginare “Anno Zero” e Santoro.
DISPAR CONDICIO
Il Cavaliere è una specie di anguilla, capace di infilarsi tra le maglie della par condicio, aggirata
more solito
anche nell’ultima tornata elettorale. In questi giorni, almeno due reti storiche di Mediaset marciano al suo fianco. Il 23 gennaio, il Garante delle Comunicazioni prova ad arginare lo strapotere Pdl su Italia 1 e Rete 4, multate per 100 mila euro. Mediaset tira dritto soprattutto – malgrado l’addio di Fede – con Rete 4 che si merita una seconda sanzione da 100 mila euro. Gli altri leader vanno malvolentieri sul terreno ostile di Mediaset. Il 25 gennaio, Tg4 e Studio Aperto invitano Monti e Bersani perché così ha imposto il Garante. Loro i non si fidano e non rispondono alla e-mail. Allora il Tg4 e Studio Aperto muovono in contropiede. Mandano al Garante la email con l’invito, disatteso. E il Garante alza le mani decidendo stavolta di non sanzionare i due canali.
I servizi celebrativi del Tg5 allo “statista” Berlusconi (come l’8 dicembre 2012, giorno dell’ennesima discesa in campo). La memorabile intervista davanti alla dipendente Barbara D’Urso. Le innumerevoli comparsate nei tg all’acquisto dell’ex “mela marcia” Balotelli, riabilitato per motivi elettorali malgrado la politica di austerity del Milan. Il Cavaliere, alla fine, domina le platee tv in queste settimane anche quando si arrischia in territorio nemico, ospite di Santoro su La7. Quella sera, complice un meticoloso allenamento con esperti nelle tecniche della Pnl, esce indenne dal confronto, se non rafforzato.