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 2013  febbraio 19 Martedì calendario

1 - CAMBIA IL POTERE AL CONI, VINCE MALAGÒ

Fulvio Bianchi per "la Repubblica"

«Lo sport che verrà sarà da traino al nostro disastrato Paese, dovrà creare sviluppo: voglio lasciare il segno». Giovanni Malagò si presenta così: è il nuovo presidente del Coni, il numero 15 in 99 anni di storia. Ha schiantato il suo rivale Raffaele Pagnozzi, sconvolgendo i pronostici che lo davano per perdente: 40 a 35 a suo favore (e una scheda nulla). È la rottura col passato. «Un avvenimento storico», dice Malagò, capace in effetti di fare breccia in un mondo granitico e molto conservatore come quello dei dirigenti sportivi.

I 76 Grandi Elettori hanno voluto invece testimoniare col voto che un certo modo di concepire lo sport come se fosse una casta o un partito politico vecchia maniera, era ormai superato. E dopo 14 anni di presidenza di Gianni Petrucci non hanno accettato passivamente il passaggio di testimone con l’ex segretario generale Pagnozzi, definito da Petrucci l’usato sicuro (e chissà se gli ha fatto un favore).

Per questo hanno scelto un manager, Malagò, che ha giocato e vinto in trasferta ("come l’Uruguay in Brasile nel ‘50"), ha 53 anni, e rappresenta la novità. Con lui, assicura, nello sport ci sarà meno Stato e più privato. «Abbiamo sopportato per anni, ora c’è voglia di cambiare: vediamo adesso di mandare a casa qualcun altro alle prossime elezioni politiche...», dice raggiante l’olimpionica Josefa Idem, che fa parte della squadra di Malagò e che sarà senatrice del Pd.

Nella nuova Giunta, con i due vicepresidenti Chimenti (vicario) e Scarso, entrano anche due grandi ex atlete: Alessandra Sensini e Fiona May. Pagnozzi ha pagato la troppa sicurezza e un pizzico di presunzione: era convinto che sarebbe stato facile, come se si trattasse di una successione dinastica (50 a 26, davano le trionfali proiezioni del suo staff). Così non è stato, in molti lo hanno tradito (almeno 15).

Ma ora si apre un problema, e non da poco. Petrucci e Pagnozzi resteranno presidente e amministratore delegato della Coni Servizi, il braccio economico dell’Ente, la cassaforte dello sport, sino al 30 giugno del 2014. Alle dimissioni non ci pensano nemmeno. Malagò ammette: «Sì, è una questione delicata, tra l’altro tutti i dipendenti sono della Coni Spa, c’è qualcosa che non quadra. Io non farei mai il doppio presidente».

Dovranno trovare l’accordo, oppure, chissà, interverrà il prossimo governo. Il segretario generale voluto da Malagò è invece, Roberto Fabbricini, ex campo della preparazione olimpica del Coni ora in pensione (ma ha promesso di lavorare gratis...) che si era lasciato con Petrucci in maniera poco amichevole. In Giunta entra anche il calcio, con Giancarlo Abete.

Malagò conferma: «Sono sincero: avevo detto ai miei di non votarlo. Non ce l’ho certo con Abete, ma dovremo gestire meglio i rapporti fra il Coni e un certo calcio, che ha dato di sé una immagine non certo positiva. Le scommesse stanno rovinando questo sport bellissimo. Il razzismo? Tolleranza zero».

Malagò è uomo bipartisan per definizione: in prima fila ieri c’erano, Gianni Letta, («che ringrazio»), e Mario Pescante ma nella sua squadra ci sono anche la Idem e Sturani (altro Pd), «ma ora dovranno togliere la casacca politica». Ci sarà forse un Ministero dello sport (e ci spera anche Petrucci...), ma dal nuovo governo il manager dell’Aniene si aspetta «una legge sugli impianti, poi attenzione, sensibilità, piena coscienza dei nostri problemi. E vedremo se ci saranno le condizioni per ripresentare la candidatura di Roma all’Olimpiade 2024...». La commozione è tutta in quell’abbraccio con le sue figlie, Ludovica e Vittoria, le gemelle che erano venute apposta dall’estero dove vivono: «Papà è un grande, è carismatico ». Ora tocca a lui.

2 - IL TRIONFO DELL’AMICO DI TUTTI UNA VITA TRA DONNE E POLITICA
Goffredo De Marchis per "la Repubblica"

Ha finalmente raggiunto il sospirato posto al sole e lo ha fatto contro ogni pronostico. Anche i suoi mille amici dovranno prenderlo sul serio, smettendo di considerarlo un Peter Pan, un eterno fanciullo attempato, simpatico sì, perfetto per organizzare feste e cene, inappuntabile padrone di casa ai Parioli e a Sabaudia.

Lì dove la sua spettacolare villa sulle dune è a disposizione degli intimi (che non sono pochi) con barca e domestici inclusi. Da ieri Giovanni Malagò, neopresidente del Coni, è un po’ meno "Giovannino", un po’ meno "Megalò" come l’aveva ribattezzato affettuosamente Suni Agnelli, per via della guasconaggine, della personalità ridondante. È al centro dello sport italiano, un luogo di potere certo ridimensionato dalla crisi economica, ma sempre cruciale nell’intreccio molto romano tra politica, affari, potere e soldi.

Il suo grande merito, magari ispirato dalla tendenza, in questo caso provvidenziale, alla megalomania, è stato averci creduto, praticamente da solo, perché la vittoria
del suo avversario Raffaele Pagnozzi veniva data per scontata, in virtù della staffetta tra ex presidente e segretario generale del Coni che è la cifra della gestione sportiva in Italia. Ha vinto il rottamatore allora?

Tutto il contrario. Malagò, nella sua rete relazionale, non lascia per strada nessuno. È amico di Walter Veltroni e di Gianni Alemanno, di Corrado Passera e di Luigi Abete, di Pino Daniele, di Fiorello e di Francesco Totti (è romanista sfegatato). Spesso mette insieme questi personaggi così diversi nel circolo che presiede, l’Aniene, o nel suo appartamento romano.

È un figlio purissimo del generone romano, quella categoria celebrata nei film dei Vanzina (altri suoi grandissimi amici, più Enrico di Carlo) che rappresenta i romani ricchi o ricchissimi, dove il capitalismo all’amatriciana trasforma il concessionario d’auto (seppure di lusso) come è lui, in imprenditore. Ma nella sua vita Malagò ha avuto soprattutto tre pigmalioni, tre grandi maestri.

Il primo è Gianni Agnelli, dal quale, negli anni giovanili, ha voluto mutuare soprattutto l’aspetto glamour: l’amore per il lusso e le belle donne, dalle quali è sempre circondato. L’Avvocato lo aveva preso in simpatia, lo onorava con le sue telefonate mattiniere, gli chiedeva informazioni sul gossip romano sapendo che "Giovannino" non si perdeva una serata. L’altro faro è, ancora oggi, Luca di Montezemolo, da cui ha imparato
che non esistono destra, sinistra o centro, esiste invece una lobby trasversale in cui i rapporti diventano subito amicizia, legame profondo.

L’ultimo maestro è Gianni Letta, che gli ha insegnato come ci si muove e come si gestisce il potere, un’arte che l’ex sottosegretario conosce come nessun altro. Letta, insieme con Mario Pescante, è stato il tessitore della sua vittoria, lo ha aiutato a portare dalla sua parte 40 voti partendo da una base molto più risicata. E Letta ieri era al Coni per festeggiare di persona l’ascesa del suo poulin.

Ma al di là degli "sponsor" e dei grandi elettori, Malagò ha avuto il coraggio e la forza di spezzare un circolo "vizioso" che troppe volte ha deciso le sorti del Coni e che molti presidenti federali, evidentemente, non digerivano più.

La sua è una vita fortunata che Malagò non fa nulla per nascondere. Bello, benestante, sicuro di sé, estroverso. L’elenco delle sue amiche (o flirt?) fa impressione: Monica Bellucci, Ilaria D’Amico, Claudia Gerini, Alessia Marcuzzi. Difficile trovarne una meno che bellissima. Le auto di lusso sono quelle della sua concessionaria e quando, giovanissimo, davanti a una discoteca, lanciò con nonchalance le chiavi della sportiva a un posteggiatore che invece era un ladruncolo, fece spallucce. Il giorno dopo aveva una nuova coupè.

Ha diretto l’organizzazione dei mondiali di nuoto del 2009, soffrendo per un’incriminazione legata ad alcune nuove piscine e finita con un proscioglimento. Il comitato
però chiuse l’attività con svariati milioni di buco. Cinque anni fa ha sfidato lo spirito di De Coubertin mettendo in vasca per l’Aniene, durante un torneo amatoriale tra circoli romani, l’ex campione olimpico Fioravanti contro Ugo Sansonetti, ottantottenne socio del club avversario, lo Sporting Eur.

Su 66 metri, il distacco fu di un minuto. Neanche tanto. Alle federazioni sportive ha presentato un programma ambizioso. Cambiare, innovare: aprendo ai finanziamenti dei privati, ridimensionando il ruolo del calcio, creando una struttura dello sport scolastico simile a quella anglosassone. Ha convinto i suoi elettori che queste promesse potranno essere mantenute. Che non è più "Giovannino" ma un manager in grado di guarire lo sport.

3. MALAGÒ E LA TRAPPOLA DELLA LEGGE SUGLI STADI. DOPO LE ACCUSE A PETRUCCI, RIUSCIRÀ A TAGLIARE IL TRAGUARDO?
Guglielmo Buccheri per La Stampa

Lunga è la lista dei compiti a cui dovrà dedicarsi il nuovo presidente del Coni Giovanni Malagò, da ieri e per i prossimi quattro anni. Fra le situazioni da affrontare con tempestività c’è sicuramente l’annoso tema della legge sull’impiantistica sportiva, conosciuta ormai come la legge sugli stadi. Malagò si giocherà parte della sua credibilità nei prossimi mesi proprio su questo capitolo che va avanti da più di tre anni (è del novembre 2009 la comparsa del primo disegno di legge sull’argomento impianti sportivi).

Il nuovo gran capo dello sport italiano, infatti, non ha mai perso occasione durante la sua campagna elettorale per sottolineare come la gestione precedente, quella Petrucci-Pagnozzi, non sia mai stata capace di fare lobby perchè, in Parlamento, si sbloccasse l’impasse sul provvedimento legislativo che potrebbe favorire il cambiamento del volto dell’impiantistica nazionale. "Stiamo parlando di una legge, ma il Coni qualcosa di più avrebbe potuto e dovuto fare in questi ultimi tre anni. Anche perchè quando ha voluto si è fatto sentire...", così Malagò. Adesso il pallone avvelenato è fra le sue mani.Tutti conoscono ed apprezzano la dimensione bipartisan del nuovo inquilino del Foro Italico: riuscirà a metterla in campo per far ripartire, con successo, il cammino delle legge sugli stadi una volta nato il nuovo Parlamento dalle elezioni politiche del fine settimana? Il giudizio è sospeso....