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 2013  febbraio 20 Mercoledì calendario

LA BARBERIA E IL CINEMA-TEATRO: VERDONE SVELA I SEGRETI DI SORDI

Non è poi così facile, anche a dieci anni dalla morte, riuscire a dire qualche cosa di nuovo e di interessante su Alberto Sordi. Carlo e Luca Verdone, con Alberto il grande, ci sono riusciti nonostante i limiti del budget a disposizione, perché sono stati capaci di «mostrare» qualche cosa di inedito e al tempo stesso di significativo, portando per la prima volta una cinepresa all’interno della casa dell’attore, conservata così come l’aveva lasciata alla sua morte, la notte del 24 febbraio 2003, dalla sorella Aurelia, dalla fida domestica Pierina e dall’autista Arturo.
In questo modo l’idea di entrare nelle «stanze segrete» di Sordi si rivela un ottimo stratagemma per aiutare a svelare la sua faccia privata, e per questo forse più vera. Quella che l’attore aveva tenuto pudicamente nascosta.
Tutti più o meno conoscono l’antologia di personaggi cinematografici che in sessant’anni di carriera (la prima comparsa è del 1938, studente portato al patibolo in La principessa Tarakanowa. L’ultima, in Incontri proibiti diretto da se stesso, è del 1998) hanno accompagnato l’Italia diventandone uno dei volti più famosi e rappresentativi. Pochi, forse pochissimi possono dire di conoscere il «signor» Alberto Sordi quando era lontano dai set e dalle attenzioni dei media. Carlo Verdone, che con lui ha girato due film, In viaggio con papà e Troppo forte, in quella protetta intimità un po’ era già entrato. Ora, l’occasione del docu-film prodotto dall’Assessorato alla cultura della Regione Lazio e girato col fratello Luca, è diventato il pretesto per aprire (delicatamente) i cancelli che l’avevano sempre difesa dagli estranei.
Colpisce l’ordine, l’eleganza contenuta e non sgargiante di una villa decisamente grande e lussuosa, dove Sordi si era trasferito con le sorelle, e dove può permettersi di avere una vera e propria «barberia» con tanto di poltrona girevole o un cinema-teatro con buca per il suggeritore e camerini. Ma che rivela nella modesta camera da letto un rifiuto molto «borghese» (della borghesia di ieri, colta e conscia del proprio ruolo sociale, che oggi è sparita) di ogni ostentazione.
Verdone, osserva con pudore e rispetto, accenna qualche ironia sull’abitudine di indossare sempre pochi vestiti (pur in un guardaroba fornitissimo) ma smentisce ogni possibile accusa di avarizia, rivelando l’impegno filantropico che gli amici più cari conoscevano bene e che qui viene testimoniato dalla dottoressa Stefania Binetti (responsabile delle relazioni esterni della Fondazione che porta il nome dell’attore a favore degli anziani indigenti e malati).
Naturalmente gli ottanta minuti di filmato non si limitano a farci entrare nella casa «segreta» di Sordi. Grazie alle testimonianze di amici, registi e critici e a una puntuale antologia di alcuni dei suoi ruoli più famosi, il viaggio nella memoria dei luoghi sordiani si anima di presenze vivissime e di testimonianze affettuose e pertinenti. Emi De Sica svela una piccola gag nascosta nel film Il vigile, Claudia Cardinale e Franca Valeri così come Ettore Scola testimoniano l’«autorialità» dell’attore, creatore di se stesso. Goffredo Fofi e Gigi Proietti aiutano a scavare nelle contraddizioni di un personaggio molto meno lineare di quello che si potrebbe pensare. Carlo ed Enrico Vanzina, Christian De Sica, Dino De Laurentiis rievocano incontri, battute e lati nascosti del suo carattere. Viene giustamente ricordata la centralità (e l’amicizia) di Fellini nell’imprimere una svolta di qualità alla carriera di Sordi, mostrando anche materiali rari o rarissimi, come la scena tagliata della sua partecipazione a Roma, o quella in cui Sordi si veste da Casanova e si esibisce di fronte a un regista meravigliato della sua mimica (nel film praticamente invisibile di Franco Angelucci e Liliana Betti E il Casanova di Fellini, del 1975).
Così che alla fine ne esce un ritratto partecipe ma anche inedito, dove i gusti culinari (Pierina: «alle verdure non andava tanto appresso». «Senza il sugo non era pasta») si mescolano a quelli artistici (collezionava quadri del Settecento di soggetto teatrale) e la visita a una casa che l’amore della sorella Aurelia ha conservato come fosse un museo diventa la chiave per capire un po’ meglio l’umanità nascosta di uno dei più grandi attori del nostro Novecento.
Paolo Mereghetti