Sergio Bocconi, Corriere della Sera 20/02/2013, 20 febbraio 2013
«LA TV ANDAVA CEDUTA- NON E’ MESTIERE DEL GRUPPO TELECOM»
«Sul tavolo del consiglio di Telecom Italia lunedì l’ipotesi di un rinvio sulla vendita di La7 non è proprio passata. Si doveva concludere l’esame delle due offerte vincolanti e decidere di assegnare la trattativa in esclusiva, e così è stato fatto. La politica è rimasta fuori. Abbiamo dimostrato di non essere influenzati da partiti, posizioni o dalla stampa che aveva speculato su un rinvio per "convenienza elettorale". Con trasparenza abbiamo scelto nel solo interesse dell’azienda». Tarak Ben Ammar, che nel board di Telecom Italia rappresenta Telco, sottolinea che la decisione ha «sorpreso molti» soprattutto dopo l’arrivo nelle ultime ore della manifestazione d’interesse di Diego Della Valle. Ma aggiunge: «Eravamo al termine di un processo durato circa otto mesi, con 35 lettere inviate a potenziali soggetti interessati, fra i quali anche al sottoscritto (che ha detto no) e allo stesso Della Valle, 15 risposte e due sole offerte vincolanti finali. Dovevamo dire a investitori, azionisti, mercati, banche d’affari, valutatori che avevamo scherzato? Questo sì sarebbe stato un segnale negativo per la società, che ha un nutrito azionariato internazionale, e per il Paese, già sottoposto a critiche di debolezza e instabilità, di scarso rispetto per la governance e così via».
Però il consiglio non ha votato all’unanimità.
«L’unanimità non è necessaria né nella gestione di un’azienda né di un Paese. Se alla fine del consiglio precedente il board era diviso a metà, lunedì, dopo la presentazione delle carte e della posizione del management qualche indeciso ha "seguito" l’orientamento espresso da Franco Bernabè, favorevole all’offerta di Urbano Cairo. E si è formata la maggioranza, che democraticamente ha vinto».
Lei per chi ha votato? Secondo alcune voci contro».
«Non sono solito riferire i voti in consiglio, né il mio né quello degli altri colleghi amministratori».
Sotto il profilo finanziario non era migliore l’offerta di Clessidra?
«La questione fondamentale è stata: cedere o no i multiplex, cioè i tre canali digitali. L’offerta di Cairo era per la sola La7, ed è stata preferita per questo. Il consiglio ha deciso di conservare i multiplex, il tempo dirà se abbiamo avuto ragione. Sotto il profilo economico dunque è stata giudicata migliore l’offerta di Cairo: Telecom vende La7 perché è una fonte di perdita costante ed evidentemente non è suo mestiere fare l’editore; Cairo, che è un "capitano coraggioso", deve investire un sacco di soldi per ristrutturare e rilanciare la tv».
Alcuni consiglieri erano in conflitto d’interessi.
«Lo hanno dichiarato. Anch’io l’ho fatto: sono consigliere indipendente in Mediobanca e in Telecom sono stato candidato da Telco; sono proprietario del marchio Sportitalia e Cairo fa la raccolta pubblicitaria per Interactiv, la società che gestisce le reti Sportitalia e queste ultime affittano spazio sui multiplex di Telecom Italia. Si può pensare che io abbia votato nel mio interesse? Allo stesso modo si può davvero pensare che Intesa, Mediobanca o Generali, che in Telecom hanno messo un sacco di miliardi, possano andare contro l’interesse dell’azienda per pochi spiccioli investiti in Clessidra o qualche affare fatto con Cairo? Ogni amministratore, coerente con l’etica professionale, ha come unico scopo lavorare nell’interesse dell’impresa, in questo caso Telecom».
C’è ovviamente chi ha sottolineato che Cairo è vicino a Silvio Berlusconi.
«Ecco: Cairo, Clessidra, io stesso. Tutti amici di Berlusconi. Per certi versi mi pare un po’ un’ossessione. Ma veniamo al punto: ritiene che qualunque azionista, Cairo o Clessidra, possa dare ordini a "star" come Mentana o Santoro, asset importanti per la tv, ma anche a tutti gli altri giornalisti? Cairo ha già dichiarato che non cambierà linea editoriale. Penso siederà al tavolo con i giornalisti non per orientare la linea editoriale politicamente, ma solo sotto il profilo economico».
Della Valle potrà rientrare in gioco con Cairo?
«Questa è una decisione di Cairo. Rilevo soltanto che lui, quotato in Borsa, è un editore e ha scelto di presentare un’offerta da solo. Non so se abbia bisogno di altri soci importanti».
Sergio Bocconi