Massimo Sideri, Corriere della Sera 20/02/2013, 20 febbraio 2013
«BERLUSCONI? MI LICENZIO’. DOVRO’ COMBINARE QUALITA’E CONTI IN UTILE» - È
passata solo una manciata di ore dalla notizia della trattativa in esclusiva di Telecom Italia per La7 con Cairo Communication e il caso è già finito nel polverone politico. Chiediamo a Urbano Cairo, 55 anni, bocconiano, se si è pentito di aver detto anni fa che se fosse rinato avrebbe voluto essere Silvio Berlusconi, il suo ex datore di lavoro. «Non credo di averla detta, non ricordo: se l’ho detta ero sotto effetto ipnotico. Guardi sono contento di essere come sono, con pregi e difetti. E vorrei rinascere Urbano Cairo».
Tranquillizza chi continua a percepirla come berlusconiano?
«Questa è una cosa incredibile. Ho avuto un periodo di lavoro anche bello che mi ha dato molto alla Fininvest. Ma nel ’95 fui licenziato senza troppi riguardi pur avendo fatto dei buonissimi risultati. Sotto di me Mondadori Pubblicità passò da 400 a 500 miliardi di lire».
Col senno di poi la sua storia come editore-imprenditore nasce con quel licenziamento. Per paradosso dovrebbe esserne contento...
«Non ne ho mai parlato molto: uno non si vanta di essere stato licenziato. Ma sono rimasto stupefatto del collegamento: in questi anni sono stato un acerrimo concorrente di Fininvest».
Da allora non ha più lavorato con Fininvest?
«No».
Come si spiega questo polverone?
«Siamo in un momento particolare a ridosso delle elezioni di domenica. Non credo ci siano problemi: per come la vedo io La7 è una tv che ha alcuni programmi di grande qualità che fanno ascolti importanti, penso a Santoro, a Crozza e a Mentana. Per un editore se questi programmi funzionano bene dal punto di vista degli ascolti è giusto lasciare fare loro quei programmi in totale autonomia».
È vero che siamo in un momento di particolare sensibilità, ma è vero anche che in Italia c’è un duopolio e tra Mediaset e la Rai La7 si è ritagliata un punto di vista editoriale alternativo. Resterà tale?
«Sì La7 deve rimanere tale. Semmai ci sono momenti del palinsesto, dalla mezzanotte in poi e nel pomeriggio, in cui si può fare qualcosa in più».
Cosa pensa dell’idea di fare entrare persone come Mentana nell’azionariato?
«Adesso non sarebbe una grande vantaggio per loro».
Si parla di un ingresso credo più a difesa della linea editoriale che per finalità finanziarie...
«La maggiore garanzia è essere bravi e fare programmi di successo. La qualità di Mentana e Santoro è la più grande garanzia molto più di qualche azione. Poi tutto è possibile e programmabile».
Si è incontrato con Diego Della Valle?
«Non ci siamo incontrati».
È ipotizzabile un suo ingresso?
«Adesso non lo so dire. Oggi dobbiamo focalizzarci nella giungla del contratto con tempi brevissimi».
Quanto ci vorrà? Una, due settimane?
«Sì».
Ma qual è il suo piano per La7? In questi ultimi dieci anni ha già portato la raccolta pubblicitaria da 40 a 160 milioni ma la quota del canale è passata dal 2 al 3.5%.
«Che non è poco, probabilmente raccoglievano poco allora. Con 160 milioni c’è una valorizzazione del punto di share adeguata e spero anche migliorabile anche se il mercato è difficile. Gennaio e febbraio sono andati molto bene. Oggi La7 vale il 4% e un altro mezzo punto arriva da La7d».
Perché non vi interessava Mtv?
«Già è un lavoro non facile così: dobbiamo riuscire ad invertire la rotta economica mantenendo qualità del palinsesto. Ed è già molto».
Ora le manca l’editoria digitale...
«Ho una certa preoccupazione da questo punto di vista: a volte se investi su Internet facendo qualcosa che è molto vicino ai tuoi giornali il rischio di cannibalizzazione è alto. E la pubblicità cresce, ma a vantaggio di chi? Google?».
Massimo Sideri