Edward O. Wilson, Il Sole 24 Ore 17/2/2013, 17 febbraio 2013
CHI SIAMO? CHIEDILO ALLE FORMICHE
«Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?». Espressi con una semplicità disarmante da Paul Gauguin sulla tela del suo capolavoro, questi sono in realtà i problemi centrali della religione e della filosofia. Saremo in grado di risolverli una volta per tutte? A volte sembra impossibile, ma forse non è così.
Oggi il genere umano assomiglia a un sonnambulo, intrappolato fra i fantasmi del sonno e il caos del mondo reale. La mente cerca il luogo e l’ora precisi senza riuscire a trovarli. Abbiamo creato una civiltà da guerre stellari con emozioni dell’età della pietra, istituzioni medievali e una tecnologia fenomenale. Ci arrovelliamo. Siamo terribilmente disorientati dalla realtà nuda e cruda della nostra esistenza che minaccia noi e il resto della vita sulla Terra.
La religione non riuscirà mai a risolvere questo grande enigma. Fin dal Paleolitico ogni tribù tra le decine di migliaia allora esistenti inventò un proprio mito della Creazione.
[...] Questo mito forniva ai credenti un’identità unica, imponeva la loro fedeltà, rafforzava l’ordine sociale, legittimava la legge, incoraggiava l’eroismo e il sacrificio e conferiva un senso al ciclo della vita e della morte.
[...] Il mito della Creazione è uno stratagemma darwiniano per sopravvivere. Il conflitto intertribale, dove i fedeli interni venivano aizzati contro gli infedeli esterni, è stato la principale forza trainante che ha modellato la natura umana. La verità di ogni mito viveva nel cuore, non nella ragione. Da sola, la mitologia non potrà mai scoprire l’origine e il significato del genere umano. Ma, viceversa, la scoperta dell’origine e del significato della natura umana potrebbe spiegare l’origine e il significato dei miti, quindi il nucleo della religione organizzata.
Queste due visioni del mondo potranno mai trovare un punto d’incontro? La risposta, se vogliamo essere sinceri, è no. No, non è possibile. La loro antinomia definisce la differenza fra scienza e religione, fra la fiducia nell’empirismo e la fede nel soprannaturale.
Ora, se il grande enigma della condizione umana non può essere risolto facendo ricorso alle fondamenta mitiche della religione, non sarà nemmeno risolto dall’introspezione. L’indagine razionale da sola è incapace di concettualizzare il proprio procedere. Buona parte delle attività del cervello non sono neppure percepite dalla mente cosciente. Il cervello è una cittadella, come scrisse Darwin, che non può essere conquistata con un assalto frontale.
Pensare il pensiero è il processo basilare delle arti creative, ma non ci dice molto sul motivo per cui pensiamo in un certo modo e nulla sull’origine delle arti creative. La coscienza, che si è sviluppata durante milioni di anni di lotta all’ultimo sangue, proprio per questo motivo non era attrezzata per l’esame di sé. Era progettata, semmai, per la sopravvivenza e la riproduzione. Il pensiero cosciente è dominato dalle emozioni e in fondo è totalmente votato alla riproduzione e alla sopravvivenza della specie. Le storture della mente possono essere trasmesse dalle arti creative nei minimi dettagli, ma sono costruite come se la natura umana non avesse mai avuto un percorso evolutivo. Le loro potenti metafore non ci hanno avvicinato alla risoluzione del l’enigma più di quanto abbiano fatto i drammi e la letteratura dell’antica Grecia.
Gli scienziati, perlustrando i perimetri della cittadella, cercano eventuali brecce nelle sue mura. Avendo fatto passi da gigante grazie alla tecnologia attrezzata a questo fine, ormai leggono i codici e seguono le tracce di miliardi di cellule nervose. Probabilmente nel giro di una generazione i progressi saranno tali da riuscire a spiegare la base fisica della coscienza.
Ma, una volta spiegata la natura della coscienza, sapremo allora chi siamo e da dove veniamo? La risposta è no. Il fatto di capire le operazioni fisiche del cervello fino alle loro radici ci avvicina al Graal ma, per trovarlo, abbiamo bisogno di un sapere assai superiore mutuato dalla scienza e dagli studi umanistici. Dobbiamo capire come e perché il cervello si sia sviluppato proprio in questo modo.
D’altronde, cerchiamo inutilmente nella filosofia la risposta al grande enigma. Nonostante i suoi nobili propositi e la sua storia, da tempo immemorabile la filosofia pura ha tralasciato le domande basilari sull’esistenza umana.
[...] Dopo il declino del positivismo logico alla metà del secolo scorso e il tentativo di questo movimento di fondere la scienza e la logica in un sistema unico, i filosofi di professione si sono dispersi in una diaspora intellettuale e si sono rifugiati in discipline più malleabili non ancora colonizzate dalla scienza: la storia delle idee, la semantica, la logica, i fondamenti della matematica, l’etica, la teologia e, più rimunerativi sotto il profilo economico, i problemi di aggiustamento della vita personale.
I filosofi godono buona salute in queste varie discipline, ma almeno per ora, e per un processo di eliminazione, la soluzione dell’enigma è stata affidata alla scienza.
[...] La mia tesi è che ormai i progressi scientifici, specialmente quelli degli ultimi due decenni, sono sufficienti per affrontare in maniera coerente le domande sulla nostra origine e su chi siamo. Tuttavia, per farlo, dobbiamo rispondere a due domande ancor più basilari che la questione ha sollevato. La prima è perché esiste una vita sociale avanzata e perché nella storia della vita questa è stata una rarità. La seconda è l’identità delle forze motrici che l’hanno creata.
Questi problemi possono essere risolti radunando le informazioni provenienti da diverse discipline, che vanno dalla genetica molecolare, dalle neuroscienze e dalla biologia evoluzionistica all’archeologia, l’ecologia, la psicologia sociale e la storia.
Per controllare ogni teoria di questo tipo relativa a un processo complesso, sarà utile portare alla luce gli altri conquistatori sociali della Terra, le formiche, le api, le vespe e le termiti, ed è esattamente questo che farò. Essi sono necessari prospetticamente nello sviluppo della teoria dell’evoluzione sociale.
[...] Nella biologia umana è sempre utile operare questi accostamenti. Paragonare i più piccoli con i più grandi ha già dei precedenti. Per studiare i principi della genetica molecolare umana i biologi hanno fatto ricorso con successo ai batteri e ai lieviti e si sono affidati ai nematodi e ai molluschi per comprendere la base della nostra organizzazione neurale e della memoria. E i moscerini della frutta ci hanno insegnato un sacco di cose sullo sviluppo degli embrioni umani. Anche dagli insetti sociali abbiamo molto da imparare, in questo caso per aggiungere uno sfondo all’origine e al significato del genere umano.