Marco Palombi, il Fatto Quotidiano 19/2/2013, 19 febbraio 2013
SORPRESA MEDIOBANCA “MEGLIO SE VINCONO BERLUSCONI O GRILLO”
[Gli analisti di piazzetta cuccia non credono nel Bersani-Monti e auspicano una reazione violenta dei mercati che ci costringa alla tutela della Bce] –
Per chi tifano i mercati? O meglio, qual è il miglior risultato elettorale secondo chi orienta gli investitori esteri? Se Credit Suisse, in un suo report, indicava nella vittoria di Silvio Berlusconi in entrambe le Camere (“sebbene poco probabile”) l’eventualità più allarmante, una risposta diversa arriva da Mediobanca Securities, una società di piazzetta Cuccia che realizza studi e ricerche soprattutto per grandi compagnie straniere.
SORPRESA. Quando saranno state contate le schede, l’istituto milanese ritiene che la miglior cosa sia trovarsi di fronte a una vittoria proprio del Cavaliere o addirittura delle liste promosse da Beppe Grillo. Questo si legge in uno studio diffuso ieri e firmato da Antonio Guglielmi, equity analist della sede londinese di Mediobanca Securities. Vediamo perché. L’analisi è complessa e parte dai trend registrati negli ultimi sondaggi col forte recupero del Pdl e la crescita del M5S: “Quella che a novembre sembrava una facile vittoria per un forte e autosufficiente governo Bersani ora non è più una possibilità. Pare dunque inevitabile una coalizione tra il Pd e il partito centrista di Mario Monti, che potrebbe però non bastare”. Spiegato agli investitori newyorchesi (si presume sbigottiti) il meccanismo di voto in Senato e il problema della Lombardia “Ohio of Italy”, il report passa alle previsioni: “Il nostro scenario di base prevede un accordo Bersani-Monti costretto ad allargarsi anche ad altri partiti minori. Difficile che ne esca un governo forte: l’esperienza mostra una relazione inversa in Italia tra numero dei partiti coalizzati e capacità di fare riforme strutturali”. A quel punto, “il rischio di nuove elezioni anticipate sarebbe elevato” e il prossimo esecutivo potrebbe al massimo fare qualche riforma istituzionale (prima quella elettorale). È a questo punto che arriva il colpo di genio: “Paradossalmente il peggior risultato possibile potrebbe per noi diventare il migliore. Un incredibile successo del Movimento 5 Stelle oppure una vittoria all’ultimo minuto di Berlusconi potrebbero spaventare i mercati a sufficienza da mettere pressione sullo spread e così fornire all’Italia la scusa perfetta per scegliere quel che noi continuiamo a considerare la miglior via per ovviare alla non sostenibilità del suo debito pubblico: entrare nel programma Omt di Mario Draghi”. Tradotto: se vincono i due “impresentabili”, c’è da augurarsi che la reazione dei mercati sia talmente violenta da costringere il governo – qualunque esso sia – a mettersi sotto la tutela della Bce, perché il debito italiano “starebbe meglio dentro una sorta di recinto europeo”.
Come si ricorderà, Draghi ha lanciato in settembre il suo Outright Monetary Transaction, un programma antispread che, a fronte del sostegno “illimitato” della Bce sul mercato dei titoli di stato, prevede per gli stati che lo applicano una serie di obblighi di bilancio non specificati ma sintetizzabili con tagli e ancora tagli alla spesa pubblica. Tanto è oscuro – e antidemocratico – il meccanismo Omt che lo stesso Mario Monti ha sempre rifiutato di sottoporre l’Italia a una tutela così stringente, ma per chi ho solo l’obiettivo di veder tornare indietro i propri soldi (moltiplicati dagli interessi) questa non è affatto una preoccupazione, ma “the best case scenario”. Anche gli altri capitoli del report, comunque, si rivelano altrettanto interessanti. Gli analisti di piazzetta Cuccia, per dire, smontano pezzo a pezzo la campagna elettorale italiana e le sue promesse di tagli fiscali: nei programmi politici dei vari partiti – scrive Guglielmi – c’è una quantità di promesse sul tema che cumulata assomma a 150-225 miliardi di euro. Peccato che “contrariamente alle intenzioni, Imu, Irpef, Iva e Tares sono destinate a salire a partire dal luglio 2013”. La tassa sulla casa di cui tutti parlano, ad esempio, non solo non sarà abbassata nel 2013, ma dovrebbe al contrario aumentare per effetto della riforma del catasto che lega la rendita al reale valore di mercato.
NIENTE DA FARE pure per i tagli Irpef, anzi anche qui c’è da aspettarsi un aumento: quello delle addizionali locali. Motivo di questo nuovo salasso? “Impegni precedentemente assunti”. Il Fiscal compact, per citare il più grande, che ci impone il pareggio di bilancio da subito e dal 2015 un percorso di rientro del debito pubblico entro il 60% del Pil a colpi di un ventesimo l’anno dell’eccedenza: non c’è politica fiscale possibile se paghi 80-100 miliardi di interessi sul debito l’anno. L’unica via d’uscita, sostiene il report di Mediobanca, è affidarsi a qualche meccanismo europeo: uscire dalla crisi rifinanziando duemila miliardi di debito con tassi decennali oltre il 5% “ci appare un compito erculeo senza un impegno più severo nei confronti di un taglio del debito o senza costi di finanziamento più sostenibili”. Tanto più che Monti non è riuscito ad avviare la messa in vendita del patrimonio pubblico come gli era stato chiesto. Ecco la lista della spesa: 425 miliardi di immobili, 100 in azioni di società controllate, 125 di riserve auree e 30 di concessioni statali.