Stefano Cappellini, Il Messaggero 20/2/2013, 20 febbraio 2013
DOVE SEDERANNO I GRILLINI IN AULA
Non c’è alcun dubbio sul fatto che la numerosa pattuglia di parlamentari eletti dal Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo rappresenterà al tempo stesso la vera novità e la grande incognita della prossima legislatura. Dove chiederà di sedersi in Parlamento? È evidente che la collocazione del M5S nell’emiciclo assume un notevole valore simbolico, oltre che scenografico, perché c’è da giurare che la presenza dei grillini si farà notare eccome. Cercheranno di occupare una delle due estreme? O sceglieranno di posizionarsi al centro? La prima ipotesi è quella più legata alla tradizionale collocazione di forze dichiaratamente anti-sistema. Ma che succede quando una forza anti-sistema (e priva di qualunque volontà di alleanza, questa è la differenza con il precedente della Lega) arriva al punto di essere così forte da guadagnarsi la rappresentanza di più di un centinaio di parlamentari?
Si può ipotizzare che un movimento come quello di Grillo, fedele al ritornello che vuole morti i concetti di destra e sinistra, voglia sottolineare la propria centralità nel nuovo risiko politico posizionandosi in mezzo all’emiciclo non certo per moderatismo, quanto per rappresentare lo sfondamento, l’insediamento nel cuore del Palazzo fin qui contestato dall’esterno e demonizzato al punto che Grillo evoca con piacere metafore di saccheggio e devastazione.
La collocazione al centro dell’aula sarebbe l’inedito ma naturale esito per un movimento che, quando ripudia le vecchie famiglie politiche, non lo fa solo per solleticare gli istinti più qualunquisti ma anche per non sciupare l’occasione di pescare da tutti i bacini elettorali. C’è la proposta che vellica i delusi leghisti (la contrarietà al diritto di cittadinanza per i figli degli immigrati nati in Italia) e quella che appaga il centrosocialismo reale a caccia di spauracchi mercatisti, la strizzata d’occhio all’ultradestra sul signoraggio delle banche e la pacca sulle spalle degli ambientalisti, siano essi radicali teorici della decrescita o più moderati sostenitori della green economy. Prendete la famigerata battuta di Grillo sull’abolizione dei sindacati. Ha catturato la simpatia di legioni di elettori destrorsi. Ma era seguita da un’invocazione filo-sovietica: abolirli perché il controllo deve essere dei lavoratori. Mettendo di fila due propositi irreali e opposti, Grillo ha catturato il consenso di uno spettro amplissimo di elettori.
Ma proprio questa varietà di spartito rischia di essere un limite grave nella tenuta politica dei gruppi parlamentari del M5S, il cui unico vero collante è, oltre al culto del leader, soltanto il rifiuto integrale della «vecchia politica». Un legame forte quando si tratta di distruggere, un cemento più fragile se c’è da costruire. Il rischio - dal punto di vista dell’interesse generale, non solo di Grillo - è che il movimento porti in Parlamento figure molto, troppo lontane le une dalle altre e che sul medio periodo questa eterogeneità apra la via a nuovi fenomeni di trasformismo, come già accaduto per altri partiti a conduzione plebiscitaria. Il caso dell’Idv, solo il più recente, dovrebbe avere insegnato molto: quando in un partito militano Pancho Pardi e Franca Rame da una parte, Domenico Scilipoti e Antonio Razzi dall’altra, qualcosa non torna e prima poi la politica vera, per vecchia che sia, presenta il conto.
Sappiamo quale è la risposta dei grillini: loro sono il nuovo e tutti coloro che li richiamano alle scelte di campo - quelli che insistono sull’obbligo di non annullare le differenze destra-sinistra, che denunciano la contradditorietà di molte scelte in economia o l’inesistenza di linee condivise di politica estera - sono bollati come passatisti, nel migliore dei casi, o servi del sistema, nel peggiore. Ma se davvero il M5S conquisterà il centro del Parlamento, oltre che quello della ribalta post-elettorale, dovrà innanzitutto stare attento a non subire una legge del contrappasso. Sarebbe paradossale se i neo-deputati e senatori grillini, loro così idealisti e battaglieri, fossero costretti dagli eventi a patire la volatilità e la volubilità che su quegli stessi banchi negli ultimi vent’anni hanno già ispirato l’opera di decine e decine dei più cinici e spregiudicati peones.